“E’ il momento di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele”. “Non si può continuare con formule fallimentari. La scelta di oggi è necessaria per la pace. Dio benedica gli israeliani, Dio benedica i palestinesi”. Un discorso in cinque minuti quello di Donald Trump che ha sconvolto il mondo. L’uomo forte degli Stati Uniti – non ci piace chiamarlo presidente- forse non capisce quel che dice e non sa immaginare le devastanti conseguenze delle sue parole e delle sue sconsiderate decisioni.
Forse qualcuno del suo entourage, che per altro si assottiglia sempre di più e si modifica di giorno in giorno – tanto che sembra di stare alla corte di Caligola- dovrebbe, anche a costo della testa, cercare di spiegargli scenari, fatti e circostanze, e pregarlo di ascoltare Macron, il Papa, Guterres.
Il mondo così va a rotoli. Gerusalemme è capitale della spiritualità, la capitale dei Cristiani, degli Ebrei, dei Musulmani. E non può essere la capitale di uno stato armato fino al collo, motivato dall’odio e dalla vendetta, che usa i carri armati contro donne e bambini e che prevarica, ghettizza, innalza muri.
Che Kim Jong-un con i missili e la Cina con il debito americano che ha in mano mettano pure alle strette il cowboy pistolero, finto biondo con il ciuffo. Sono i soli che possono neutralizzarlo. E c’è poco da scherzare.