Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Bufera sulla Grande Moschea di Roma

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La comunità islamica si sente emarginata e vuole avere voce in capitolo in maniera più democratica nella gestione della Grande Moschea di Roma, la più importante  d’Europa. A denunciarlo un gruppo di musulmani che ha organizzato una protesta -la prima del genere- davanti all’ingressso proprio mentre si teneva il Cda dell’Istituto Culturale Islamico, diretto da Abdellah Redouhane e nel quale, tra gli altri consiglieri, gli ambasciatori di sette tra i paesi Arabi e musulmani accreditati presso l’Italia e la Santa Sede. I problemi sollevati dai fedeli sono molteplici.

L’Istituto gestisce uno commercio di carni all’interno di alcuni supermercati, “i cui ricavi non risulterebbero dal bilancio” che, come dichiarato da Jamal Tamir promotore della manifestazione, “è poco trasparente per quanto riguarda la gestione dei fondi che arrivano in particolar modo dall’Arabia Saudita, che ammontano a circa 640,000 euro. Così come non si conosce la destinazione della Zakat, la tassa fiscale destinata ai poveri nel mese di Ramadan gestita sempre dal Consiglio d’Amministrazione, benché le strutture dell’Istituto richiedano un’opera di manutenzione”.

Secondo quanto dichiarato da Khalil Al-Bayaty, membro e fondatore dell’Associazione “Centro Islamico Culturale d’Italia” proprietaria della Grande Moschea di Roma, la riunione che si è tenuta “è da definirsi illegale, giacché non rispetta lo statuto dell’Associazione cui è affidata questa struttura”. Associazione che è stata fondata nel 1966 con lo scopo di far conoscere l’Islam giungendo a far costruire la Grande Moschea di Roma nel 1995, anno della sua inaugurazione come la targa sbiadita posta all’interno del luogo mostra. Successivamente “l’istituto è passato  è nelle mani dell’Arabia Saudita, del Marocco e dell’Egitto che lo gestiscono attraverso il Cda, convocato soltanto due volte negli ultimi diciassette anni, di cui presidente è l’ambasciatore saudita e segretario è  l’esponente marocchino Abdellah Redouane che è anche Direttore del Centro”.

Al Consiglio di Amministrazione i manifestanti hanno chiesto di restituire il Centro Islamico alla Comunità musulmana romana, affinchè possa favorire una migliore integrazione tra le comunità musulmane dei vari paesi che frequentano la Grande Moschea in quanto luogo di culto e tra le altre religioni residenti in particolar modo a Roma, nonché la possibilità di offrire una diversa immagine, più moderata, di ciò che è l’Islam e di quella missione di pace che il culto possiede, a discapito di un’immagine distorta dai fatti terroristici dai quali la Comunità musulmana prende le distanze.

Lorenzo Biagioni

L'Autore

1 commento

  1. Una gestione trasparente e propositiva della Moschea di Roma è indispensabile per un vero processo culturale e di integrazione, soprattutto in un momento così delicato per la sicurezza e gli equilibri mondiali.

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