Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Luoghi letterari

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luoghi letterariIl più bel regalo, Andrea Camilleri l’ha ricevuto ben prima che compisse 90 anni. Porto Empedocle, di cui è originario, ha da tempo affiancato al proprio nome quello di Vigata, l’immaginaria località dove sono ambientate le storie di Montalbano. Un caso esemplare di come, a volte, sia l’invenzione a prevalere sulla realtà, nell’eterno gioco a rimpiattino tra le due cose innescato dall’arte di raccontare. L’esempio da manuale è quello di Sherlock Holmes. Il suo microcosmo londinese ruota intorno al 221b di Baker Street. Una numero inesistente all’uscita delle sue avventure sullo Strand Magazine. Poi, negli anni ’60, qualcuno scoprì a quell’indirizzo un ufficio assicurativo, presso il quale una segretaria si assumeva il compito di rispondere alle lettere degli sherlockiani che giungevano da tutto il mondo. Si trattava soprattutto di richieste per risolvere casi criminali che avrebbero ispirato Sir Arthur Conan Doyle. Nel 1992, ad esaudire il sogno degli appassionati sparsi sulla faccia del pianeta, vi è sorto lo Sherlock Holmes Museum, ovvero una simulazione dello studio del Gran Detective. C’è tutto, dalla pantofola persiana usata come tabacchiera all’iniezione per la droga. A San Francisco, alcune lapidi commemorano i momenti più celebri del giallo dei gialli, Il falcone maltese, di Dashiell Hammett, soprattutto nella sua versione cinematografica del 1941, sceneggiata e diretta da John Huston. Per esempio, una targa è affissa dove una volta si trovava Burrit Alley, al termine di Bush Street, sullo Stockton Tunnel, per ricordare che lì viene ucciso dalla Brigid O’ Shaughnessy il socio gigione di Sam Spade, Miles Archer. Da quel delitto si scatena la sanguinosa caccia alla preziosissima statuetta del falcone.

Il commissario Maigret, universalmente considerato il simbolo dell’acume investigativo e poliziesco francese, fu creato in realtà da un belga, Georges Simenon. Il quale, addirittura, fa nascere il suo personaggio a Delfzijl, in Olanda. Perciò è in questo porto che nel 1966 venne inaugurata la statua del celebre commissario. Alla cerimonia erano presenti, oltre a Simenon, i quattro interpreti più significativi di Maigret: l’inglese Rupert Davies, il tedesco Heinz Ruhmann, l’olandese Jan Teuling e l’italiano Gino Cervi, che a detta dell’autore li superava tutti, compreso Jean Gabin. Sempre restando alle statue, ve n’è più di una dedicata a Braccio di Ferro. Le più note a Springdale, Arizona, e Chester, Illinois. Ma qui si tratta di tributi per meriti acquisiti da un’icona popolare come il marinaio mangiaspinaci. Mentre la ricerca di corrispondenze tra i luoghi e le loro reinvenzioni letterarie si fa più complessa e stimolante fuori dal repertorio del grande consumo. Il Wessex di Thomas Hardy è un vasto affresco che comprende lo contee sudorientali dell’Inghilterra, assemblate in uno scenario dove le distanze sono più adatte alla misura della narrazione. Così vi si possono rintracciare riferimenti geografici nella realtà molto più distante. Con il risultato di raffigurarsi nella mente gli stessi luoghi per Giuda l’oscuro, Via dalla pazza folla e Tess dei d’Urberville. Quando, se ci si reca nelle immensità del Sussex e dintorni, si finirebbe disorientati e privi di agganci con le vicende forti e passionali narrate da Hardy.

Marcel Proust ha fatto di più per nascondere i luoghi di ‘Alla ricerca del tempo perduto’. I sette volumi del suo romanzo fiume uscivano mentre l’aristocrazia parigina ed ebraica che vi era ritratta non aveva certo abbandonato le luci della ribalta. Dunque, Iliers, la località dove l’infante Marcel andava in vacanza, diviene Combray, e i cognomi dei grandi casati reali vengono stemperati nell’unica tentacolare confraternita dei Guermantes. William Faulkner sceglie di ambientare i suoi viaggi romanzati nel cuore di tenebra del sud americano, inventando la contea di Yoknapatawpha, labirintica e infida come l’impronunciabile nome di derivazione indiana. Là si consumano stupri di gruppo, inconfessabili rapporti familiari e tregende di un’umanità fin troppo riconoscibile nei suoi eccessi. Il fondale comune di Yoknapatawpha conferisce unità tematica ed ambientale a capolavori assoluti che si chiamano L’urlo e il furore, Santuario, Luce d’agosto. Gabriel Garçia Marquez, dal canto suo, ha creato quel Macondo ormai più famoso del romanzo cui fa da sfondo, Cento anni di solitudine. L’immaginaria contrada sudamericana ha acquisito lo status di luogo privilegiato del realismo magico. Al Macondo sono debitori i quasi conterranei di Marquez Allende e Volpe, ma anche scrittori agli antipodi, come gli indiani Salman Rushdie e Amitav Gosh, campioni di topografie immaginarie dietro le quali si nascondono le loro radici. Ed è questo l’intento che si cela dietro la reinvenzione dei luoghi. La volontà di trasfigurare per il racconto una realtà talmente nota a chi vi è nato e l’ha nelle vene, che rischierebbe di restare attaccata addosso senza coinvolgere altri. Laddove il ritocco romanzesco finisce per far sentire anche il lettore più estraneo contiguo, se non conterraneo, dell’autore.

Enzo Verrengia

L'Autore

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