Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

L’AVANA-WASHINGTON: LA CENTRALITA’ DI CUBA E L’ULTIMO DISGELO

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L’Avana-Washington: l’ultimo disgelo. Iniziato molto prima dei buoni auspici di papa Francesco, delle sue lettere a Obama e a Castro, degli incontri in San Pietro fra rappresentanti di Cuba e degli Stati Uniti, dell’intermediazione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, e dello scambio di prigionieri fra le due nazioni separate da soli 140 chilometri di mare. I segnali di un dialogo necessario e non più rinviabile vengono addirittura da poco meno di quindici anni fa. Alla fine del marzo 2001 si tiene all’Avana una conferenza congiunta di cubani e americani per commemorare il quarantesimo anniversario del fallito sbarco nella Baia dei Porci, che sulle carte geografiche locali resta Playa Giron. Evento patrocinato dall’Università dell’Avana e dell’Archivio sulla sicurezza nazionale della George Washington University, con l’intervento di Arthur Schlesinger jr., già autore dei discorsi di Kennedy e suo assistente speciale per gli affari dell’America Latina. Singolare che qualche mese prima del fatidico 11 settembre 2001, si preparasse la chiusura di un altro contenzioso con il comunismo. Un presagio del cambio di fronte per la guerra perenne della geopolitica.

Ulteriore sollievo per una generazione che ricordava il rischio dell’apocalisse nucleare corso dell’intero pianeta a causa dello scacchiere caraibico. Il confronto su Cuba fra americani e russi con le dita sui grilletti, si innesca a partire dalle foto scattate da un aereo U-2 su San Cristobal, 160 chilometri a ovest dell’Avana. Come in un thriller spionistico, scorre la concitata sequenza di identificazione delle tende, delle autocisterne per il propellente e del resto dell’attrezzatura che serve inequivocabilmente ad armare missili. Ray Cline, vice direttore della CIA per le operazioni di spionaggio chiama McGeorge Bundy, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, e finalmente la no­tizia rimbalza fino a Kennedy: i sovietici hanno delle testate a Cuba. Fra le ri­sposte prese in considerazione: un bombardamento con i B-52. Il mondo è sull’orlo del rogo atomico dal 14 al 28 ot­tobre 1962, data della famosa dichiarazione di Kruscev, che annuncia il suo ordine di «smantellare, imballare e riportare nell’Unione Sovietica» i missili di Cuba.

Cuba come punto di incontro

Cos’è accaduto?«L’Urss ha salvato Cuba, ora Cuba deve salvare l’Urss!» Con questo proclama lanciato nei circoli del nuovo governo castrista, si riassume l’automatismo ineluttabile del restituire a Mosca l’appoggio ricevuto contro Washington per spodestare la dittatura di Batista. L’America Latina resta in attesa perenne del futuro fra retaggi di arretratezza, di ingenuità geopolitica e soprattutto di carenze identitarie. Lo stesso Castro, per tutto il suo antiamericanismo, adora il baseball e da giovane sogna di fare il lanciatore per i Brooklyn Dodgers. Cuba, però, è ben altro. Crocevia atlantico della penetrazione europea nel Nuovo Mondo, l’isola caraibica diviene nel tempo una mistura di etnie e civiltà, punto d’incrocio fra il nord e il sud di uno stesso continente e dell’intero pianeta. Per questo uno scrittore epocale come Hemingway la elegge a buen retiro, scolandosi daiquiri nel “Floridita”, lo storico bar della Habana Vieja, la città vecchia, e vi ambienta Il vecchio il mare, con il suo Santiago modellato sul pescatore cubano Gregorio Fuentes.

cuba usa disgeloAd intuire la centralità di Cuba sullo scacchiere internazionale, ben prima di tanti analisti, è Graham Greene, che ha esperienza diretta dei servizi segreti. Nel 1958 l’autore inglese dà alle stampe un esilarante romanzo di spionaggio incubato fin dagli anni ’40, Il nostro agente all’ Avana, Wormold, un innocuo rappresentante di aspirapolveri, deve mantenere l’esosa figlia Milly. La soluzione gli arriva con l’offerta di lavorare per l’MI6 con una paga di oltre 300 mila dollari al mese, sotto la sigla di Agente 59200/5. L’unico inconveniente è trovare le informazioni da spacciare. I manuali per aspirapolveri diventano piani di testate atomiche per Mosca costruite sull’isola. La trama profetica è ispirata a un millantatore braccato da Greene durante la seconda guerra mondiale, che aveva provato a organizzare un falso cerchio di spie per i tedeschi, fornendo a costoro informazioni sull’Inghilterra derivate da semplici guide turistiche.

Mentre fa sul serio il maggiore Robert Dabes, già in forza al MI5, il servizio di sicurezza interno inglese, convocato all’Avana nei giorni frenetici che terminano con l’avvento di Castro. Questo è un film, Cuba, diretto da Richard Lester nel 1979 su accurata e densa sceneggiatura di Charles Wood. Intanto, il Dabes su cui si regge la vicenda ha il viso, la voce e il portamento di Sean Connery, invecchiato quel che basta per suggerire uno 007 privo di connotazioni fumettistiche. Nel suo sguardo da agente segreto autentico, segnato dalle amarezze di missioni che gli hanno lasciato solo carichi di angosce, si legge il vero destino dell’isola: la precarietà. Dabes dovrebbe combattere contro i ribelli, mentre simpatizzerà per loro. Scoprirà che il mito della legge e ordine propagandato da Batista è sinonimo di sopruso e avidità. Solo che Castro, nell’ultima scena del film, sembra dimostrare altrettanta incapacità programmatica dietro l’entusiasmo per la vittoria.

La “guerra fredda” alle porte di Washington

Cuba, comunque, porta la Guerra Fredda sulla soglia di casa di Washington. Il comunismo irruppe là dove ci si sarebbe aspettati di continuare a vedere una Las Vegas sul mare, popolata di ragazze facili e tirapiedi corruttibili. Una macchina per fare soldi che passava dalla luce meridiana delle abbronzature a quella notturna, variegata e ammiccante dei casinò. Questa era la Cuba degli anni ’50, strappata al dittatore Machado dal sergente Batista in nome della giustizia popolare, e ridotta invece a nazione-bordello. La Cia comincia a complottare contro Fidel, con il tentativo di sbarco nella Baia dei Porci, scomoda eredità di Eisenhower a Kennedy. Quest’ultimo nega l’appoggio aereo agli anticastristi. Rimarrà l’enclave di Guantanamo, con quanto ne segue.Quindi l’Operazione Mangusta. Del micidiale piano per eliminare Castro, si occupa William Buckley jr. nel libro omonimo. Un romanzo degli anni ’80, molto distaccato dall’impeto degli eventi in diretta. Tuttavia efficace nel ricreare la tensione con cui a Washington si pensava di cancellare con un omicidio il sorgere di uno stato satellite di Mosca in acque americane. Il protagonista di Buckley si chiama Blackford Oakes, agisce per conto della CIA ed evocare il clima manicheo nel quale i comunisti sono tutti cattivi, anche se è Castro a rischiare la vita con una muta subacquea che avrebbe dovuto essergli consegnata da Rolando Cubela, nome in codice AM/LASH.

Fidel ed Ernesto

cuba revolucionEppure, il favore popolare per Castro viene via via inquinato dalle misure contro il dissenso, dalle violazioni dei diritti umani e dalle prigioni che si riempivano di dissidenti. Anche di delinquenti comuni, cioè la maggior parte di quanti vennero liberati dal carcere di Mariel nel 1980 e invasero Miami, con gravi problemi di violenza, criminalità e droga. Fece meglio l’argentino Ernesto Guevara de la Serna, che abbandonò la carriera medica per divenire il paladino di tutte le povertà e le ingiustizie da un capo all’altro delle sue latitudini, percorse anche in motocicletta. Conobbe Fidel Castro a Città del Messico e divenne il secondo in grado per la rivoluzione cubana. I compagni lo appellavano semplicemente “che”, intendendo “ehi”. Intuendo la cristallizzazione del sogno realizzato in regime, andò a fomentare la ribellione molto lontano, perfino in Africa. Ma fu ucciso in Bolivia dalle forze speciali del posto, con la supervisione dalla CIA. Alberto Korda, il fotografo che immortalò il Che in quell’immagine del Guerrillero Heroico, non ne ricavò niente in diritti.

«Todos somos americanos» dichiara Barack Obama nel riaprire le relazioni diplomatiche con Cuba. E suona il contrario di quell’«Ich bin ein Berliner» che Kennedy pronunciò al microfono dinanzi al Muro di Berlino, un appello di libertà nella Germania e nel mondo divisi dalla Guerra Fredda. Oggi, in piena globalizzazione, le frontiere vengono abbattute e la maggiore potenza si riconcilia con un lembo tropicale di America. Approda ad una nuova legittimazione l’ideale di José Martí, il patriota che nel XIX secolo combattè per un destino diverso dal dominio coloniale. Cuba rientra nell’agone planetario. E la rumba, pervasiva colonna sonora di una scenografia accesa dai raggi torridi, acquista un ritmo foriero di prospettive una volta impensabili. La finanza elettronica, creatrice di flussi monetari ma anche di turbolense e “bolle”, sostituisce il Grande Gioco spionistico di cui scrive Kipling.

Enzo Verrengia

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