Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

La strepitosa carriera di Caludia Ferrazzi, dai vertici del Louvre a quelli dell’Accademia di Francia

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Claudia-Ferrazzi“Camera con vista” sarebbe il titolo ideale se si considerasse solo il luogo in cui si è svolta l’intervista, Villa Medici – l’Accademia di Francia – da cui si ha uno dei panorami più belli di Roma, e quando si apre una finestra è come entrare in un quadro. “Una donna in carriera” invece il titolo per Claudia Ferrazzi che, giovane (ha appena compiuto trentotto anni), è la prima italiana ai vertici – segreteria generale – dell’Accademia di Francia, ma ha già alle spalle il titolo di una delle cariche più importanti del Louvre da cui ha imparato molto. Sua intenzione è ancora continuare, non fermarsi, progredire: “bisogna studiare e molto, ma non si deve esitare a provare; non siamo capaci di sbagliare, e invece bisogna rischiare. Noi italiani siamo per una formazione teorica e per materie evanescenti, ma a un certo punto è necessario applicare, associare una intelligenza delle situazioni con conoscenze tecniche e prendere decisioni, anche sulle materie manageriali”. Colpisce la sua serietà, e allo stesso tempo la semplicità nella grinta e nella determinazione. Tiene molto al ruolo delle donne: “bisogna ritrovare anche l’ambizione femminile; non c’è uno stesso livello di ambizione fra uomini e donne, soprattutto in Italia”.

Non ha trucco, è come si vede, e la ammiri per la sua compostezza, per come racconta senza superbia il suo importantissimo lavoro – “nel sistema francese esiste un direttore che svolge il ruolo di direzione artistica e scientifica, e poi tutti gli enti hanno l’amministratore o il segretario generale il cui ruolo è di realizzare la politica scientifica, culturale, artistica della direzione” -; quasi ci si sente in imbarazzo per aver messo dei tacchi che lei invece non indossa. Un’italiana, ma con una mentalità francese, anche se a lei piacerebbe più dire “cosmopolita”. Villa Medici è una proprietà francese su territorio italiano e Claudia Ferrazzi ha lasciato il Louvre per la “questione binazionale”, dimensione nuova alla quale non ha resistito: “non avevo mai diretto uno staff di due nazionalità, con totale bilinguismo, gestione del personale su due diritti e un approccio patrimoniale diverso fra Francia e Italia. Si lavora su un doppio regime, quindi per forza più complesso. I lavori si fanno con le soprintendenze italiane, ma è monumento storico francese”. Non esita a rispondermi sulla differenza fondamentale in ambito culturale fra Francia e Italia: “La politica culturale statale in Francia è stata estremamente continua, non ha vissuto alti e bassi. Anche se c’è uno stato di crisi, il sostegno dello Stato non è mai mancato in modo strutturale agli enti. È necessario che lo Stato si occupi della continuità”.

Fondamentale è curare la politica culturale, legata al turismo; è sbagliato avere l’ossessione della frequentazione e della redditività: “se lo Stato investe è per un investimento di società, e bisogna equilibrarlo con un modello economico che deve avere una sovvenzione e gestione pubblica stabile e completarlo con altre cose. Lo sfruttamento turistico della risorsa culturale presuppone un lavoro a monte sul patrimonio, di creazione e di sostegno alla creazione”. L’Accademia di Francia si propone proprio questo: è stata la prima a sorgere a Roma nel 1666 (oggi ve ne sono dodici), e lotta con le sue iniziative per un mondo cosmopolita di creazione nella città di Roma, per diffondere la cultura sul territorio. Questo significa mantenere le porte aperte il più a lungo possibile, sponsorizzare gli eventi propri e degli altri, e cercare di formare una rete per lavorare insieme. L’obiettivo di Villa Medici è di mostrare in estate la propria creazione e produzione, avere un’ospitalità intellettuale nei confronti di partner italiani e anche stranieri, collaborare e stringere gli uni con gli altri. “Bisogna fare delle nostre debolezze rispettive la nostra forza.

E vogliamo essere pienamente nella città, sentire di stare qui; riposizionare il passato e presente come attori claudia ferrazzinella stessa città fa parte dell’investimento dello stato francese e dobbiamo anche aiutare gli altri attori, essere generosi, perché ci sono momenti di difficoltà per tutti”. Altra missione dell’Accademia di Francia è la residenza ai borsisti: “oggi ci dà l’identità, è il luogo che fa dialogare la creazione contemporanea con il passato. Si cerca di togliere la creazione dal mercato dell’arte, dalla immediatezza. Importante è l’investimento non redditizio per arrivare a un certo livello, un investimento di lungo termine, continuo. Si sa dove si va, si fanno i primi passi, si ha un approccio modesto; una generazione non è sufficiente a formare questo movimento della creazione. Si tratta di un investimento enorme, dell’evolversi di una classe intellettuale che può essere di contrappeso a tutte le altre forze”. L’Italia ha una visone politica diversa, investe in modo meno continuo, ma ora si sta muovendo, è in atto una riforma e c’è collaborazione. “Sono entusiasta del movimento che vedo, lavoro per aiutare l’Italia, è un momento in cui bisogna crederci e bisogna fare salti di qualità. Io contribuisco nel mio piccolo, ma la sensibilità di tutto il mondo è elevata e vi sono anche personaggi di livello più alto che si stanno impegnando”.

Claudia Ferrazzi non ama la competizione fra i due Paesi. “Confronto non competizione” – sottolinea. L’Italia guarda alla Francia ma lei è certa che la Francia può guardare all’Italia per una serie di altre cose (per esempio è la prima che sta per mettere in atto una vera grande riforma sull’appello internazionale aperto e trasparente per candidature dei direttori di musei!). Francia e Italia hanno interesse a confrontarsi su tutta la gestione dei beni culturali e della cultura in generale. “Noi siamo un pezzo di stato francese, ma in Italia possiamo testare una serie di cose. Stiamo per aprire un fondo di dotazione in cui le generazioni si riconcilino; si mettono i soldi nel fondo, ma la generazione attuale può solo spendere gli interessi di questo capitale. Si pensa alle generazioni future e nel campo artistico pensare al dopo è importantissimo, siamo dei passanti dobbiamo trasmettere e valorizzare. Al Louvre nel 2009 hanno dato vita a questo sistema; sperimentare in territorio italiano è interessante per vedere se funziona”. Altra cosa da cambiare in Italia è la fruizione e l’organizzazione: per rieducare il pubblico ad esser più sensibile verso le opere d’arte si deve lavorare sia nelle scuole, con l’insegnamento della storia dell’arte, sia sull’accesso più condiviso alle risorse patrimoniali, di spettacolo e di creazione e coinvolgere scuole e famiglie in modo moderno, compatibile con i nostri tempi. A Parigi ci sono tantissime proposte da scegliere, la fruizione è più facile, a Roma no: “ci vuole un pubblico più equilibrato in un mondo che cambia, un passaggio sociale importante che l’Italia sta affrontando in maniera culturale. Deve avere capacità di attrarre, rendere consapevoli e conoscere i suoi limiti”.

Villa Medici ha una programmazione multidisciplinare. Uno dei principi è che non ci siano confini fra le indexdiscipline, né gerarchie: “importante è la realizzazione di una cultura popolare condivisa a tutti i livelli di esigenza di pubblico, con attenzione particolare a Francia e Italia. È un ente e un attore culturale che deve essere conosciuto per mostre, musica, cinema e letteratura”. Dal 6 al 17 luglio si terrà una rassegna cinematografica, il duetto Trintignant/Gassman, e tutti i film saranno in lingua originale. Ma la cosa più importante saranno gli appuntamenti per l’avvicinarsi dei 350 anni della nascita dell’Accademia di Francia il prossimo anno. Prima una mostra su Balthus, “un tuffo nell’atmosfera dell’epoca, il suo atelier, il suo modo di lavorare con riferimenti espliciti al periodo passato come direttore all’Accademia di Francia”, mentre le Scuderie del Quirinale ne faranno una retrospettiva. Poi seguirà una mostra di Henri Loyrette e Yan Pei Ming, due ex borsisti, uno di quaranta e l’altro di venti anni fa – “ancora una volta il senso di continuità, fra generazioni” – e poi le creazioni estive dei borsisti “in un grande festival multidisciplinare”. Claudia Ferrazzi continua entusiasta a parlare, molte sono le idee e gli eventi che racconta; non ci resta che stare attenti e seguire tutte le iniziative.

Stefania Miccolis

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