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Milan Kundera

Mari puliti. In arrivo nuove regole

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Nuove regole in arrivo contro l’inquinamento dei mari. A partire dal primo gennaio 2015 il limite di zolfo (Sox) per le navi che transitano nel Mare del Nord – due tra i mari più trafficati al mondo –scenderà allo 0,5% per millilitro (attualmente è al 3,5%). È L’Emission Control Areas (Ecas), una restrizione enorme per l’industria marittima e gli armatori, che se da un lato sono impegnati a mettersi in regola con grossi investimenti in nuovi motori o nuove navi, dall’altro stanno cercando in tutti i modi, e questi prossimi sei mesi saranno decisivi, di ottenere se non delle proroghe per lo meno un certo grado di tolleranza. “Informazioni Marittime”, il giornale online del Bollettino Avvisatore Marittimo, ha intervistato Koji Sekimizu, il segretario dell’International Maritime Organization (Imo) organismo che potremmo definire le Nazioni Unite del Mare, l’uomo che, dopo aver gestito l’emergenza pirateria in Somalia, ora è impegnato su questo nuovo fronte caldo legato a interessi economici e ambientali. Ospitiamo la videointervista a firma di Paolo Bosso e Renato Imbruglia sul nostro giornale. Eccone una sintesi.

Contrariamente agli ossidi di zolfo, il compromesso sulle emissioni di ossidi di azoto (Nox) durante l’ultimo Maritime Environment Protection Committee (Mepc) ha rinviato il rispetto dei limiti più stringenti in alcune aree per questo tipo di gas. Visto il valore che l’Imo ripone nella diffusione dell’Ecas, possiamo considerarla una battuta di arresto?
koji-sekimizuL’Imo è il legislatore mondiale della navigazione e quando stabiliamo un obiettivo io credo sia giusto seguirlo. Ha sollevato un punto molto importante per noi: ridurre l’inquinamento ambientale, in particolare quello della propulsione navale. Nel 2008 l’Imo ha creato il Nox technical code con il quale abbiamo deciso di aumentare progressivamente il livello di controllo sulle emissioni. Il tier III è già stato adottato insieme alle Ecas dall’inizio del 2016. Nell’ultimo Mepc si è dibattuto proprio su questo e alla fine si è deciso di seguire questa pianificazione. I nuovi requisiti per tier III saranno implementati, come previsto, da gennaio 2016 sia nelle Ecas già stabilite che in quelle future. Quella del Mepc di seguire il piano e gli obiettivi già stabiliti è una decisione molto importante.
Quando ci sarà un Ecas-Nox anche per Mar Baltico, Mare del Nord e Mar Mediterraneo?
È un elemento su cui i governi interessati devono discutere. Al momento non abbiamo ricevuto nessuna proposta concreta ma sono sicuro che ogni stato interessato considererà l’importanza di controllare le emissioni e allo stesso tempo l’impatto che questo ha sull’industria dello shipping. L’Imo ne discuterà quando avrà ricevuto proposte per la creazione di nuove Ecas, che possono includere il Mar Baltico o altre aree.
Lei ha sempre sottolineato l’importanza dell’entrata in vigore della Ballast Water Convention (Bwc), che impegna un maggior filtraggio delle acque si zavorra. Poche settimane fa Giappone e Turchia hanno avviato il processo di ratifica della convenzione, facendo salire la flotta dei paesi firmatari al 32%. Quando sarà raggiunta la soglia necessaria, 35%, per renderla operativa?
In realtà ad oggi la quota non è al 32% ma al 30%, serve quindi un altro 5%. La convenzione è molto importante e l’industria dello shipping deve prendere in considerazione nuove misure per controllare le acque di zavorra. Crediamo che la tecnologia attualmente usata vada bene, non sarà perfetta al 100%, ma il nostro obiettivo è quello di dirigerci verso l’adozione di nuove misure, sapendo che abbiamo già a disposizione determinate tecnologie, nonché le migliori attrezzature tecniche. L’armamento mondiale si sta espandendo molto, entro il 2020 la capacità della flotta mondiale sarà raddoppiata, un trend che implica il controllo e la salvaguardia delle specie marine. È da dieci anni, dal 2004, che l’Imo si impegna a mettere in atto la Bwc. Il mio auspicio è che quanto prima la convenzione entri in vigore. In base alle informazioni che ho avuto recentemente, ho ottime notizie da diversi membri Imo, in particolare da Giappone e Turchia, che potrebbero sottoscrivere la convenzione entro quest’anno, notizia incoraggianti arrivano dall’Argentina e dall’Italia. Sommando il tonnellaggio di questi quattro paesi il totale sarebbe 34.2%. Sono ottimista. Credo che le condizioni per l’entrata in vigore della convenzione saranno soddisfatte prima della fine del 2015, per entrare in vigore all’inizio del 2016.
E le frizioni delle lobby?
Non credo che le industrie avranno da obiettare. Certo, dovranno fare degli investimenti, quindi è importante stabilire principi generali su come adottare la Bwc, per esempio nei confronti delle attrezzature già installate. Il prossimo Mepc di ottobre discuterà proprio di questo, mi auguro che sarà l’occasione per stabilire buone iniziative. Poi, quando avremo deciso, i governi le adotteranno.
La pirateria è definita dallo United Nation Convention on Law Of the Sea (Unclos, art. 101) quale “ogni atto di violenza, detenzione e depredazione commesso per fini privati contro un equipaggio di una nave”. Lei crede che potrebbe essere utile ridefinire il termine “pirateria”, tenendo conto che, soprattutto nell’Africa Occidentale, molti attacchi alle navi non sono classificati come attacchi pirata ma “furti di bordo”, in quanto avvengono nelle acque territoriali?
Credo che un cambiamento della definizione del termine “pirateria” non darebbe risultati positivi. La Unclos ha specificato chiaramente la definizione di pirati, pirateria e furti di bordo. Io non penso che sia utile combinare i due concetti in uno, né espandere il concetto di pirateria per estenderlo ai furti di bordo. La cosa importante è rispondere subito e prontamente agli attacchi, assicurandosi la cooperazione con i paesi coinvolti. Il Djibouti Code of Conduct e i successi registrati in Somalia rappresentano degli ottimi esempi. È su queste basi che cerchiamo di implementare le misure anti-pirateria nell’Africa occidentale.
A proposito dell’Africa occidentale. Qui la pirateria cresce, ma si tratta di una minaccia ben diversa da quella dell’Africa orientale. L’adozione del Code of Conduct a Youndé, firmata in Camerum nel 2013, auspica una migliore collaborazione tra gli stati interessati e le organizzazioni internazionali. Qual è la strategia Imo nel golfo di Guinea?
È vero che pirateria dell’Africa occidentale è diversa da quella che abbiamo visto nell’Oceano Indiano e sulle costa della Somalia. La verità è che dobbiamo applicare nuove strategie. Apprezziamo molto l’approccio propositivo dei paesi dell’Africa Occidentale che hanno siglato a Younde il Code of Conduct. Per supportare i paesi della zona l’Imo ha creato il Trust Fund, e con le donazioni di Cina, Regno Unito e Giappone abbiamo già stabilito delle strategie generali. Il punto chiave è mantenere la buona cooperazione con e tra i paesi africani. Per farlo, sosterremo qualsiasi attività che ambisca a ridurre le attività illecite di pirateria e i furti armati a bordo.
Tra le priorità dell’Italia illustrate dal primo ministro Matteo Renzi per il semestre di presidenza Ue c’è la gestione dell’emergenza immigrazione nel Mediterraneo. La questione coinvolge le convenzioni dell’Imo Safety of Life at Sea (Solas) e Search and Rescue (Sar). Possiamo aspettarci nei prossimi mesi una collaborazione da parte dell’Imo sul trasporto illegale dei migranti?
C’è un numero considerevole di migranti che attraversa il Mediterraneo su piccole navi, con spesso centinaia di persone a bordo. Ma l’Imo, come agenzia Onu, non può coprire tutti gli aspetti di questo fenomeno, non può affrontare tutte le sfaccettature della migrazione via mare, ma certo l’Onu deve farlo, e l’Imo vi fa parte. Attualmente sto considerando i poteri del segretariato Imo per supportare le azioni dell’Onu. Abbiamo già avviato dei lavori per affrontare il tema del recupero di persone in mare e  credo che la guardia costiera italiana abbia mostrato chiaramente le sua capacità. Anche l’industria dello shipping deve collaborare. In ogni caso, credo che sia tempo di pensare veramente a come prevenire queste traversate su piccole imbarcazioni senza nessuno standard di sicurezza. Questo però va oltre i limiti dell’Imo anche se, ripeto, in quanto agenzia Onu continueremo a dare il nostro contributo, coordinandoci con i paesi europei.
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