"Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio".

Pietro Barilla

Addio Jaffe, aveva previsto l’austerity imposta dalla Germania

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Parlava così del suo Paese: «Il Sudafrica è ancora “una colonia di schiavi per i neri e un dominio per i bianchi” (come diceva Trotskij prima del 1940)». Su questo Hosea Jaffe, intellettuale e storico dell’Africa e del sistema economico mondiale, ha basato la sua lunga vita interrotta solo pochi giorni fa all’età di 93 anni. Una figura carismatica rispetto la storia della sua terra (che, nonostante l’avvento di Mandela, non crede abbia sotterrato il colonialismo) e visionaria per ciò che riguarda gli sviluppi del capitalismo economico.

Il nodo irrisolto in Sudafrica

Nato a Cape Town in un famiglia russa trasferitasi in Sud Africa, Jaffe – come ricostruisce la casa editrice Jaca book che ha tradotto tutti i suoi libri in italiano – “ha sviluppato un pensiero marxista originale che lo porta ad essere dalla parte degli africani sfruttati senza concessioni a quello che lui chiamerà l’euro-marxismo”. Lasciato il Sud Africa per dissensi politici, si rifugia a Londra e assume la cittadinanza britannica, ma trascorre lunghi periodi anche in Italia e in Lussemburgo. Viaggia dalla Russia a Cuba, dall’India allo Zaire e al Messico. Torna anche in Sud Africa, di cui aveva previsto il persistere del radicale neocolonialismo anche sotto Mandela. E in occasione dei Mondiali di calcio del 2010 affidava a un’intervista tutta la sua amarezza rispetto la situazione: “Con la nuova costituzione il razzismo diventa illegale, ma come diceva Mandela continuava ad esistere nel sottosuolo. Oggi la televisione inglese mostrava Alexandra Township, a Johannesburg, che è un vero e proprio ghetto, e diceva che moltissimi africani non potranno andare ai mondiali perché emarginati e troppo poveri”.

jaffeTeorico e uomo politico di ispirazione leninista, da sempre impegnato nella lotta antimperialista dei paesi del “terzo mondo”, ha portato avanti la sua indagine sui rapporti tra capitalismo e sfruttamento imperialista. Una delle sue tesi più forti (che gli ha creato anche diversi contrasti a sinistra) è consistita nello smentire, dal suo punto di vista teorico, la necessità del capitalismo per il socialismo e per la rivoluzione.

Jaffe e l’intuizione sul ruolo della Germania

Interessante è rileggere alcune sue intuizioni sul destino dell’Ue. Nel 1994, infatti, Jaffe parlava già della Germania e del suo ruolo nella costruzione di un’Ue a sua immagine: ossia – secondo l’economista – per costringere i Paesi europei mediterranei a un’impossibile rincorsa al PIL e ad altri parametri dello sviluppo, distraendoli da politiche sociali, cioè da quella conquista che fu lo “Stato sociale”. L’economista inglese di origine sudafricana, allora nei suoi 74 anni, aveva previsto con drammatica lucidità la corsa nel fosso dei Paesi europei: Germania verso il nuovo disordine mondiale era l’esatta previsione del disastro a cui oggi assistiamo.

A lungo indigesto alla sinistra europea sia perché smaschera il costante compromesso coloniale (critiche al razzismo di Engels e alle concessioni di Marx al colonialismo sono chiare anche nelle ultime opere, es. Davanti al colonialismo, 2007), la convinzione che un paese del terzo mondo, per non affondare nella miseria, debba rompere i legami con l’azienda mondo (Via dall’azienda mondo dove destra e sinistra stanno dalla stessa parte, 1995), il riconoscimento che nei salari europei c’è una particella di plus valore coloniale.

Jaffe ha lasciato una vasta produzione, tutta pubblicata in italiano da Jaca Book. Tra le opere fondamentali: Sud Africa, storia politica, (1980) 2010; Progresso capitalista e teoria dell’accumulazione, 1973; Marx e il colonialismo, 1977; Stagnazione e sviluppo economico, 1986; Progresso e nazione economica ed ecologia, 1990; La liberazione permanente e la guerra dei mondi, 2000; Abbandonare l’imperialismo, 2000.

Danilo Patti

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