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Alan Kay

L’effetto boomerang delle sanzioni alla Russia per l’Italia

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Il valore del dollaro cresce rispetto al valore dell’euro, diminuisce il costo del barile, aumenta il prezzo dell’oro, aumenta il costo delle sementi sul mercato asiatico. Questa sembra soltanto un’altalena divertente ma le borse internazionali che praticano il grande movimento di capitali sono le grandi artefici della stabilità del nostro standard di vita. Facciamo una analisi della politica economico- finanziaria europea del momento, un continente in preda alla stagnazione economica che adotta, in accordo con gli USA e la Nato le sanzioni contro la Russia: cosa provoca questa presa di posizione ai russi, agli Usa, agli europei, all’Italia?

La decrescita dell’economia russa

Tali sanzioni hanno destabilizzato l’economia russa ed hanno immediate conseguenze: la caduta del rublo rispetto al dollaro del 60% e del 50% rispetto all’euro, la caduta del prezzo del petrolio del 45%, la caduta delle importazioni dall’Europa, dall’Italia e, dalla Russia verso l’Europa. La decrescita dell’economia Russa porta all’indebolimento delle aziende russe che lavorano nel campo energetico, con preoccupanti pericoli per i nostri approvvigionamenti, altre sanzioni invece, bloccano l’importazione di prodotti tecnologici russi da parte dei paesi dell’Unione, sono state bloccate le importazioni dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, prodotti tipici della dieta mediterranea, che costituiscono una forte fonte di guadagno per le aziende che esportano nell’Europa dell’Est.

Le sanzioni hanno toccato anche altri settori strategici ad esempio l’impossibilità da parte delle banche russe di emettere bond e azioni nel mercato finanziario e il divieto ai paesi UE di firmare nuovi contratti di esportazione con le aziende russe che lavorano nei settori petrolifero, energetico e degli armamenti. È proprio di questi giorni l’annuncio della cancellazione del progetto South Stream, che avrebbe dovuto fornire fino a 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno agli europei, progetto al quale le italiane Eni e Saipem partecipavano con contratti che avrebbero portato ricavi all’ Italia rispettivamente di 2.4 e 1.25 miliardi di euro.

Per i Russi si tratta di un grande risparmio, il progetto che inizialmente era di 14 miliardi era lievitato 23 miliardi e se da una parte c’è chi ci guadagna aprendo il mercato del petrolio e del gas alla Turchia e alla Cina, firmando importanti contratti, ed incassa circa 3 miliardi di dollari dall’UE come tariffe di transito del gas sul territorio ucraino, dall’altra i paesi balcanici, la Bulgaria e la Serbia in primis sono disperati all’idea di perdere sia i proventi di transito che quelli prospettati da Mosca per lo stoccaggio del gas.

russia-italiaLe conseguenze per l’Italia

E noi italiani ? I settori più colpiti sono quelli dell’export del Made in Italy dove le perdite relative alle mancate consegne nel biennio 2014-2015 potrebbero raggiungere i 2.4 miliardi di euro. Stiamo perdendo grandi quote di mercato anche nella meccanica strumentale, settore dove Italia e Germania sono i principali partners. Di fronte a questa perdita di mercato, il Ministro Mogherini dice che è quanto mai urgente diversificare non solo le rotte ma anche le fonti di energia, e Renzi , durante la sua visita in Algeria conferma l’interesse ad esplorare nuove tratte.

Al contrario nell’asse Mosca-Berlino continuano gli scambi commerciali e non si è ancora discusso l’annullamento della partnership del gas del progetto Nord Stream. Gli Usa con lo Shale oil contano di aumentarne la produzione a 9.4 milioni di barili al giorno, ma negli ingranaggi dello shale oil ci sono dei granellini di sabbia non trascurabili: quello dei finanziamenti. Il prezzo di questo prodotto è lievitato a dismisura, ma se il prezzo del petrolio dovesse arrestarsi a 60$ a barile chi ha emesso sul mercato delle high yeld, volgarmente detto debito spazzatura, incorrerebbe in un alto rischio di insolvenza degli emittenti, e gli strateghi della finanza sono già nella fase in cui stanno vendendo tutto quello che possono a scapito dei soliti noti. David Kurtz, Global head di AllianceBernstein dice: ho la sensazione che siamo sul punto di avere cattive notizie e che vedremo le cose andare ancora peggio prima di migliorare.

Non da meno sono i dati ipotizzati per l’Italia dalla Sace. Si considera che l’Export italiano nel biennio 2014-2015 le perdite derivanti dalle sanzioni sfiorerebbero 1 miliado di euro e circa il 50% deriverebbero dal settore della meccanica strutturale. Intanto l’attività economica russa registra un -2.2%, il tenore di vita del popolo sta già subendo un forte arresto a causa del drastico calo di investimenti , dei consumi e della trasmissione dell’instabilità alla valuta locale. Aumenterà drasticamente a breve termine il numero dei poveri, i consumatori limiteranno l’uso dei beni e servizi non indispensabili, si registra già un calo dei salari reali, cresce il ritardo sulla restituzione del prestito da parte della popolazione, aumenta il credito insoluto e si percepisce il peggioramento delle condizioni finanziarie, la diminuzione del reddito, la perdita dei posti di lavoro. Ma i Russi hanno la loro moneta interna, il rublo, e grande fiducia in questa moneta nazionale, componente importante nel processo di stabilizzazione dell’economia.

E noi Italiani che abbiamo già subito la catastrofe economica sopra prospettata per il popolo russo , che crediamo in questo meraviglioso progetto che è l’Europa e che siamo condizionati da eventi economici- politici e finanziari esterni che turbano la nostra solidità e la nostra unione, riusciremo ad uscirne limitandone i danni?

Simona Agostini

L'Autore

1 commento

  1. I russi se la passano piuttosto bene, tra surplus di bilancio e debito pubblico inesistente. Semplicemente hanno rinunciato ad alcuni prodotti stranieri seguendo la linea della debolezza monetaria: si chiama svalutazione competitiva. Ha funzionato. Non hanno problemi di bilancio, e non hanno problemi di indebitamento. Faranno a meno del nostro parmigiano e delle nostre pere.

    Il problema è tutto nostro, siamo nei guai. Stiamo perdendo relazioni economiche importanti, lo facciamo senza scopo apparente. Se questa è la politica estera targata Ue, ne devo arguire che è bene che non esista mai una politica estera comune.

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