La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Interessi in gioco e salvaguardia del pianeta. Quale futuro?

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Questi ultimi anni hanno messo in luce, in modo sempre più crescente, l’impatto che l’uomo ha sul
pianeta terra. La necessità di un cambio di rotta in materia di protezione ambientale è priorità dei
Governi , degli Stati, ma serve anche il consenso dell’opinione pubblica, di noi, dell’uomo.

Di questo e di molto altro si è discusso durante il convegno organizzato dall’Università San Tommaso
D’Aquino in Roma, Facoltà di Scienze Sociali dal titolo: “Neutralità climatica e de-carbonizzazione
dell’economia. Interessi in gioco e salvaguardia del creato” una ricerca triennale che ha ricevuto il
contributo di personalità di spicco del mondo della cultura, delle istituzioni, delle università e del mondo
economico: Corrado Clini, Leonardo Zannier, Justin Schembri, Pietro Troianello, Michele Governatori,
Giuseppe Poderati (Università di Wuhan), Davide Tabarelli, Federica Fricano, Alejandro Crosthwaite. Le
conclusioni sono state relazionate da Luigi Troiani, professore di Relazioni Internazionali e coordinatore
della ricerca.

“Il cambiamento climatico, l’inquinamento, la deforestazione, le risorse energetiche, i conflitti armati , i
fenomeni migratori e le conseguenze che i diversi impatti hanno sul piano socio economico i temi
sviluppati. L’incapacità dei governi di agire e le opinioni pubbliche critiche rispetto alle azioni dei governi in tempi dove
spesso l’informazione non rispetta la verità, i punti critici. Quando si fanno delle inchieste di opinioni serie
si scoprono cose che non vengono raccontate. Questi i due pilastri della questione, i governi da un lato e
l’opinione pubblica dall’altro, opinione che devi andare a cercare e non tutti sono stati educati a questo
tipo di ricerca. Abbiamo soggetti che hanno interessi diversi , imprese che creano e distruggono ricchezza,
dove prevale la cultura dell’interesse e dell’ideologia e dall’altro i cittadini nel mondo. Questo confronto di
interessi porta a fare o a non fare certe cose, ma in ballo ci sono i bisogni umani, l’economia , la finanza e la
politica. L’interrogativo è : le istituzioni politiche e le imprese sono in grado di corrispondere ad un bisogno
umano, e non soltanto ad un bisogno politico, economico, finanziario? Il pianeta è abitato da umani, il clima
è un fatto che riguarda l’umanità e non gli Stati. Il Covid ha colpito l’umanità, non gli stati, non ci sono
confini. Pensate ad un virus cosa gliene importa ad un virus delle bandiere e degli stati, ha colpito gli
individui. I governi, la diplomazia attuale sono in grado di risolvere il problema? Forse dobbiamo andare a
ricercare questa verità da un’altra parte, ha forse a che vedere questo stallo con quanto ci racconta Oxfam
nell’incontro di Davos dicendoci che da una decina di anni la ricchezza si è spostata catastroficamente verso
una calamita che attrae nelle tasche di pochissimi l’1%, la metà della ricchezza mondiale, e lascia l’altra
metà all’altro 99%, noi?”.

Altro punto quindi è quello valoriale, ovvero da una parte ci sono i valori e
dall’altra ci sono degli interessi, cioè la “materialità”, ecco, il problema è convincerci che si può fare bene
quello che è materiale se abbiamo anche una ispirazione morale, possiamo farlo anche con dei vantaggi.
Conciliare gli interessi con delle pratiche etiche di vita. Corrado Clini ci suggerisce che l’umanità oggi è
consapevole di essere una forza geologica, l’uomo ha scoperto di essere parte della natura, di essere
volontariamente ed involontariamente distruttore di natura e se distrugge la natura distrugge se stesso,
essendo lui sesso natura, ha compreso l’influenza umana sull’ambiente e sul pianeta.
Le responsabilità umane rispetto al suo proprio futuro ci vengono descritte da Michele Governatori che ci
ha portato in giro per il mondo, Bolivia, India, perché c’è tutto il mondo intorno a noi. Dilemmi : “È più
sostenibile la scelta delle terre rare o del petrolio? L’auto elettrica, che ormai fa parte della ipotesi più corrente e ne dobbiamo tener conto, tutte ipotesi che in teoria ci consentirebbero di vivere meglio dell’epoca dell’eccesso dell’anidride carbonica” .

C’è una guerra in corso in Europa, ci dice Troiani, non parliamo di Ucraina, parliamo di clima. Ma voi leggete
mai qualcosa sul disastro ecologico rispetto al pianeta, rispetto al clima, che questa guerra con le armi che
utilizza sta combinando? Si può parlare di ipocrisia quando diciamo che c’è una “priorità” e poi non
facciamo un collegamento tra un disastro militare, politico, che ha conseguenze nefaste sull’ambiente! Alla
Coop 27 in Egitto dello scorso novembre c’era la possibilità di portare il dibattito sui bisogni dei paesi in
sviluppo ma non lo hanno fatto.

Alla prossima “Coop 28” o al “World Economic Forum” di maggio 2023 qualcuno dirà di quanto ritarda tutto
ciò che sta accadendo sul teatro bellico ucraino le date che abbiamo fissato, perché qualcosa sta accadendo
a livello ambientale e climatico. Non abbiamo ancora stilato una Road Map credibile per gli 1.5 gradi. Le
riduzioni di gas ad effetto serra programmate entro il 2030 saranno, se tutto va bene saranno del 10%, ma
per evitare il disastro climatico dobbiamo abbatterle del 45%.

Giuseppe Poderati dall’Università di Whuan ci porta dentro il mondo dei dati. “Australiani e portoghesi con
il 65% sono i più convinti che il loro paese debba ridurre le azioni che contribuiscono al cambiamento
climatico indipendentemente da quello che fanno gli altri, mentre all’altro estremo i paesi che la pensano
diversamente a livello minimo Bangladesh 14% e Cambogia 15%. Il dramma è che si tratta di due delle
nazioni che pagheranno maggiormente i costi del cambiamento climatico. Il Parlamento e la Commissione
Europea hanno pubblicato un Eurobarometro dove, secondo le stime, 9 giovani europei su 10 sono convinti
che affrontare il cambiamento climatico può aiutare a migliorare la propria salute e il proprio benessere.
Una domanda significativa riguarda la necessità sul come convenga far crescere l’economia, in particolare
se convenga farlo riorientandola tenendo in conto il cambiamento del climatico. Se l’opinione pubblica
cinese si manifesta come la più favorevole al “riorientamento”, 73%, quella dei paesi UE è seconda, 57%,
precedendo di molto la posizione statunitense, 49%.

Le strade da percorrere per attenuare il cambiamento climatico nei fenomeni globali, le parole sono tante,
le carte moltissime ma spesso queste cose finiscono li, se confrontiamo gli impegni che i governi prendono
e quello che realizzano. Per far andare bene le cose a realizzazione ci vuole un leader.
L’emergenza Covid, il cambiamento climatico sono colpi sotto tutti i punti di vista, ma come insegna la
tradizione orientale, in tutti gli avvenimenti c’è uno yin e uno yan che noi occidentali concepiamo come
bene – male o positivo – negativo, ma è in’interpretazione grossolana del nostro dualismo che tra l’altro
trascura molto il simbolo, disegnato in modo che lo yin sia legato allo yan e viceversa. Anche in questa
emergenza il simbolo è operativo. Ci sono morti, sofferenze, danni economici, limitazioni allo stesso
contatto umano, problemi psicologici e quant’altro, ma ci sono ora possibilità di riflessione che portano a
nuove riflessioni.

A Brussels, potrebbe essere utile se ci si ponesse la domanda : spetta all’Unione Europea prendere in mano
la situazione? Il prossimo anno si vota per l’Unione Europea ma c’è un vuoto. La questione non è salvare il
pianeta ma salvare l’umanità.
Le soluzioni?
Intanto ci siamo posti le domande!

Un antico proverbio cinese recita: “ci sono uomini che parlano di persone, altri di idee, altri ancora di
progetti”. Le soluzioni vengono se si vive in un mondo condiviso, costruttivo e di pace. E’ l’unico modo per i
prossimi decenni per avere un futuro più sicuro da offrire alle prossime generazioni. Le organizzazioni
internazionali negli ultimi decenni si sono mosse in questo senso ed è necessario seguire questa linea che è
promossa costantemente.

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