Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Nepal, le false vie dello sviluppo. Attenta Italia!

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Le vacanze servono, dovrebbero servire a rilassarsi. Capita invece ogni tanto anche di usarle per provare a fare qualche esperienza che allarghi la “conoscenza”, magari divertente, anche se non è sempre semplicissimo l’impatto con Paesi difficili. Quest’anno sono in Nepal e poi Tibet e mi è capitato di ragionare di sviluppo e sottosviluppo.

L’Italia e il “sottosviluppo”

Quando si dice che l’Italia (anticipando una tendenza dell’Europa) rischia di essere il primo caso nella storia contemporanea di un paese sviluppato che si “sottosviluppa”, diciamo cosa vera e lo confermano i numeri delle organizzazioni internazionali: siamo fermi da vent’anni, anzi siamo andati indietro, mentre il mondo ha conosciuto uno dei momenti di maggiore crescita della storia. Ma della nozione di “sottosviluppo” bisogna fare ogni tanto esperienza per capire quanto drammatica sia questa prospettiva. Kathmandu è quasi completamente nel buio la sera, come nel medioevo, nonostante decine di fili che pendono ad altezza d’uomo da inutili pali della luce; solo il 7% dei ragazzi finisce la scuola dell’obbligo; la speranza di vita media è di 60 anni; non esiste strada che riesca a essere dritta senza buche, neppure vicino ai palazzi del governo; le diseguaglianze sono enormi e, fino a poco tempo fa, tutte a favore di una famiglia di reali ubriaconi e violenti che fu spazzata via dal partito maoista, uno dei pochissimi partiti comunisti arrivati al potere attraverso le elezioni.

Da una parte quindi popoli che si sono addormentati su conquiste che ritengono consolidate ma che si possono sciogliere come neve al sole, dall’altra centinaia di milioni di persone che si svegliano la mattina e con il sorriso sulle labbra cercano solo di sopravvivere fino al giorno dopo.

Inquinamento primo nemico dei paesi in via di sviluppo

katmandu nepalLa nostra nozione di sottosviluppo e di paesi sottosviluppati è del resto molto limitata. Ignoriamo, ad esempio, che nei paesi in via di sviluppo uccide più l’inquinamento che la fame o la guerra (entrambe, peraltro, piaghe dolorosissime). La cosa mi è parsa evidente ieri pedalando in bici per le highways del Nepal e lo dicono i rapporti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Soprattutto in Asia è così. E non è (ancora) neppure il “nuovo” cambiamento climatico che preoccupa i Paesi ricchi, quello che produce la strage di tumori.. Ma quello antico del catrame, delle polvere sottili prodotte da veicoli che sono gli stessi che circolavano in Europa negli anni settanta. E allora forse abbiamo sbagliato quasi tutto nelle “politiche di sviluppo” perseguite dall’ Onu per decenni e in particolare, osservando che una volta era terzo mondo e ora non lo è più, si capisce anche che noi occidentali siamo semplicemente spariti. Forse, per il senso di colpa storico del colonialismo che furono gli occidentali ad inventare.

Gli errori ripetuti dai paesi in via di sviluppo

Ed emergono una serie di domande: perché i governi dei paesi in via di sviluppo non hanno evitato di fare gli stessi errori che ha fatto il mondo industrializzato 50 anni fa? Perché non hanno puntato dritti su quegli oggetti del passato (bici, auto elettriche, treni ) che sono ridiventati futuro? Perché non l’abbiamo chiesto noi, Europa, perdendo occasioni enormi sia sul piano politico che su quello commerciale? Visto peraltro che l’Asia non è la pattumiera di cose che non produciamo più noi e che invece sono, quasi tutti, della Tata i camion che circolano sulle strade scassate dell’Asia, della Toyota le automobili e della Honda le motociclette? Perché invece di fare la carità non abbiamo usato lo sviluppo di chi era sottosviluppato come l’opportunità per sperimentare un modello diverso di esportare tecnologie e innovazione sociale che noi non ci siamo potuti permettere?

La religione, l’emarginazione, il contraddittorio rapporto con la natura 

Qualche domanda poi, girando per i templi nella giungla e nelle metropoli asiatiche, arriva anche sulla religione, anzi le religioni dell’Asia e sul rapporto che sempre noi abbiamo con quelle spiritualità. Certo induismo e buddismo (tra di loro assai diversi) devono avere qualcosa a che fare con la innata gentilezza di questi popoli. Eppure mi sono sempre domandato come fa a essere coerente con certe armonie la separazione di una società in classi e l’emarginazione assoluta di chi ha la sventura di nascere nella casta sbagliata? Perché le religioni che hanno un così profondo legame con la natura e i suoi cerchi magici di creazione e distruzione, possono convivere con la distruzione della natura che sta avvenendo nelle metropoli e nelle campagne asiatiche? Come fa chi ha così tanto rispetto per i bambini a sopportare che siano il primo bersaglio degli scarichi urbani? Come fanno i fedeli di Varanasi a immergersi per purificarsi in un fiume, il grande Gange, di cui hanno consentito la morte e che uccide i bramini con i suoi veleni? Ma forse queste sono semplicemente le contraddizioni di qualsiasi religione e però allora non si capisce come mai la spiritualità orientale sia considerata su un piano completamente diverso da quello di San Francesco o Lutero. Forse siamo più simili, nelle contraddizioni, di quanto abbiamo pensato, prima da conquistatori e poi da conquistati dalle teorie del risveglio.

Francesco Grillo

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