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Alan Kay

Moro a teatro per dire basta a un’Italia di inciuci e clientele

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“Esiste un’Italia diversa che non vuole più inciuci, clientele e massacanaglierie”: Ulderico Pesce autore e attore di grande impegno civile non è certo il tipo che usa mezzi termini. Nella vita come sulla scena, dove da mesi porta lo spettacolo “Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia”, tratto dal libro di Ferdinando Imposimato, giudice istruttore del Caso Moro ( oggi candidato del M5s alla Presidenza della Repubblica) che ha collaborato alla drammaturgia. Visto al Teatro Lo spazio di Roma, con tanto di dibattito finale, lo spettacolo sta girando in tutta Italia e tornerà nella Capitale ad aprile al teatro Tor bella Monaca. Nel libro Imposimato raccoglie molti elementi di novità e testimonianze, ricostruisce i legami con Cia e Kgb e rivela di aver sottovalutato la trattativa, avviata dai socialisti, per far rilasciare il politico rapito, in nome della strategia della fermezza professata dagli altri. Dal canto suo Pesce non è un teatrante qualsiasi, con il suo spettacolo “L’innaffiatore del cervello di Passanante: l’anarchico che cercò di uccidere Umberto I di Savoia”, e la relativa raccolta di firme, ha fatto sì che i resti di Passannante, per quasi un secolo al museo del crimine di Roma, fossero finalmente sepolti nel suo paese natale. Per dire che tra i due non poteva non scoccare la scintilla.

Come è iniziata la collaborazione con Imposimato?

I-55-giorni-Aldo-Moro

Ferdinando Imposimato

E’ stata del tutto casuale. Sua figlia, che è giudice anche lei, segue spesso i miei spettacoli e un giorno ha portato con sé il padre il quale mi ha regalato il libro. Lo leggo e capisco che si tratta di un fatto storico, la morte di Moro, che avevo sottovalutato, dalle conseguenze molto forti: da quel momento si bloccano gli elementi positivi del paese come meritocrazia e trasparenza. Determinante per lo schifo che viviamo oggi.

Di lì inizia la collaborazione

All’inizio Imposimato mi portava in giro alle presentazioni, lui parlava e io leggevo. La famiglia di Imposimato è stata distrutta da questa storia, il fratello è stato ammazzato ( Franco, morto in agguato camorrista nel 1983, ndr) e gli hanno tolto il processo. Lui però continua a fare scoperte; in questo libro, infatti, ci sono molti elementi nuovi rispetto a quello che aveva scritto in passato “Doveva morire”.

E così decide di portarlo in scena

La prima cosa che ho fatto è stata andare a trovare le famiglie della scorta assassinata. E ho scoperto delle cose interessanti, per esempio Francesco Zizzi veniva da Fasano ed era diventato da poco poliziotto ma voleva fare il cantante, adorava Modugno, quel giorno si trovava lì perché sostituì all’improvviso una persona della scorta.

E, infatti, lo spettacolo parte proprio dai familiari della scorta, come Ciro Iozzino e Adriana Zizzi, fratello e sorella di due delle vittime. Del resto è una sua peculiarità colpire emozionalmente lo spettatore.

Vede il teatro è strutturato più sulle emozioni che sui contenuti, ha bisogno di personaggi, emozioni, vite, piccole cose. Anche se racconti tutti i fatti devi partire dai personaggi, in questo caso la scorta. La cifra che mi contraddistingue è che a me piace il contenuto ma non l’orazione del teatro civile, a me piace il personaggio, i conflitti. Si pensi alla drammaturgia greca che per raccontare lo scarto tra leggi scritte e non scritte ha creato personaggi molto forti. Ecco, ci sono dei codici teatrali da rispettare, in questo sono antiquato.

Parliamo dei contenuti dello spettacolo

Sono convinto che sia stato lo Stato a uccidere Moro. Elementi nuovi arrivano ogni giorno come il fatto che ora stanno indagando sulle dichiarazioni di Pieznick ( l’assistente di Kissinger che ha dichiarato di aver indirizzato e gestito i rapporti dello Stato italiano con le br in quell’occasione, ndr); anche per questo sul mio sito è pubblicata una petizione che chiede la desecretazione degli atti pubblici relativi al caso Moro.

Come si scrive uno spettacolo del genere?

Aldo Moro

Aldo Moro

Una cosa è raccontare le indagini, una cosa è fare uno spettacolo e quindi far vedere il dolore, l’indignazione, creare una reazione emotiva, come avviene nel teatro russo. Un’immagine che secondo me racconta bene riguarda Raffaele Iozzino, unico membro della scorta che prima di morire riuscì a sparare due colpi di pistola contro i terroristi. Iozzino era di Casola di Napoli e proveniva da una famiglia di contadini. Alla cresima aveva avuto in regalo dal fratello Ciro un orologio con il cinturino in metallo; è proprio da quell’orologio che Ciro, quella mattina del 16 marzo, guardando la televisione lo riconosce: un braccio che spunta da un lenzuolo bianco, sul braccio l’orologio della Cresima. Questo dolore lo spinge a rintracciare il giudice Imposimato, titolare del processo, al quale chiede di sapere la verità. Ma questo è un testo che si evolve quotidianamente, lo sto aggiornando proprio oggi.

Cosa aggiunge?

Be’ Gero Grassi, componente della commissione di inchiesta sul caso Moro, è venuto a vedere lo spettacolo e mi ha parlato nel dettaglio delle macchine parcheggiate in via Fani che impedirono a quella di Moro di scappare. In particolare c’erano una Austin, una mini minor e una Morris, le ultime due appartenevano ai servizi segreti.

Come viene accolto lo spettacolo?

Molto bene, le persone si sentono coinvolte. Certo c’è sempre qualcuno a cui non piace ma anche in questo caso a chi guarda rimane la storia che viene raccontata. Arrivano moltissimi ragazzi. Pensi che sono in scena a Milano e qui è venuto un gruppo di ragazzi da Lecco. Incredibile, sono venuti da lì per vedere uno spettacolo su Moro! Poi si fermano, parlano, mi chiedono l’amicizia su Facebook, qualcuno mi scambia per il fratello del morto.

Scambiano la finzione per realtà? Una bella soddisfazione per un attore

Mica tanto, si capisce che non sono mai stati a teatro.

Perché un teatro di impegno civile?

Per favore lo scriva proprio così: io so che esiste un’altra Italia, un’Italia che si è rotta le palle e vuole meritocrazia, trasparenza. Non più clientele, inciuci e massa canaglierie.

Laura Landolfi

L'Autore

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