La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

L’ETERNIT A BAGNOLI. “LA MORTE QUI NON VA IN PRESCRIZIONE”

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«Riuscirò mai a vedere la riqualificazione di Bagnoli? Inizio a chiedermelo anch’io, come mia madre, vittima dell’amianto. E come fece lei con me e mia sorella, adesso ripongo le speranze su mio figlio. Ma bisogna fare in fretta, qui si muore ogni giorno. La morte non va in prescrizione». Luisa Pastore ha messo il nastro nero sulla sua pagina Facebook. Riprendendo le parole della stessa Luisa, la sentenza della Cassazione che «ha lasciato senza giustizia le vittime della strage dell’eternit’, ha ammazzato ancora una volta mia madre, mio padre, alcuni zii, amici, vicini di casa nel quartiere Cavalleggeri». Tutti operai della fabbrica di Bagnoli, tutti uccisi dall’amianto. Per non parlare dei suoi due cancri, fortunatamente sconfitti. Ma ce n’è un terzo che finora ha vinto: è «il cancro dell’abbandono, quello provocato dall’assenza dello Stato».

Eternit bagnoli giustiziaPer le vittime della strage dell’Eternit a Bagnoli, né il Comune di Napoli, né la Regione Campania si sono costituiti parte civile al processo contro i responsabili dello scempio del territorio e delle migliaia di morti e centinaia di malati provocati dalla multinazionale. Così, mentre a Casale Monferrato gli amministratori hanno proclamato il lutto cittadino dopo la sentenza shock della Cassazione che ha dichiarato prescritto il reato, per i cittadini della zona ovest di Napoli, dove una volta sorgeva un’immensa area industriale, «è arrivata solo una dichiarazione tardiva del sindaco De Magistris sulle nostre vittime senza giustizia».

“Mai più amianto”

Se per i familiari delle vittime dell’amianto la Cassazione sembra aver sancito l’esistenza di morti di serie ‘B’, gli eredi delle vittime di Bagnoli temono addirittura di finire in serie ‘C’, proprio a causa del poco interesse delle istituzioni locali e della scarsa visibilità sui media nazionali. Se non accadrà, sarà soprattutto grazie alla testardaggine di Luisa che insieme ad altri cittadini di Bagnoli ha creato l’associazione “Mai più amianto” per dare voce alle vittime della fabbrica chiusa negli anni Ottanta ma che ancora semina morte e sofferenza.

E pensare che quell’azienda era quanto di più familiare ci potesse essere per gli abitanti di Bagnoli. La mamma di Luisa Pastore ci ha lavorato dal 1949 al 1969, anno in cui, incinta di lei, ha ceduto il posto di lavoro a suo marito, rinunciando alla liquidazione. Il suo papà ha iniziato a lavorare all’età di 39 anni e per 18 lunghi anni ha respirato a pieni polmoni quella polvere assassina. «Mio padre è sempre stato orgoglioso di lavorare all’Eternit, lui che si occupava di sversare la polvere nelle macchine, era fiero di essere il “promotore di un ciclo”. Ma non sapeva di essere l’iniziatore di un ciclo della morte. Mia madre si è occupata dei manufatti, li lavorava a mani nude e, infatti, doveva continuamente medicare le ulcere sulla pelle. Un ricordo della mia adolescenza? L’affanno di mia madre, dovuto alla malattia che le ha colpito i polmoni. Del mio papà invece ricordo quando gli saltavo in braccio, di ritorno dalla fabbrica, e lo stringevo nella sua tuta blu ricoperta di polvere. La stessa tuta che io e mia sorella abbiamo lavato a mano decine di volte. E quella polvere che ci ha dato da vivere e che ci fa morire…».

Giustizia per Bagnoli

Per i suoi genitori e per tutte le altre vittime, Luisa e gli altri vanno avanti e non si stancano di chiedere giustizia. Gli obiettivi: conseguire un risarcimento «per tutti coloro che hanno dato la vita per il lavoro»; riottenere l’istituzione del Registro dei mesoteliomi, che la Regione Campania sta ritardando: «Hanno paura di contare i morti?», chiede Luisa. Ma, oltretutto, tale strumento servirebbe a monitorare quanta gente si ammala ogni giorno. Infine, Luisa, sua sorella e gli abitanti di Bagnoli non smetteranno di chiedere alle istituzioni la bonifica di questo territorio, che da ‘cimitero’ possa trasformarsi in un luogo di opportunità e di riscatto.

Raffaella Angelino

@raffa_angelino

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