Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Ezio Flammia, il maestro della cartapesta

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L’Arte della cartapesta ha origini antiche ed è avvolta nel mistero. “Gli Egizi , sin dal primo periodo intermedio (2192 a.C. – 2040 a.C.) costruiscono le maschere funebri e i sarcofagi con una tecnica che nella metodologia è simile alla cartapesta. I costruttori delle maschere utilizzano scarti di papiro, ma soprattutto panni di lino uniti con gesso o resina.

I greci, secondo Erodoto, apprendono la tecnica dagli egiziani e la utilizzano per la preparazione delle maschere teatrali: la fibra o strisce di lino bagnate nella chiara dell’uovo sono pressate nei calchi o modellate su prototipi di maschere di legno o di terracotta. In Italia, il Vasari (Arezzo 1511-Firenze 1574) nella seconda edizione delle “Vite” descrive un conglomerato sperimentato da Iacopo della Quercia (1371-1478) che è un medium tra la cartapesta in pasta e lo stucco.

Ma i veri inventori dell’arte della cartapesta sono i cinesi e dopo i cinesi i giapponesi i quali producono la carta utilizzando le fibre di alcune piante come il gelso con cui ottengono fogli sottili e resistenti. Gli  arabi carpiscono il segreto della produzione della carta dai cartai cinesi fatti prigionieri nella battaglia di Atlah, nel Turkestan (751 d.C.). A seguito delle invasioni arabe, la produzione della carta si diffonde in Terra Santa, in Egitto, Spagna e Sicilia. In Cina la tecnica per la preparazione della cartapesta risale al II° secolo d.C. e la scoperta viene attribuita a Ts’ai Lun, funzionario della corte dell’Imperatore Ho-ti (dinastia Han).

In Italia le prime opere in cartapesta si produssero intorno alla metà del Quattrocento nelle botteghe di Donatello, di Antonio Rossellino, di Benedetto da Maiano, famosi scultori fiorentini e senesi. Il Vasari nel 1565 allestisce sontuosi carri allegorici rappresentanti la genealogia degli dei che sfileranno nelle vie di Firenze. La cartapesta in Oriente è un’emanazione della carta, in Occidente è frutto della sperimentazione rinascimentale. Le due produzioni fioriscono autonomamente.

La cartapesta è considerato un materiale effimero, a causa della sua deperibilità. I metodi per produrre oggetti artistici e artigianali di cartapesta sono principalmente due: s’incollano fogli di carta in più strati dentro calchi (cavi) di gesso eseguiti su prototipi oppure nei calchi si cosparge un impasto cartaceo se è malleabile o vi si cola se è fluido. Quest’ultima tecnica è utile per l’esecuzione di particolari opere di pregio. I calchi possono essere di gesso, di terracotta, di metallo, vetroresina e di gomma siliconata. In entrambe le tecniche, quando la materia cartacea è asciutta e quindi estratta dai calchi, riproduce fedelmente la morfologia dell’originale. Nei due procedimenti si utilizza moltissimo materiale cartaceo.

La carta, che è un composto di fibrille di stoffa, di gesso e di collagene vegetale o animale, è una invenzione dei cinesi risalente presumibilmente al II° secolo d.C. e la scoperta viene attribuita a Ts’ai Lun, funzionario della corte dell’Imperatore Ho-ti (dinastia Han). Studi più recenti documentano che reperti cartacei sono presenti in Cina almeno tre secoli prima di Cristo.

I cinesi all’epoca di Ts’ai Lun ricavavano la carta non solo dagli stracci, ma anche da germogli di bambù, da vecchie reti da pesca e persino dalla corteccia di alcuni alberi il tutto mischiato con amido delle farine. In Cina i primi lavori vennero prodotti per sostituire i manufatti in legno e di materie più pesanti e più costose per i tempi d’esecuzione. I cinesi adoperano la pasta e i fogli di carta a strati per realizzare ciotole e vari oggetti ricoperti di lacca. Questi oggetti, decorati e laccati con sostanze idrorepellenti, costruiti con la pregevole tecnica orientale, si trasformano in vere e proprie sculture, imbottiture per gli elmi e delle armature dei guerrieri”.(Storia dell’arte della cartapesta di Ezio Flammia).

In Italia si hanno pochissime e frammentate notizie sulla lavorazione della cartapesta. Le prime notizie scritte si hanno da un manoscritto di Neri di Bicci tra il 1453 e il 1475, dove vengono annotate le attività di bottega, una sorta di diario di lavoro, dove si scrive che nella bottega si producevano opera di cartapesta: “devono essere colorate e in parte dorate: 3 delfini e 4 simboli degli Evangelisti di cartapesta, opera di Giuliano da Maiano”

Perché la tecnica della cartapesta non è molto conosciuta e perché non è stata tenuta abbastanza in considerazione? La cartapesta è un materiale povero, perché realizzata con fogli di carta a più strati macerati nell’acqua, quindi un materiale più umile rispetto al marmo, al bronzo, al legno usati dai grandi artisti per scolpire le loro opere, ma gli oggetti anche se realizzati con materiale “povero”, sono arricchiti ed impreziositi dall’abilità, dalla bravura e dalla manualità dell’artista che crea delle vere e proprie opere d’arte. Con questo materiale “povero”, nobilitato dall’ingegno dell’uomo sono stati modellati una quantità di esemplari meno elitari ma comunque di grande valore artistico come burattini, giocattoli, bambole, scatole laccate, veri gioielli per l’originalità della loro esecuzione.

“L’arte della cartapesta è un’ arte della tradizione popolare, ma queste opere considerate di “tono minore” sono comunque importanti perché abbelliscono ed impreziosiscono gli altari, i soffitti, le decorazioni dei palazzi reali,  eseguite da artisti famosi come Lorenzo Bernini, Andrea Verrocchio e Benedetto da Maiano. A Roma nel 600 la cartapesta veniva usata nelle celebrazioni dei santi e nelle celebrazioni liturgiche solenni, durante il carnevale con carri allegorici e le maschere, anche se, destinate a scomparire e a rinnovarsi, perché la cartapesta è il materiale più adatto a questo scopo, cioè ad essere riciclato (Storia dell’arte della cartapesta di Ezio Flammia).

Domandando al Maestro Ezio Flammia, maestro della cartapesta, scenografo, costumista, restauratore di opere di cartapesta e autore dei libri “Fare cartapesta e scultura di stoffa” e “Storia dell’arte della Cartapesta” (quest’ultimo appena uscito nelle librerie), cosa è stato costruito con la cartapesta nel corso dei secoli abbiamo scoperto che in Occidente, la cartapesta, una eccellenza della cultura italiana, è stata penalizzata in passato da pregiudizi legati alla provenienza umile della sua materia. Stracci ,carta e colla sembravano inadatti alla produzione di vere opere d’arte. Ma nella sua ricerca, ha dimostrato che grandi artisti del passato, come Donatello, Jacopo della Quercia, Bernini e moti altri, hanno creato opere di cartapesta che ancora oggi possiamo ammirare.

“Oggi l’attività della lavorazione della cartapesta in Italia è praticata nel napoletano, nei carri di Viareggio, nell’attività di certi artisti raffinati come José Ortega a Matera, nel mondo dei burattini, dei giocattoli e delle scenografie temporanee che spaziano nei tanti film americani del nostro tempo. Se la tecnica della cartapesta in passato ha raggiunto livelli d’eccellenza, capace di assecondare le idee degli artisti sino ad essere definita la tecnica universale, oggi potrebbe ritornare agli antichi splendori. Poiché essere moderni significa impossessarsi della quintessenza della sapienza di chi ci ha preceduto” (Claudio Strinati commento a: Storia dell’arte della cartapesta di Ezio Flammia).

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