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Gianni Rodari

Merkel si che sta serena, Renzi no

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La manovra correttiva non ci sarà. Lo ha detto e ripetuto Matteo Renzi. Ma Matteo Renzi, si sa, può cambiare idea e ama i colpi di scena. Non ci sarà soltanto perché Bruxelles, anzi la signora Angela Merkel ha deciso così. Come ha deciso che non si cederà sulla flessibilità, né sulla riduzione dei saldi. I parametri europei insomma non saranno ritoccati. Non se ne parla proprio. La Germania non lo permetterà: non ha paura del calo del suo Pil, che a fine semestre è stato dello 0,2%, più del previsto, e non ha paura dell’immobilismo degli indicatori economici francesi.

Berlino continua a credere nell’austerity e non farà passi indietro

Berlino continua saldamente a credere nella politica di austerity e non farà passi indietro. Anzi. Trattative in corso? Non su questi temi, che sono fuori discussione. Ma piuttosto su come evitare al “matador” italiano un massacro che in molti vorrebbero sia in Europa che a Roma e che sarebbe inevitabile con una manovra a settembre. I motivi della generosità di Berlino? Non la stravittoria di Renzi alle Europee, né la presidenza di turno italiana della Ue. La Germania teme che una defaillance politica del leader del Pd italiano possa provocare una nuova impennata anti-europeista, ma soprattutto gettare panico sui mercati, trascinando il resto con sé.

Italy too big to fail and too big to save. Ma se va giù va giù l’euro

L’Italia fa tremare i polsi a tutti. Terrorizza non poco la Ue il fatto che la terza più grande economia dell’eurozona “si stia assottigliando giorno dopo giorno, con un prodotto interno lordo pro-capite che è inferiore al 1999 quando entrò in circolazione l’euro, con un tasso di disoccupazione in crescita”, un debito pubblico – posseduto per un terzo da investitori internazionali – che è salito al 134% del prodotto interno lordo (il più pesante dopo la Grecia) e con interessi passivi che nel 2015 raggiungeranno i 100 miliardi.

E’ vero quello che scrive l’Economist: “Italy is too big to fail and too big to save”. Se va giù, va giù l’euro. Per questo il premier italiano deve essere salvato. Non c’è altra soluzione. E’ per questo che la manovra non si farà ma non si faranno sconti e si andrà invece incontro al deadline della Legge di stabilità con tagli, tagli, tagli e riforme strutturali, che per l’Europa sono più importanti di quelle costituzionali.

Un futuro di lacrime e sangue ma alla Renzi non alla Cottarelli. Gutgeld a lavoro

Altro che riduzione delle tasse. Solo lacrime e sangue, ma alla Matteo #Renzi non certo alla Carlo Cottarelli. L’uomo, che il premier ha sempre giudicato “troppo teorico” e “impopolare”, al quale il governo Letta  affidò l’ingrato compito di fare Spending Review è stato di fatto già sostituito con Itzhak Yoram Gutgeld, politico ed economista israeliano naturalizzato italiano, deputato del Pd e consigliere economico fin dalla prima ora del presidente del Consiglio. Un liberista dal volto umano, che dovrà abbassare di almeno 7 punti sul pil una spesa pubblica che si accinge a superare gli 825 miliardi, il 7,8% in più del 2013.

La dieta è pronta

Cosa andrà a toccare il nuovo “amministratore di casa” nell’immediato? Non la Sanità,  né le Forze dell’Ordine, né l’art. 18. Almeno per ora. Farà pesantemente calare la scure, ma userà i guanti di velluto della demagogia. Toccherà le  pensioni ma quelle d’oro e procederà a introdurne il ricalcolo. E poi? Poi farà le privatizzazioni, da Poste ad Enav. Metterà a dieta l’elefante burocratico, rottamando centinaia di poltrone inutili e troppo costose. Poi eliminerà enti inutili e cloni di enti inutili: nel mirino ci sono già Motorizzazione, Automobil Club e Registro Automobilistico, che sono l’uno la fotocopia dell’altro e il cui accorpamento produrrebbero un risparmio immediato di 200 milioni di euro. E ancora, c’è la scuola. Renzi parla di riforma. E chissà se si riferisce anche al progetto già bello e pronto per delegare ad associazioni religiose, come la Caritas, e alle onlus, ben foraggiate dallo stato, la cura e l’educazione dei bambini disabili presenti nelle classi, cosa che consentirebbe di mettere a regime – far lavorare-  i 100 mila insegnanti (oltre il 10% del totale), che attualmente sono preposti a questo ruolo.

L’inflazione più vicina al 2% avvantaggia in primis la Germania

Naturalmente nei piani del premier e di Gutgeld c’è anche la lotta all’evasione fiscale – presto si dovranno giustificare prelievi e versamenti anche minimi – e ci saranno nuovi inevitabili balzelli, si parla già della fusione di Imu e Tarsu. Ma soprattutto, e questo è già stato preannunciato in una inedita e improvvisate cerimonia del ventaglio a Palazzo Chigi nelle scorse settimane, Renzi e la sua squadra cercheranno di rimettere in moto i cantieri, dall’ambiente alle infrastrutture, lottando con ogni mezzo contro i casi di “stato di inerzia” e gli stop procedurali. Il pacchetto di interventi  approderà in Consiglio dei ministri già  a fine mese e si spera possa far muovere almeno 30 miliardi  di euro con effetti benefici anche sull’occupazione e sulle bollette.

Alternative a tutto questo? Non ce ne sono. Sogna chi spera in un allentamento della pressione fiscale e nell’agognata flessibilità da parte dell’Europa. Mario Draghi e la Bce cosa possono fare? Magari portare l’inflazione il più vicino possibile al 2% come chiede il nostro ministro del Tesoro Piercarlo Padoan. Ma chi se ne avvantaggerebbe di più se non la signora Merkel?

di Velia Iacovino

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