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Gianni Rodari

Tunisi, un mercoledì di terrore. L’incubo del museo del Bardo

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Tunisi, un tranquillo mercoledì di paura. La città, continuamente meta dei turisti e finora senza grandi segnali di essere sotto il tiro del terrorismo islamico, è stata insanguinata da un terribile attentato, che è costato la vita, secondo i più recenti aggiornamenti, a 22 persone, tra turisti e tunisini che si trovavano, nella tarda mattinata, nel famoso Museo del Bardo, meta prediletta dei flussi turistici. Il Museo si trova nelle vicinanze del Parlamento, dove si stava votando la nuova legge anti-terrorismo, un provvedimento reso necessario anche per i possibili sconfinamenti in Tunisia dalla limitrofa Libia. L’originario obiettivo dell’attacco pare fosse proprio il Parlamento, quasi una sfida e un messaggio sotteso in quest’attacco a sorpresa. “A sorpresa, ma non tanto – sottolinea il professor Ezzedine Aneya, docente di letteratura e lingua araba all’Università La Sapienza di Roma, raggiunto telefonicamente da Futuro Quotidiano – La Tunisia fa parte del mondo arabo e ciò che in esso avviene si riflette, nel bene e nel male, anche da noi.

Una democrazia ancora ai primi passi

tunisiaNel mondo arabo, d’altronde, ci troviamo di fronte ad una democrazia ancora ai primi passi, che non appartiene geneticamente alla tradizione autoctona e non è facile farla crescere in un clima che non la sente sua parte integrante.” Il professor Aneya esprime la sua preoccupazione: “Ci troviamo di fronte a sfide profonde ed il terrorismo dovrà essere affrontato con la massima decisione per sradicarlo. Penso che si tratti di un attacco simbolico, dove il Parlamento era l’obiettivo primario e il Museo quello di ripiego. In entrambi i casi, però, – aggiunge – vi era un fortissimo elemento simbolico, mirante a bloccare il processo di democratizzazione della Tunisia. Non credo che, però, i terroristi riusciranno nel loro intento, perché tale processo è già partito ed è appoggiato dal forte Governo di coalizione.” L’ISIS ha rivendicato l’attentato, ma, come avviene in questi casi, non si riesce a distinguere il reale coinvolgimento dall’impossessamento delle azioni altrui per ragioni opportunistiche. Il professor Aneya esclude ogni radice straniera: “Sono terroristi tunisini – sostiene – interessati ad impedire che si compia la completa democratizzazione della struttura statale e politica del Paese.”

Il pericolo delle cellule terroristiche

La sua opinione trova conferma anche in un video, pubblicato ieri, di un messaggio di Wannes Fékih, leader di Ansar al Sharia (non è l’omonimo libico), pericolosa cellula terroristica estremista tunisina, che si ispira alle idee più aggressive, dove c’è un incitamento alla lotta per i giovani proseliti del movimento. “Quest’attentato così grave – afferma il Professore – avviene a 13 anni di distanza dall’attentato alla sinagoga El Ghriba di Djerba, che costò la vita a 14 turisti tedeschi, 3 tunisini e due cittadini francesi. Altre 30 persone furono ferite in modo più o meno grave. Poi ci sono stati altri attentati, ma, per lo più, erano diretti contro singole autorità politiche, come il segretario del Partito dei patrioti democratici, Chokri Belaïd, ucciso nel 2013. In realtà, la coalizione di Governo è forte e, a mio avviso, riuscirà a resistere all’offensiva terrorista – conclude Ezzedine Aneya – mentre, invece, l’elemento di fragilità in Tunisia è rappresentato dalla sicurezza.”

Intanto, non è ancora definitivo e ufficiale il numero delle vittime (22, di cui 2 italiani, la cui identità non è stata ancora resa nota) e anche quello dei feriti, al momento in cui scriviamo a quota 24 persone. Nella concitazione delle notizie sembra – il condizionale è d’obbligo – che siano stati uccisi due terroristi, mentre è circolata l’immagine di un terrorista catturato.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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