Ha vinto, ma certamente non come avrebbe voluto. Ed è un’amara sconfitta quella subita domenica alla prova delle urne dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il suo partito, l’Akp, il partito islamico dello Sviluppo e della Giustizia si è fermato al 42% perdendo dopo 13 anni la maggioranza assoluta, che questa volta in parlamento sarebbe servita a spianare alla leadership di Ankara la strada per completare le riforme. Sono 258 soltanto infatti i seggi conquistati, 18 in meno della soglia necessaria per stragovernare e indire il referendum per stravolgere la costituzione.
L’ HDP SUPERA LO SBARRAMENTO. CURDI IN FESTA
Ma non è tutto. Queste elezioni hanno segnato l’ingresso nell’assemblea legislativa dell’Hdp, il partito rappresentativo della minoranza curda del paese, che per la prima volta ha scelto di mettere in campo un’unica formazione per non disperdere i consensi. Una strategia che si è rivelata vincente. La formazione, che ha puntato la sua campagna elettorale sui diritti umani, l’uguaglianza sociale, le pari opportunità, l’indipendenza della sistema giudiziario, rivolgendosi non solo all’etnia di cui è espressione, ma alla Turchia laica e giovane, si è conquistata il 12% delle preferenze, superando lo sbarramento del 10%, il che significa che in parlamento riuscirà a portare almeno 50 deputati. Fumo negli occhi di Erdogan, che, nonostante il suo ruolo superpartes si è più volte scagliata in questi mesi contro il Hdp, definendo i suoi membri, il suo uomo di punta Selehattin Demirtas (che alle presidenziali dello scorso anno aveva ottenuto il 9,8%), “fiancheggiatori del terrorismo”, complici del Pkk, il partito dei Lavoratori del Kurdistan, che è ancora fuorilegge ma che continua ad avere fortissima presa, il partito di Apo, nome di battaglia di Abdullah Ocalan, il guerrigliero in carcere nella prigione isola di Imrali. E sono proprio i suoi sostenitori e seguaci in queste ore a far festa nella capitale e nelle strade di Istanbul. E’ il suo nome che risuona tra tutti gli altri.
Una nuova era politica sta per cominciare per la Turchia. Il partito di Erdogan dovrà governare in coalizione. E il presidente se l’è voluta. Soprattutto nel trasformare le elezioni in un referendum sulle sue personali ambizioni. E adesso. Su chi cadrà la scelta? Il maggior partito tradizionalmente all’opposizione, il Chp, il Partito repubblicano del popolo, si è attestato intorno al 25% mentre in nazionalisti dello Mhp sono sotto il 17%. Il momento è assai delicato. La Turchia infatti è un player di primo piano nello scacchiere incandescente del Medio Oriente. La speranza è davvero, come ha commentato Sirri Surrey Onder, alto rango dell’Hdp, nell’invitare gli elettori del suo partito a moderare i festeggiamenti per non provocare gli oppositori, che questa sia “la vittoria della democrazia sulla rozzezza, della libertà sull’oppressione, della modestia sull’arroganza, della pace sulla guerra”.