Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Elogio della confusione

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Credo succeda a tutti noi di avvertire quel soffocante fastidio provocato dalla mancanza di chiarezza, di nitidezza percettiva per quanto stiamo vedendo, ascoltando, toccando, immaginando col pensiero o avvolgendo in un’idea: è la confusione, o meglio lo stato confusionale in cui versa il nostro sistema d’integrazione psicosensoriale, per un tempo la cui durata varia in funzione della causa che ne ha determinato l’insorgenza.

Non si tema: non ho intenzione di parlare di Medicina, e di Neurologia in particolare, come forse ci si aspetterebbe da me, medico specialista. Vorrei, invece, condividere con chi legge uno spunto di riflessione riemerso come un fiume carsico, in occasione del recente bailamme politico italiano, nella mia mente, vigile solo a tratti a causa dell’afa romana.

Più spesso indicativa soprattutto d’intenzioni insondabili, la confusione, disseminata gratuitamente in un luogo pacifico o apparentemente tale, vivacizza all’improvviso l’ambiente, sospingendo senza sosta i nostri pensieri, come le anime dei dannati lussuriosi, da un capo all’altro del mondo sotterraneo e infernale dei sensi in subbuglio. Suoni colori odori e idee si mescolano senza requie in un’orgia di menzogne, sottintesi, ipotesi, intuizioni da volpino, fake news (come si dice oggi) o invenzioni tout-court (come si è sempre detto): alla fine, nessuno di noi ha capito nulla, ma tutti crediamo di sapere tutto. Ecco, dunque, il primo pregio di questo “disordine mentale”: l’onniscienza.

Inoltre, lontani dalle frustrazioni umilianti, attive quando per esempio incrociamo un vocabolo o un concetto incomprensibili, ci muoviamo disinvolti nel buio del dubbio illuminato dalla presunzione. E così, anche in questo caso, una truffa genera nuovi truffatori, come per partenogenesi. Tale seconda caratteristica diventa un vero e proprio merito, giacché sbriglia in noi disinibizioni vivificanti, insospettabili fino a pochi attimi prima.

Nella confusione, infine, tutto è “sospeso”: vacillano i parametri dell’orientamento nel tempo e nello spazio, che, d’abitudine, ci riportano brutalmente sulla Terra, zeppa di orologi e di cartine geografiche. Anch’io, guarda un po’, grazie al caos mi ritrovo a volare in un altrove indefinito e infinito, e, terzo effetto di questo filtro magico, mi trasformo in astronauta, come sognavo fin da piccolo.

La mia ipotesi è che “alla base” della tanto vituperata “confusione” ci sia il desiderio di essere felici come bimbi ancora poco sensibili alla logica e perciò sedotti facilmente dal magico, onniscienti, sospesi e acritici, con buona pace di scienziati neurologi e instancabili frequentatori di suq. Su quella “base”: poggia la torre di protervia giudicante da cui precipita ogni doveroso atto di contrizione per la propria ignoranza; s’impunta la girandola di suggestioni cognitive dissimulate a bella posta in concetti adamantini; si salva la sirena incantatrice, sfuggita alla rete tessuta a fatica dal buon senso e dalla modestia.

Pur tuttavia, questo tipo di confusione è, per alcuni aspetti, fisiologico, naturale; rimanda o a una condizione di attività “proto-mentale”, come quella della primissima infanzia, o a una forma dissociativa benigna e transitoria, di varia estrazione; in qualche modo sostiene, a tratti dissimula, più spesso appaga desideri normali di tutti noi.

Tuttavia l’apparato che articola e indirizza “desideri normali” può corrompersi in comportamenti molto pericolosi o addirittura antisociali. Distinguiamone, quindi, i diversi destini.

Di solito, l’occasionale negazione della necessità di perseguire chiarezza e lucidità, la confusione per l’appunto, ci regala semplicemente l’illusione di rivivere a piacimento un rinnovato stato nascente, aperto alla conquista, alla vittoria e al godimento infiniti.

Già nella seconda infanzia, acquisita la possibilità di riconoscersi oggetto d’amore, abilitato perciò ad amare a sua volta, l’Uomo impara per difesa qualche stratagemma utile a tacitare le piccole frustrazioni dell’esistenza, per esempio riesumando all’occasione le facili suggestioni tipiche delle favole. Dura poco: alle storielle fantastiche si può credere solo per un po’; invece, ci piacerebbe serbarne per sempre un buon ricordo da utilizzare come balsamo nella prosa quotidiana talvolta dolorosa.

La sofferenza “normale” dell’adulto può rendere valicabili i bastioni, faticosamente eretti, dell’onestà e della verità personali, proprio consentendo alla confusione, per un tempo breve, di superarli e di manifestare impunemente i suoi finti poteri.

Nei casi in cui a lamentarsi è un adulto d’altra pasta, forse ugualmente sofferente ma pieno di rabbia, avviene uno strano fenomeno. Escluso dal mondo di magia amorosa e incapace persino di immaginarne uno al bisogno, quest’altro tipo di “adulto” si sente autorizzato a creare un proprio sistema di riferimento “morale”, stabilmente proiettato alla soddisfazione personale e perennemente privo di empatia. In quel sistema il pensiero è lucido solo in parte: la psicopatia di quel soggetto è indubbia e per lui ogni forma di confusione in cui far precipitare il prossimo ha come obiettivo un sicuro vantaggio per se stesso, che l’ha malignamente innescata, e per pochi altri malfattori al seguito.

Suggerirei, quindi, di elogiare solo quella confusione invocata e vissuta talvolta da chi pretende intanto da se stesso sempre chiarezza e sincerità: se egli non richiede la complicità di quell’altra forma di confusione, è solo perché non accetta la falsificazione dei suoi sogni e tanto meno s’impegna a manipolare, a proprio lucro, quelli altrui. Per chiarire: se egli vive la magia del sentirsi amato (e non si odia neppure per il fatto di non essere in grado di amare parimenti), non vorrà a nessun costo, per esempio, immaginarsi onnisciente, perché il suo godimento consisterà esattamente nello scoprire ogni giorno cose nuove di quel sentimento, e di stupirsene come un bambino. Nel tentativo di risolvere gli enigmi della sua mente irrisolta o semplicemente a tratti inceppata lungo il cammino della conoscenza, non avrà bisogno di scatenare il caos intorno a sé, come invece non cessa di fare chi vuole convincere il mondo della necessità occasionale di un’urgente “chiarezza” suppletiva, omeopatica. Quest’ultimo sa molto bene che la sua confusione altro non è se non una falsificazione periodica della realtà, scandita dalle intermittenze del suo malanimo.

 

 

 

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