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Gianni Rodari

Iran: ad Evin violazioni, torture e amputazioni

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L’incendio ha fatto parlare di pratiche disumane messe in atto dalle autorità carcerarie nei confronti dei detenuti

Un grosso incendio è scoppiato nella prigione di Evin, che ospita prigionieri politici e attivisti antigovernativi nella capitale iraniana, Teheran, uccidendo 8 persone e ferendone 61, secondo la versione ufficiale delle autorità iraniane.

Video trasmessi dalla televisione di stato mostrano che la calma è apparentemente tornata nella famigerata prigione dopo lo spegnimento dell’incendio scoppiato tra le proteste in corso innescate dalla morte della 22enne Mahsa Amini.

L’incendio ha fatto parlare di pratiche disumane messe in atto dalle autorità carcerarie nei confronti dei prigionieri, mentre i rapporti sui diritti umani fanno riferimento a “torture sistematiche e amputazioni di arti” all’interno della “roccaforte delle violazioni in Iran”.

La prigione di Evin nella capitale iraniana, Teheran, è stata testimone di disordini, sabato notte, durante i quali sono scoppiati scontri tra prigionieri e detenuti sfociati in un incendio in una delle sue sezioni.

Nel 2018 il governo degli Stati Uniti ha inserito la prigione nella lista nera per ciò a cui sta assistendo di “violazioni gravi dei diritti umani”.

Il carcere si trova sulle pendici delle colline all’estremità settentrionale di Teheran e ospita detenuti criminali e detenuti politici. Le autorità iraniane stanno detenendo in quel posto anche molti detenuti politici e con doppia nazionalità presenti in Iran.

Questa prigione è nota per i maltrattamenti di prigionieri politici e detiene anche prigionieri stranieri e, secondo quanto riferito, centinaia di persone arrestate durante le proteste delle ultime settimane. Domenica, le organizzazioni per i diritti umani hanno avvertito che “le vite dei prigionieri nella prigione di Evin sono in pericolo”, dopo lo scoppio dell’incendio.

Il gruppo “Diritti umani in Iran” con sede a Oslo ha affermato che “la vita di ogni prigioniero politico o normale è in grave pericolo”.

Il gruppo Freedom of Expression Article 19 ha affermato di aver sentito notizie di collegamenti telefonici e Internet interrotti nella prigione e di essere molto preoccupato per la sicurezza dei prigionieri di Evin.

L’accademica australiana Kylie Moore-Gilbert, che è stata trattenuta a Evin per più di 800 giorni durante i quali è stata imprigionata in Iran, ha affermato che i parenti delle donne prigioniere politiche detenute lì le hanno assicurato che “tutte le donne nell’ala dei prigionieri politici nella prigione sono sani e salvi”.

Altri cittadini statunitensi sono detenuti a Evin incluso l’esperto ambientale Morad Tahbaz, che ha anche la cittadinanza britannica, e l’uomo d’affari Imad Sharqi.

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha annunciato, in un tweet, che Washington sta monitorando da vicino la situazione, ritenendo “l’Iran pienamente responsabile della sicurezza dei nostri cittadini che sono detenuti illegalmente e che devono essere rilasciati immediatamente”.

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