La passione
Tutto nasce dalla passione: è lei che spinge, brucia, funge da stella polare. Perché il resto appare opaco, grigio. E’ proprio questo sentire che mi ha indotto a rinunciare a una valigia “normale” per il viaggio tra Inghilterra e Scozia, solo per portare il meraviglioso abito color rubino della mia bisnonna che ha occupato buona parte dello spazio.
Questo sentire ha decretato la scelta di pernottare a Ponden Hall, indimenticabile dimora storica nella quale Emily Brontë trasse ispirazione per il suo oscuro capolavoro del 1847, “Cime Tempestose”, il romanzo che ho letto ventisei volte, sospeso tra cielo e terra e sostenuto dallo svolgersi di un violento dualismo: la difficile scelta tra il sé profondo e una maschera sociale confortante ma avvilente. Un sé profondo, una passione, che l’autrice identifica con il protagonista maschile, Heatcliff: “Lui è sempre, sempre nella mia mente: non come una gioia, non più di quanto io lo sia per me stessa, ma come il mio stesso essere”.
Questo sentire, ancora, mi ha spinta a realizzare un emozionante percorso metaletterario, iniziato a York e conclusosi sulle aspre cime della brughiera, dove sono visibili i resti di un edificio attribuito a quello che la giovane Emily trasformò con la sua vivacissima fantasia nella Tempestosa. La passione non la si combatte, la si vive! E, così, sono partita.
La brughiera
Per intraprendere questo “pellegrinaggio” gli appassionati (come ho fatto io) troveranno un valido supporto nel blog www.turismoletterario.com/blog/viaggio-nella-brughiera-di-cime-tempestose/, o ancora nella preziosa guida Lonely Planet, quindi non mi dilungherò nei dettagli tecnici. Il mio, del resto, è il diario di un viaggio interiore e di emozioni unilaterali: non cercavo i luoghi delle sorelle Brontë, ma la materializzazione degli scenari costruiti nella mia mente e nel mio cuore attraverso la lettura di quelle pagine.
“L’hai mai osservata la brughiera, Isabella? È tormentata dai venti, dalle tempeste, dai ghiacci dell’inverno… Eppure l’erica resiste, rimane attaccata alla terra, sempre e comunque. Non la tradisce mai, non l’abbandona per rifiorire in posti più tranquilli, le sue radici non muoiono, sanno che il loro destino è legato alla brughiera, anche se è aspra, ostile. Ma l’amano così com’è, senza riserve”.
La brughiera è la forza della passione “senza riserve” e della sua necessità. Qui la vita trionfa in condizioni difficili e la brughiera è essenziale, basica. Apparentemente un deserto verde che, in realtà, nasconde tesori, colori, animali e fiori inaspettati. E’ ingannevole, difficile da percorrere se si perdono i (pochi) sentieri asciutti in un mondo di acque nascoste, come il sistema venoso di un gigante. La sua vegetazione pare voglia divorarti. Eppure parla a chi la vuol sentire davvero. La sua è una lingua arcaica.
Mi sono letteralmente persa nella brughiera, ma non ho mai avuto paura. E ho trovato rifugio in un sito ancestrale, forse di qualche culto primitivo. Luogo in cui, poco dopo l’uscita del romanzo, qualcun altro si perse e ne lasciò traccia nelle rocce. Graffiti del XIX secolo che ho fotografato e che testimoniano come, qui, il tempo abbia una logica tutta sua.
Non c’è nulla di pittoresco in brughiera, non è terra dai colori pastello. E’ tutto o bianco o nero. Chi ha studiato l’arte inglese sa che non esiste dipinto di alcun paesaggista in grado di cogliere questa sospensione e questa intensità. Occorre perdersi, per poi ritrovarsi. Solo così si ode il suo canto, dedicato agli audaci.
Ponden Hall – Il letto-armadio di Catherine
Chi legge per la prima volta Cime Tempestose non può non rimanere colpito dalla descrizione di un particolarissimo letto: “Chiusi la porta e mi guardai attorno cercando il letto. Per tutto arredamento vidi una sedia, un cassettone e una sorta di grande armadio di quercia, con riquadri tagliati in alto simili ai finestrini di una carrozza. Avvicinatomi a quella singolare struttura, guardai dentro e vidi che si trattava di uno strano tipo di letto all’antica, concepito molto efficacemente per ovviare alla necessità che ogni membro della famiglia avesse una stanza tutta per sé. In realtà, costituiva da solo una piccola stanza; e il davanzale di una finestra, che racchiudeva, serviva da tavolino”. Una camera nella camera, rifugio antico di un amore infantile, tanto che l’unico uomo che nel romanzo dormirà lì dopo Catherine, il malcapitato Lockwood, troverà incisi nel legno i nomi di Heatcliff e Catherine. L’intruso profana, dunque, un luogo sacro e ne paga le conseguenze nel fantastico incipit dello scritto: appena coricato, dopo una giornata da dimenticare, viene terrorizzato dal fantasma della sua legittima proprietaria, che lo implora di lasciarla entrare dalla finestra. Heatcliff, richiamato dall’urlo dell’ospite in quel luogo sacro per lui e maledetto per gli altri, scaccia malamente Lockwood e rimane seduto nel letto-armadio, scosso da una viscerale emozione e poi, spalancando la finestra, fra le lacrime grida allo spirito della sua eterna amata di entrare e tornare da lui.
Ed è sempre quello il luogo della “riconciliazione”: dopo anni di dolore, a digiuno da giorni e spossato dalle allucinazioni che il suo inconsolabile amore gli infligge, con occhi colmi di beatitudine per il ricongiungimento imminente, muore. Ed è così, steso sul letto e con la mano che indica la finestra che la domestica Nelly, voce narrante del romanzo, lo trova, occhi aperti e uno strano sorriso.
Capirete quindi cosa significhi trovarsi al cospetto di quel letto, entrarci, guardare dalla finestra e avere la sensazione che la realtà e la fantasia, per un infinito attimo, si fondano.
Questo si può vivere a Ponden Hall, l’antica dimora seicentesca che ispirò ad Emily Brontë la casa del rivale di Heatcliff, il contrappunto alla passione, la scelta ponderata e ragionevole, il giovane, bello e insignificante Linton. Oggi, trasformata in un lussuoso B&B (https://www.ponden-hall.co.uk/) e gestita in maniera impeccabile, è una tappa imperdibile di questo viaggio dell’anima, dove ho “imparato”, una volta di più, che siamo davvero a casa solo e soltanto là dove alberga il nostro cuore.
Carla Cace