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Gianni Rodari

Esportabile il modello delle Corti islamiche britanniche? In un libro la risposta

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shariaE’ esportabile anche in Italia il modello inglese dei Muslim Arbitration Tribunals (Mat), di Tribunali arbitrali islamici, che applicano la Shari’a, cioè la legge coranica, e ai quali è riconosciuta la legittimità di emettere sentenze che abbiano law enforcement? Ad aprire il dibattito intorno a questo interrogativo un saggio, pubblicato da Intermedia, dal titolo “L’esperienza delle Shari’a Courts nel Regno Unito” di Gabriele Mele, giovane e appassionato studioso di diritto islamico, che affronta questo difficile tema in chiave squisitamente giuridica. Il libro, che nasce dalla tesi di laurea dell’ autore, e vanta una autorevole prefazione, firmata dall’ambasciatore Vincenzo Prati che ha diretto la sede diplomatica italiana a Islamabad fino al 2012, è il primo nel nostro paese a occuparsi di questa materia in maniera abbastanza divulgativa, nonostante l’approccio scientifico. Mele racconta come funzionano queste corte, che si occupano di alcune specifiche questioni che ineriscono il Diritto civile, e cioè il matrimonio, il divorzio, l’eredità, le controversie commerciali, mai comunque i reati che riguardano il Diritto Penale o fattispecie relative al Diritto Pubblico. Ricostruisce anche il contesto che ha portato a questa incredibile e civilissima svolta, che non fa che confermate il primato della Gran Bretagna in fatto di democrazia e che comunque solleva le corti della Corona di una grande mole di lavoro con grande risparmio economico.  Scopriamo così che la Gran Bretagna già dagli anni Ottanta possiede Sharia’ councils, sparsi sul tutto il territorio, che hanno lavorato e lavorano all’interno dei Centri culturali e delle Moschee per aiutare a dirimere controversie private, sostenere i membri della comunità, aiutandoli ad avviare le loro attività, ad affrontare la burocrazia, ad ottenere certificati di matrimonio, divorzio e così via. Organismi, equiparati ad associazioni e che quindi non possono emettere provvedimenti vincolanti, ma che sicuramente hanno preparato la strada alla nascita nel 2007 dei Mat. Nascita avvenuta, come ci spiega Mele, grazie a un brillante escamotage, la cui paternità è attribuita a Faiz-ul-Aqtab Siddiqi, un giurista islamico di fama, che si era studiato molto bene l’Arbitration Act, un provvedimento in vigore in Gran Bretagna dal 1996, che attribuisce alle parti il potere di affidare a giudici privati, detti arbitri, appunto, decisioni vincolanti in merito a determinate categorie di controversie , derogando così alla competenza dell’autorità giurisdizionale dello stato.

Semplicissimo da un punto di vista tecnico.  Più complicato da un punto di vista politico. Ma neanche così tanto, considerato il fatto che, questi Tribunali, cuciti su misura sull’Arbitration Act, in maniera tale da inquadrarsi nella cornice giuridica britannica, hanno ottenuto luce verde a un anno dalla proposta avanzata da Siddiqi. Le polemiche non sono mancate e non mancano e continuano ad essere anche roventi. C’è chi parla di “giustizia parallela” come la baronessa Saida Warsi, membro del partito conservatore e per altro di fede musulmana. O chi, come l’ex ministro della Giustizia, Jack Straw, sostiene che in questo modo sia stato messo a rischio il primato della legge dello stato. A parte posizioni dissonanti e  anche inchieste in corso ad opera di alcuni media, come la Bbc,  c’è da fare una considerazione importante: i Mat hanno ottenuto l’avallo delle principali lobbies britanniche. I loro grandi sponsor sono stati a sorpresa il presidente della Corte Suprema Lord Phillips e l’ex Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, la pià alta autorità religiosa del Regno. Non solo, il modello islamico ha spianato la strada anche ad analoghe corti rabbiniche che praticano l’Hallakah, ossia la normativa religiosa ebraica.

E se la Gran Bretagna, con il 4,6% della popolazione di fede musulmana contro il 10% in Francia, il 6% in Austria e Belgio, il 5% in Germania e Olanda, il 4,1% in Danimarca e il 2,5% dell’ Italia,   è prima in Europa in questa sperimentazione, il Canada lo è nel mondo. Intanto negli Stati Uniti se ne è cominciato a parlare da alcuni anni. Ma qual è la situazione nel nostro paese, dove vivono oltre un milione  e settecentomila musulmani e dove nel 2013 il 6,6 % dei bambini è nato musulmano? Posto che l’islam, dopo anni di trattative e l’insediamento di comitati e commissioni bilaterali, non ha ancora ottenuto il riconoscimento di culto – ci sono invece inspiegabilmente riusciti i Mormoni, in tutto 10 mila adepti- c’è da dire che anche nel nostro Paese esiste l’istituto dell’Arbitrato, disciplinato dagli articoli 806-840 del codice di procedura civile, riformato nel 2006. Istituto molto simile a quello britannico e canadese. Ma…

 

Domani 15 ottobre 2015, ore 17.00
presso l’ISIA Roma, Piazza della Maddalena, 53
presentazione del libro

“L’esperienza delle Shari’a Courts nel Regno Unito”
di Gabriele Mele, Intermedia edizioni.

Il programma:
Saluto del prof. Franz Ciminieri, Presidente Ancislink.
Presiede la dott.ssa Velia Iacovino, Direttore editoriale di Futuro Quotidiano.
Relatori: dott. Samir Al Qaryouti, Giornalista di France 24, dott. Vincenzo Prati, Ambasciatore in Pakistan, dott. Omar Camiletti, Rappresentante del Centro Culturale Islamico della grande Moschea di Roma.
Sarà presente l’autore dott. Gabriele Mele.

L'Autore

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