La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Province addio o no? Costituzionalista aiutaci tu

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Sui media la notizia è stata accennata: il 28 settembre sono stati eletti i consiglieri e presidenti di 64 province e 8 consigli metropolitani e altre realtà saranno coinvolte il 12 ottobre. Ma non erano state abolite le province? Non esattamente. E chi li ha votati questi presidenti e i consiglieri? Non più i cittadini, sostituiti per la prima volta dagli amministratori locali. Al via, insomma, sono andate le cosiddette elezioni di secondo grado che sono solo una delle novità introdotte dalla legge Delrio  – che prevede il riordino delle vecchie province – in vigore dallo scorso aprile. Queste ora diventano “enti territoriali di vasta area” e dal 1° gennaio 2015 vedremo un assetto istituzionale degli enti locali completamente rinnovato. Non assisteremo, però, a un risparmio sui costi ma a una razionalizzazione delle strutture. E più di un dubbio di costituzionalità giunge dalla scelta della stessa elezione di secondo grado. Queste le conclusioni di Felice Giuffrè, docente di Diritto costituzionale presso l’Università di Catania, intervistato da Futuro Quotidiano per fare il punto su come si sta evolvendo la nostra struttura territoriale.

Professore, cosa sta cambiando in Italia e che fine hanno fatto le vecchie province?

Quello che è cambiato è il modello di articolazione degli enti di vasta area, cioè quegli enti che amministrano territori che sono a metà tra comune e regione, essenziali per la fornitura di servizi per i cittadini.

In questi giorni stiamo assistendo in tutto il Paese, quasi sotto traccia, all’elezione di consiglieri e presidenti provinciali e metropolitani senza più l’intervento dei cittadini. E’ giusta secondo lei la scelta di un’elezione di secondo grado e non più diretta?

Io non dico se sia giusta o meno la decisione di non fare eleggere più dai cittadini questi consiglieri provinciali e metropolitani. Penso però che alla base di questa elezione di secondo grado ci sia un problema di dubbia costituzionalità.  La legge Delrio avviene a riforma invariata. Si è cioè invertito il processo di riforma perché si dovrebbe partire dalla Costituzione, da una riforma in questo caso dell’articolo 114, dove sono indicati quali sono gli enti territoriali che compongono l’ordinamento complessivo della Repubblica, e poi in un secondo momento attuare le varie riforme costituzionali con una legge ordinaria.  Quando uno di questi enti viene modificato, prevedendo un’elezione di secondo grado e quindi escludendo i cittadini da una partecipazione diretta alla scelta dei propri amministratori, secondo me si crea un problema di compatibilità costituzionale. Oggi inoltre pochissimi sanno cosa sta accadendo. Sarebbe stato giusto dare una maggiore informazione ai cittadini del processo in atto anche perché le province residuali e le città metropolitane svolgeranno un ruolo essenziale nell’organizzazione di alcune funzioni e servizi pubblici.

felice giuffrè

Felice Giuffrè, docente di Diritto costituzionale all’Università di Catania

E’ un bene o un male per il nostro paese la nuova articolazione territoriale prevista dalla legge Delrio?

Sicuramente gli enti in questione andavano ridefiniti. Era importante fare un intervento di razionalizzazione di questo tipo di strutture e quindi sotto tale profilo è stato indispensabile intervenire. Ci sono tutta una serie di servizi pubblici che non potevano più essere gestiti dal comune o dalla vecchia provincia, come quello idrico o di raccolta e smaltimento dei rifiuti, la gestione di alcune aree o dei trasporti tra le grandi città e le aree urbanizzate che si trovano intorno. Tutti servizi che devono essere gestiti in maniera adeguata, da enti che abbiano la possibilità e le competenze per intervenire e per ottimizzare la loro erogazione. La vecchia articolazione non era più adeguata. La legge Delrio costituirà quindi un passo in avanti in questo campo.

Quali sono i cambiamenti principali che dobbiamo aspettarci?

Il cambiamento essenziale che vedremo nelle città metropolitane sarà principalmente la sperimentazione di un modello di integrazione tra vecchi comuni e le città al fine di consentire una gestione di questi più organica. L’introduzione delle città metropolitane comporterà poi una differenziazione tra le diverse aree del territorio nazionale perché il legislatore ha previsto la possibilità di creare una struttura flessibile per la gestione di queste competenze con accordi tra la stessa città e i comuni che la compongono. Un assetto quindi diversificato che vale ad assicurare una maggiore partecipazione dei cittadini, o almeno così dovrebbe essere, nella gestione della cosa pubblica.

Un altro cambiamento riguarderà la condizione dei consiglieri. Niente più elezione diretta, niente più indennità e una riduzione del loro numero. Sono queste le principali novità?

I consigli delle città metropolitane e province sono consigli di secondo grado. Che significa? Che i primi saranno presieduti da un sindaco metropolitano, eletto dai sindaci e consiglieri dei comuni che fanno parte di quell’area urbana. Gli statuti, che dovranno essere approvati dalle città in questione, potranno però prevedere anche un’elezione diretta del sindaco metropolitano, cioè da parte dei cittadini. Una scelta questa che dipenderà dalle singole città sulla base di una legge elettorale approvata dal Parlamento nazionale. Per il resto ci sarà un consiglio metropolitano che farà le veci del vecchio consiglio provinciale, con un numero di componenti variabile a seconda della popolazione delle varie aree cittadine. Ventiquattro sarà il numero massimo dei componenti che non percepiranno indennità perché eletti fra consiglieri e sindaci della zona metropolitana in questione.

Da quando entreranno definitivamente in vigore questi cambiamenti?

Dal 1 gennaio del 2015 assisteremo a tale cambiamento e se le città metropolitane non dovessero procedere ad approvare gli statuti è previsto che queste vengano regolate, in quanto compatibile, dallo statuto della vecchia provincia. E’ ammesso poi un potere sostitutivo dello stato nel caso in cui ci dovesse essere un ulteriore ritardo di 180 giorni nell’approvazione di tale statuto.

Perché secondo lei il governo ha avvertito il bisogno di ridisegnare l’asse territoriale dell’Italia e potrebbe questo contribuire al risanamento della crisi economica che il nostro paese sta attraversando?

Il nuovo assetto dovrebbe portare a una razionalizzazione delle funzioni esercitate dagli enti di vasta area. Con tale cambiamento ovviamente si auspica anche un risparmio di spese. Penso però che non sia una questione di contenimento dei costi perché l’impatto complessivo non è certo quello che consente di risolvere i problemi finanziari ed economici del nostro paese.  Così come non vedrei un risparmio nella mancata indennità ai consiglieri o ai sindaci. Il vero risparmio si avrà nella misura in cui quelle funzioni fondamentali, attribuite alle città metropolitane, in materia ad esempio di servizi pubblici o di promozione dello sviluppo locale, saranno esercitate in maniera razionale, coordinando aree che in questo momento non possono essere coordinate perché l’organizzazione delle competenze dei singoli comuni e province non lo consente.

Sara Pizzei

L'Autore

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