"Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio".

Pietro Barilla

KUSTERMANN A FQ: IL TEATRO, MEDICINA PER SALVARE L’UMANITA’ ALLO SBANDO

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“Il teatro, come la musica e come l’arte, è l’unica cosa che può salvare questa umanità allo sbando”. Ecco, Manuela Kustermann è una che a FUTURO QUOTIDIANO dice cose di questo tipo perché ha conservato intatto negli anni il senso della sacralità del teatro dove va ancora tutte le sere. Una parete del suo ufficio, all’interno del Teatro Vascello, è tappezzata da foto di scena del passato, ma la “Duse delle cantine” non indugia sugli anni storici dell’avanguardia romana (“Non ho il senso del tempo che scorre per quel che riguarda il passato, nel presente invece vola”), ha troppe cose da fare. Come mettere sù uno dei migliori cartelloni della stagione; attualmente, ad esempio, ospita una rassegna dedicata ai Teatri Uniti con, tra l’altro, l’imperdibile “I giocatori” di Enrico Ianniello. Come direttore artistico dello spazio nel cuore di Monteverde, fondato con il suo compagno di una vita Giancarlo Nanni – tra i protagonisti della sperimentazione scomparso pochi anni fa, – Kustermann porta avanti con coerenza la linea artistica del Vascello da sempre votato al contemporaneo.

Per tanti anni il Vascello è stato Stabile di innovazione e oggi?

Manuela Kustermann

Manuela Kustermann

Oggi gli stabili di innovazione non esistono più, noi siamo un centro di produzione ma con i nuovi decreti sul teatro voluti dal direttore generale dello spettacolo Salvo Nastasi non si sa cosa accadrà. Speriamo di poter continuare a far ciò che abbiamo sempre fatto, in realtà pensavamo di poter diventare “teatro di rilevante interesse culturale” che è un po’ meglio che centro di produzione ma ci è stato risposto che non ci sono soldi e intanto gira voce che invece per altri teatri soldi ce ne sono pure di più.

Qualche anno fa avete rischiato la chiusura…

Ancora oggi la rischiamo.

Possibile che non vi sia tutela per spazi storici e ancora produttivi come questo?

Non c’è una vera politica culturale in questa città. È ridicolo, stiamo parlando di un teatro che ha 26 anni di storia, ma la compagnia nasce già nel ’67 con il teatro La fede. Stiamo parlando di storia. Non solo, ancora oggi abbiamo una compagnia in residenza diretta da Andrea De Magistris che porta avanti un nuovo linguaggio tecnologico, abbiamo la nostra compagnia giovane che fa teatro per bambini ed esiste ancora il nucleo della nostra compagnia storica

( ed infatti di lì a poco entrerà, locandine in mano, Massimo Fedele membro della compagnia da tempo immemore).

 Il Teatro è una risorsa importante anche per il quartiere che lo ospita da anni, Monteverde. Come è il rapporto con il territorio?

Noi siamo una realtà aperta: in questo momento abbiamo dato il teatro gratis al regista Daniele Salvo che sta facendo un laboratorio con 20 attori; abbiamo il laboratorio anziani, la mattina abbiamo il coro, ospitiamo i comitati di quartiere, facciamo presentazioni di libri. Svolgiamo un enorme lavoro di aggregazione. Ma tutto questo sembra ignorato. Non esistono convenzioni con il Comune e la Regione come avviene a Milano, noi ne abbiamo solo una con il Municipio di 5000 euro!

Perché in un paese che ha visto il fermento artistico come quello di cui lei è stata protagonista negli anni ’60 e ’70, e ancora negli ’80, oggi si avverte questo disinteresse per la cultura?

È mancata la prospettiva di investire soldi nella cultura per creare un futuro migliore per tutti. Io non credo che i soldi non ci siano, ma vengano spesi male. Certo ce ne sono pochi ma per certe cose i soldi si trovano sempre. Penso a tutti i soldi che sono stati stanziati per la Festa del cinema di Roma.

Pensa che la società abbia ancora bisogno del teatro. Che si rispecchi ancora in esso?

Si. È’ l’unica salvezza e bisogna che la gente lo capisca altrimenti nulla li salverà.

Quali crede siano le prospettive per le nuove generazioni?

VASCELLOSecondo me si sta tornando a un teatro necessario. Ho visto in diversi teatrini che, anche se esiste ancora il teatro immagine e tecnologico, sta tornando il teatro di parola. Testi necessari alla comprensione di quanto ci sta accadendo, necessari all’anima, necessari alla mente. È un segno di crisi ma sono convinta che c’e’ una generazione di attori e autori molto validi. Però per capire quale sarà il futuro bisognerà aspettare per vedere l’effetto dei nuovi decreti su queste piccole compagnie e piccoli teatri, sull’accesso dei giovani alla vita professionale.

Certo i tempi sono cambiati da quando lei debuttò ad appena quattordici anni con Carmelo Bene interpretando Ofelia nell’Amleto. Che ricordo ha di quell’ esperienza?

Io ero molto, molto giovane ed ero considerata la mascotte. Carmelo era una persona molto esigente, con se stesso e quindi con gli altri. Si facevano prove su prove, era un perfezionista su tutto, dalle luci ai costumi; aveva un rigore assoluto.  Ho dei ricordi bellissimi.

Intorno al Teatro la Fede gravitavano i nomi più importanti della ricerca: accanto a Nanni, Valentino Orfeo, Meme’ Perlini, Pippo Di Marca, Giuliano Vasilico’ scomparso proprio in questi giorni. Come fu trovarsi al centro del fenomeno delle cantine romane?

La fede era meravigliosa. Erano anni in cui iniziava tutto: l’avanguardia, la scuola romana di Bartolucci, il teatro di ricerca. Eravamo giovani e belli. Noi frequentavamo soprattutto gli artisti perché Giancarlo veniva dalla pittura e quindi vedevamo Ceroli, Schifano, Angeli, Pascali, Festa,  Mambor. Erano tutti belli. C’è una citazione di Renzo Tian, che poi noi all’epoca odiavamo, che dice come nella semioscurità di queste cantine si percepiva come una luce. Era un periodo di luce e di sogni.

Una delle cose belle, insieme al fiorire di teatrini dove c’era un’assoluta libertà di esprimere la propria creatività, era che Roma era un grande salotto aperto dove ci si incontrava, si parlava. Mi ricordo serate con Calvino, Moravia, Betti, Pasolini, Pagliarani, Flaiano. Ho conosciuto tutti. Si andava in giro e si incontrava gente, le case erano aperte, i salotti erano aperti, arrivavano i pittori e noi andavamo alle mostre. Adesso ci sono i compartimenti stagni. C’era fervore, voglia di fare. Non è facile riuscire a descrivere quell’atmosfera, non ci sono neanche filmati, sono rimaste solo poche cose.

A questo punto mostra le foto di lei e Giancarlo Nanni durante alcuni dei loro storici happening, a Rieti o alla 24 ore non stop theatre davanti a Feltrinelli o sul barcone del Tevere “dar ciriola”. In uno Nanni ha un rotolo di carta igienica in mano, lei dice “facevamo delle cose incredibili” . E sì, è vero, sono bellissimi.

Laura Landolfi

 

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