“Di fronte ai problemi dell’invecchiamento della popolazione e della bassa crescita economica, sono pochi i governi europei che fanno abbastanza per aiutare gli immigrati a passare da lavori precari e poco qualificati ad un lavoro dignitoso”. A dirlo il nuovo rapporto del Migration policy institute (Mpi) e dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo). Secondo lo studio, “anche se, negli ultimi dieci anni, alcuni paesi hanno fatto investimenti importanti in politiche di integrazione nel mercato del lavoro, l’obiettivo è stato soprattutto quello di dare un lavoro agli immigrati. Il risultato è che queste politiche non hanno favorito la progressione di carriera con il passare del tempo”.
“In Europa, le prospettive demografiche -spiega Demetrios G. Papademetriou, presidente emerito di Mpi – mostrano chiaramente che i paesi non si possono permettere di sprecare il potenziale dei propri residenti, indipendentemente dalla loro provenienza. Anche se, negli ultimi anni, alcuni paesi hanno dato priorità alle politiche di integrazione nel mercato del lavoro, non c’è stata particolare attenzione alla qualità dei lavori e, di conseguenza, si registra un ritardo nella progressione dei migranti verso lavori a qualifiche medio-alte”.
Negli ultimi 25 anni, l’Europa ha conosciuto un’immigrazione considerevole tanto dal continente quanto da paesi extra-Ue. La maggior parte dei migranti non sono stati selezionati in base alle loro competenze, bensì sono arrivati attraverso canali umanitari o per motivi di ricongiungimento familiare. Molti, tra quelli in possesso delle qualifiche richieste, hanno trovato lavoro facilmente, soprattutto durante il boom economico della metà degli anni 2000. Ma altrettanti, tra i nuovi arrivati, nonostante possiedano qualifiche ed esperienza considerevole, faticano a passare da un lavoro poco qualificato a una posizione stabile, di media qualifica.