I ragazzi di destra dialogano con la Siria ed è subito scandalo. Succede nel nostro paese dove la sinistra giovanile si è talmente identificata con la sinistra al governo – premier e ministri over 35 e ormai over 40 credono ancora di essere dei teenager smart – da eclissarsi completamente e da lasciare campo libero ai loro coetanei di Casa Pound, che continuano a fare e a dire. E questo anche in politica estera, un ambito in cui l’Italia tutta, dopo anni di obnubilamento berlusconiano, non è più a suo agio. Così mentre la nostra diplomazia sui tragici scenari mediorientali – e non solo (vedi il caso dei Marò) – tentenna e non capisce da quale parte schierarsi perché una linea chiara non c’è, loro, i ragazzi di destra, con quell’entusiasmo che i ragazzi di sinistra (se ancora ci sono) non conoscono più e che non conosce più neppure quella frangia cattolica che un tempo contava, e molto, nelle aree critiche del mondo – mi riferisco a Sant’Egidio – conquistano la scena e stringono relazioni con esponenti chiave di paesi, nei quali, una volta, tanto tempo fa, duole dirlo quando c’erano gli Andreotti e i Craxi, l’Italia era un player internazionale importante. Penso all’Iraq, all’Iran, alla Libia, alla Tunisia…
Perciò se un tempo c’era Mario Capanna, che pensava a portare Arafat a Roma, oggi ci sono i volontari di Sol.id, l’onlus appunto di Solidarietè Identités, a cercare di aprire canali con un universo che certo è di difficile comprensione, ma che è a un palmo da noi, sull’altra sponda del nostro stesso Mediterraneo, un universo che non possiamo certo cancellare, ignorare, rimuovere, e che si impone ogni giorno alla nostra attenzione con masse di gente in fuga che sbarca sulle nostre coste inseguendo il sogno semplice di una vita dignitosa, quella vita che avevano e che l’Occidente ha negato loro sostenendo – per scopi oscuri e oscure motivazioni – l’utopia di una orrenda primavera di sangue per poi farsi vigliaccamente e parzialmente da parte, ancora incerto su quale utile trarne e in che modo, soprattutto alla luce di quello che è accaduto e che non era invece nei piani. Così suonano penose le polemiche ispirate dalla comunità ebraica, senza la quale certa sinistra sonnecchiosa e istituzionale non si sarebbe accorta di niente, e suona penosa la decisione della Regione Lazio, che ha ritirato – dopo averlo concesso – il suo patrocinio all’evento organizzato da Sol.id per sabato 26 settembre a Roma: un meeting dedicato al Mediterraneo Solidale, al quale è prevista la partecipazione di esponenti di organizzazioni e partiti del Medio Oriente e di rappresentanti cristiani e islamici. La scusa per gridare allo scandalo è stata la presenza tra i relatori di due dei vertici degli Hezbollah: Rima Fakhri, membro del consiglio politico, e Sayyed Ammar Al Moussaw, responsabile delle relazioni internazionali.
Ma chi ha alzato la voce contro questa iniziativa dell’onlus di Casa Pound, c’è da chiedersi, sa che il “Partito di Dio” alle ultime legislative libanesi si è conquistato 12 seggi alleandosi con Amal e con i cristiani maroniti del generale Michel Aoun? Sa che nel governo di Beirut almeno 8 ministri sono vicini alle posizioni di questa formazione politica che persino gli Stati Uniti ha ormai rimosso dalla lista nera delle organizzazioni terroristiche? Chi ha alzato la voce e polemizza sa che sono stati proprio gli hezbollah a contenere finora l’avanzata degli islamisti che hanno preso potere in Siria? Chi alza la voce sa che le basi degli hezbollah costituiscono il più solido avamposto militare contro la minaccia dell’Isis? Chi alza la voce sa che invece di alzare la voce sarebbe meglio sentire le ragioni di tutti, almeno di chi dice di volere la pace? Chi alza la voce sa che il rischio è di farsi strumentalizzare da coloro che sono avvezzi a sparare dall’alto del proprio carro armato contro bambini inermi? Se la risposta è sì, allora non c’è proprio più speranza: la sinistra ha smarrito il suo dna libertario. Se la risposta è no, lo stesso non c’è speranza: la confusione l’ha sopraffatta. Lo spirito critico è un conto, la censura a priori è un’altra. Chi dice come dicono gli esponenti di Sol.id e come ha ripetuto oggi, in conferenza stampa Giovanni Feola, uno dei loro portavoce, e cioè che non possiamo pensare al Mediterraneo “come tomba di rifugiati, ma come terreno per sinergie politiche e solidali” e che dobbiamo dialogare, va ascoltato. Come vanno ascoltati tutti quelli che vogliono dare il proprio contributo alla pace. Il dialogo è lo strumento per la realizzazione del bene comune, che, al contrario ormai di quanto oggi ritiene certa politica, non è affatto il risultato della media degli interessi in gioco. Ma qualcosa che, pur essendo in grado di reggere la sfida della realtà, va oltre le istanze di ciascuno, oltre le ideologie e la ragione.
Il titolo del convegno, che si terrà sabato 26 Settembre, presso la sala conferenze dell’Hotel dei Congressi, Viale Shakespeare 29, a Roma, a partire dalle 14,30 è “Mediterraneo Solidale”. Tra gli ospiti previsti, oltre a Rima Fakhri e Ammar Al Moussawi, rispettivamente membro del consiglio politico di Hezbollah e responsabile relazioni internazionali Hezbollah, numerosi esponenti del mondo diplomatico, fra cui Mariem Aouffa (ambasciatrice Repubblica Islamica della Mauritania in Italia), Amira Daoud Hassan Gornass (ambasciatrice della Repubblica delSudan in Italia) Habeeb Mohammmed Hadi Ali Al-Sadr (ambasciatore dellaRepubblica dell’Iraq presso la Santa Sede), Ghorban Ali Pourmarjan (direttore dell’Istituto Culturale dell’ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran inItalia). Parteciperanno anche rappresentanti della comunità siriana, Alise Blanchard, di SOSChrétiens d’Orient, Monsignor Mtanious Haddad (rettore Basilica S. Maria in Cosmedin), Madre Agnes Mariam dela Croix (superiora Monastero Saint Jacques le Mutilé in Qara), Shaykh Abbas DiPalma (Associazione Islamica Imam Mahdi).
Velia Iacovino