Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Social network e anticonformismo compulsivo

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Consapevoli che il mutamento sociale abbia come sua componente lo spontaneo aggregarsi, integrarsi di emozioni/umori (oppure deliri), pensieri/ideali collettivi, a chi osserva i cambiamenti, nell’analisi dei fenomeni culturali e sociali del nostro tempo, risalta che il non-luogo dei social network alimenta, spesso, atteggiamenti antisociali/depressivi che nella vita reale già sono, o purtroppo diventano, (gravemente?) patologici. Diverse infatti sono le forme di addiction, tutte più o meno preoccupanti, latenti o riconosciute, che su internet trovano la loro giusta definizione: la dipendenza cibersessuale, la dipendenza ciber – relazionale, il net gaming, il sovraccarico cognitivo. E però, al di là delle difficoltà emotive, relazionali, sessuali, strutturali, che sono individuali, e che attraverso la rete trovano un altro modo per “esprimersi” (e/o per aggravarsi), c’è poi un comportamento ancora più diffuso che, apparentemente ascrivibile a un atteggiamento di tipo culturale/politico condiviso, trova nell’anticonformismo impulsivo/compulsivo di ognuno una modalità aggressiva stavolta più aggregata e più violenta (disperata) di radicalismo reazionario comune. Una forza fuori misura, e a volte fuori contesto, che, seppure virtuale (e apparentemente contro-culturale e/o sotto-culturale) è il risultato, o il risvolto, di un radicalismo di maggioranze violente e occulte (nella misura in cui non possono essere controllate), e che si confermano come del tutto integraliste, con decisive ripercussioni preoccupanti, o radici inedite, nella realtà e nei processi di vittimizzazione/criminalizzazione.

Social network

Radicalismo reazionario

Questo radicalismo reazionario ha una sua modalità comunicazionale (spesso ideologica) polarizzante, del conflitto a tutti i costi, con la provocazione come metodo e l’insulto come risultato. Tanto, specie se ti trovi nascosto in gruppi virtuali sui social, poi non sei così reperibile, e assai di frequente neanche identificabile, puoi gestire i commenti ai tuoi post cassandoli velocemente, mentre le tue affermazioni subdole o violente possono rimanere stigmatizzanti e lapidarie a lungo, quanto vuoi, armi improprie per impropri illeciti, e che perciò con molta difficoltà verranno sanzionati. L’unico strumento ammesso, anche a condotte verbali riprovevoli, è di gradimento, è il “mi piace”. La politica del consenso passa anche da qui.Queste modalità comunicazionali/virtuali di gruppo portano purtroppo, non di rado, a fenomeni che non restano certo solo virtuali di vittimizzazione. Pensiamo alle battaglie mediatiche contro gli islamici, o pensiamo solo a come vengono etichettati gli “zingari”. Ma allo stesso modo violente sono quelle “battaglie” a tutti i costi antagoniste, e che cioè usano lo stesso metodo contro i preti, le suore incinta e le forze dell’ordine. Del tipo: sono tutti fascisti e pedofili, ladri, zoccole e assassini, e noi altri invece atei e anarchici, liberali, laici. Progressisti.

Facebook, la più bella invenzione mediatica di tutti i tempi

Essere di parte nelle discussioni, anche mediatiche, non solo è onesto intellettualmente, ma è funzionale a ogni confronto intelligente, mentre avere una posizione cieca e ottusa, da clan o da tifoso, per di più dove il mittente di certe missive è il fake di un personaggio mediatico, in uno spazio senza confini e senza tempo, dove l’altro può essere annientato solo come obiettivo ideologico nella sua identità, oltraggiato e pubblicamente ingiuriato, diventa oltremodo performante della violenza e del branco, per come poi si manifesterà purtroppo anche nel mondo reale. Anzi, con una efficacia e crudeltà che non di rado saranno esponenziali. Vittime e carnefici, insomma, trovano su internet la loro causa precipitante. Lungi dal voler assumere messaggi allarmistici e/o ugualmente distorsivi, anche solo sul piano di una comunicazione faziosa e/o intellettualmente dogmatica, a fronte di tali pericoli descritti dobbiamo onestamente ammettere che Facebook è una delle più belle invenzioni mediatiche di tutti i tempi, proprio perché è un campo di relazioni, e un generatore ardente e vitale del mutamento sociale. E ciò naturalmente a prescindere che il mutamento sia positivo o negativo. Questo dipende da noi (e non sembri qualunquistico!), perché, per chi crede nelle trasformazioni spontanee e/o situazionali/relazionali, un non-luogo come questo, senza pareti né pavimento, è un buon “luogo” alla fine dove partecipare e orizzontalizzare ogni confronto, cioè senza troppe strutture comunicazionali formali forzate. E tuttavia in questo non-luogo più facilmente e meglio funzionano gli “orientamenti”, le caratterizzazioni più forti, gli atteggiamenti più oppositivi.

Desiderabilità sociale

Social networkOra, se partiamo dal presupposto che spesso i soggetti hanno la necessità di sperimentare una loro “desiderabilità sociale” con lo scopo, anzi proprio con il “bisogno” psicologico, di mettersi sempre in buona luce rispetto agli altri, e se nella vita quotidiana di tutti noi questo esercizio risulta davvero molto difficile e con non pochi conseguenziali ridimensionamenti della propria personalità e relative frustrazioni, sul web invece, attraverso quel nostro profilo del tutto verosimile, eppure finto, di come vorremmo essere, spesso usato come la maschera di una corrispondente inabilità o disagio, riusciamo meglio a imporre il nostro stile, che dovrà essere perciò auspicabilmente “vincente” (ma anche fanaticamente perdente!).C’è quindi dietro la costruzione/modificazione intermittente del nostro profilo quella lentezza ideativa che dimostriamo nella realtà, spesso coperta da ossessioni, e ciò per trovare a tutti i costi un modo migliore per dire se stessi, con più effetto. Comodo, immediato, avanzato quello “oppositivo”. Se mi esprimo come oppositivo avrò di certo più follower e attenzione che se invece seguo una modalità conciliativa e ragionativa, perché polarizzo. È in questo modo che facebook facilita modalità comportamentali compulsive-reattive. Se poi ci aggiungiamo quelle problematiche individuali di cui all’inizio, relative alla valutazione del concetto di “sé”, e agli intimi bisogni di riuscita, di esibizione, di deferenza, di dominanza, capiamo bene che gli atteggiamenti verso se stessi, e verso gli altri, su un piano ideografico, cioè sul piano dei simboli usati in un ambiente simbolico com’è quello virtuale, e insieme gli stili emotivi e i vissuti, più o meno drammatici di tutti, questi polarizzatori contribuiranno a rendere questo “altrove” un universo di dinamiche sempre più complesse e che sarà sempre più difficile distinguere o anche solo decodificare.

Il suggerimento

Il suggerimento è perciò di non trascurare gli aspetti fenomenologici di internet, e come attraverso internet l’individuo percepisce se stesso e il mondo che lo circonda, gli elementi socio-psicologici e spazio-temporali che lo influenzano e lo determinano ad agire nella sua vita relazionale reale, per concentrarsi con più attenzione proprio sui caratteri dell’introversione e della disposizione “reazionaria” di Teofrasto (opposizione per principio a ogni forma di rinnovamento, politico, sociale e di impegno civile), pena la perdita di significato sostanziale di principi condivisi e loro trasformazione in parole vuote, slogan, luoghi comuni.

Chiara Merlo

L'Autore

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