La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

“Back to Italy”. La moda ci ripensa e torna a casa

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La moda ci ripensa e torna, o almeno sta iniziando a farlo, a casa. È il “back to Italy” il fenomeno che potrebbe riportare la produzione home made a essere il motore principale per far ripartire la moda italiana. Di questo si è trattato nel convegno, intitolato appunto “Back to Italy”, che si è tenuto poco tempo fa a Milano, organizzato dalla società di consulenza Pambianco e Deutsche Bank. Un’occasione che ha messo in evidenza come, nonostante il periodo di repressione economica che stiamo attraversando, una produzione “Full Made in Italy” possa essere una scelta vincente per le imprese del nostro Paese.

Gli effetti della delocalizzazione

La decisione compiuta da molte aziende di delocalizzare parte della propria produzione all’estero, soprattutto in Cina, Turchia e Romania e principalmente per un fattore di contenimento dei costi, ha avuto come una delle conseguenze primarie una perdita nel tempo della qualità del prodotto. Ecco allora il trend che cerca di andare in controtendenza rispetto ai classici canoni imposti dal mercato moderno e che mira a ridare identità al vero “made in Italy”. L’aumento dei costi del lavoro, dei dazi e i frequenti rallentamenti nelle consegne del prodotto finale sono tra gli altri fattori che hanno contribuito al ritorno a casa, insieme a un maggior controllo della filiera, a costi di logistica e trasporto più bassi e all’aumento di standard qualitativi legati anche alla crescita del mercato del lusso .

I filoni principali del “back to Italy”

made-in-Italy Ma quali sono i filoni principali su cui si muove il “back to Italy”? Quello dei gruppi italiani del lusso, settore che, come prima accennato, più degli altri sta rafforzando i propri impianti e riportando parte della produzione in Italia. Il lusso negli ultimi anni è infatti cresciuto del 30% e si stima che l’incremento sarà di un ulteriore 17% nei prossimi quattro anni. Gli stessi gruppi internazionali del lusso iniziano ad acquistare qui da noi le aziende produttive. E poi ci sono le medie aziende che, anche se con maggior fatica, cercano di seguire questo filone. Ed è proprio su queste ultime che c’è da fare il lavoro maggiore. Secondo la ricerca condotta da Pambianco, solo il 27% delle aziende medie italiane ha infatti un’intera produzione “made in Italy”, contro il 71% che ammette di avere un mix tra Italia ed estero.

Sarà il lusso a riportare la produzione a casa?

Tra queste occorre ulteriormente distinguere a seconda del tipo di produzione che viene effettuato. Sono infatti quelle di fascia alta che possono puntare maggiormente al “back to Italy”, con una produzione italiana che si attesta già intorno all’83%. Più difficile è invece la situazione per le imprese a fascia media che si trovano ormai di fronte a un bivio: o innalzare la categoria, creando così un’offerta maggiormente qualificata, o scendere e puntare di più alla politica dei prezzi. Ecco perché allora è importante intervenire su più fronti: dal sostegno degli istituti bancari a una maggiore attenzione ai programmi formativi che possono attrarre i più giovani, fino alla creazione di partnership con i clienti stessi. Modi questi per cercare di riportare a casa  quelle aziende più piccole, o medio-grandi, ma che hanno risentito forse più delle altre del fattore crisi che negli ultimi anni si è abbattuto anche nel fashion sistem.

Anita Zeipi

 

 

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