La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Alpinisti sull’Everest, effetti collaterali

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Comincia questa settimana e terminerà nel prossimo maggio la stagione delle scalate sull’Everest, la vetta più alta del mondo. Da quando essa fu violata per la prima volta, il 29 maggio 1953, dal neozelandese Edmund Hillary e dal nepalese Tenzing Norgay, sempre più appetita dagli amanti dell’alpinismo.

Bilanci

Finora la vetta è stata scalata da circa 4mila persone ed ha un tragico bilancio: 900 morti, di cui 260 mai più ritrovati. L’evoluzione tecnologica consente di superare l’handicap della rarefazione dell’ossigeno ad altissima quota con l’uso di bombole, facendo diventare relativamente meno difficile l’impresa. C’è invece chi ce l’ha fatta senza bombole, come l’italiano Reinold Messner, l’8 maggio 1978, insieme all’austriaco Peter Habeler. Per stoppare le polemiche che li accusava di aver nascosto minibombole, il 20 agosto 1980, Messner ripetè l’impresa, stavolta in solitaria. Ogni anno sono sempre di più gli audaci scalatori a tentare l’impresa. Ad esempio, per due volte, nel 2001 e nel 2007, l’Everest è stato calcato da Gianni Alemanno, grande appassionato di alpinismo. Lo stesso Messner, nel 2013, denunciò l’ingorgo al campo base della presenza di circa mille aspiranti conquistatori della vetta: insomma, la via Pontina a Roma, nell’ora di punta!

L’allarme

Garbage at South ColCon una controindicazione. L’allarme viene dal presidente dell’Associazione degli alpinisti nepalesi, (Nma), Ang Tshering, il quale ha segnalato che il ‘traffico’ umano fra il campo base, posizionato a quota 5.300 metri slm e la vetta, a 8.848 metri, si localizzano quattro accampamenti: si tratta di strutture primitive, senza servizi igienici.  Ciò spinge i loro ‘ospiti’ ad arrangiarsi alla men peggio per le proprie deiezioni. Finché erano pochi, un club ristretto, si arrangiavano con buche nella neve; col passare degli anni, però, la situazione igienica è via via peggiorata e vi è stato un accumulo di rifiuti organici. Per tale ragione, quei 3.500 metri dal campo base sono a rischio contaminazione – che, in ascesa o in discesa, sono tutt’un’altra cosa rispetto ad una camminata di tre chilometri e mezzo -, e persino pericolosi per gli alpinisti.

I provvedimenti

Il Governo del Nepal ha da tempo pensato di prendere provvedimenti imponendo ad ogni arrampicatore l’obbligo di tornar giù, una volta conquistata la vetta, con la propria spazzatura e i rifiuti organici, magari confezionati nelle bottigliette da gettar via, ovvero la quantità media che un essere umano produce nel tempo della scalata.  Finora, però, pochi hanno osservato quest’obbligo, tant’è che il Capo del Dipartimento alpinistico governativo, Raj Puspa Katuwal, ha annunciato che i suoi funzionari, insediati al campo base, peseranno e misureranno i sacchi portati giù dagli alpinisti di ritorno dalla vetta.
Guai a chi non avrà con sé i propri 8 chili: rischierà una multa di 3.500 euro!

Maria Pia Donati

L'Autore

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