Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Un click per salvare il pianeta

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pianeta simone sbaraglia ZanzibarNasce il progetto Wildscreen Exchange, dove i migliori fotografi a livello internazionale donano le loro foto con finalità sociali. Tra loro anche l’italiano Simone Sbaraglia, fotografo naturalista e vincitore di numerosi premi internazionali. Wildscreen Exchange è nato nel Regno Unito, è un progetto internazionale che si propone di creare un archivio globale di immagini da mettere a disposizione per iniziative di conservazione ambientale. L’idea è nata cercando di coinvolgere i migliori fotografi al mondo e convincerli a donare le proprie immagini per poterle inserire in un archivio consultabile da tutte le organizzazioni che si occupano della salvaguardia del pianeta, che potranno poi scegliere le immagini migliori per le loro campagne ed averle gratuitamente o ad un prezzo ridotto. L’idea di base del progetto è che la fotografia può essere un’arma molto potente, un mezzo per emozionare, coinvolgere, spingere l’osservatore a mettersi in gioco. Finora le varie organizzazioni che nel mondo si dedicano alla conservazione hanno dovuto arrangiarsi da sole per reperire immagini, spesso di bassa qualità e dunque non pienamente efficaci. Creare un archivio di alto livello significa mettere nelle mani di queste organizzazioni delle armi molto potenti. Il progetto è nella fase iniziale, è appena partito e sta raccogliendo i primi consensi. Tra i fotografi che hanno già aderito all’iniziativa anche l’italiano Simone Sbaraglia, intervistato per FUTURO QUOTIDIANO, che ha abbracciato il progetto sin dall’inizio e sta cercando di promuoverlo per coinvolgere altri fotografi, puntando ai massimi livelli.

In cosa consiste il programma Wildscreen Exchange?

Wildscreen Exchange è un progetto nato in Gran Bretagna e volto a creare un archivio globale di immagini di alta qualità a disposizione di tutte le organizzazioni che, nel mondo, si battono per la difesa dell’ambiente e la conservazione del Pianeta.

Perché ha deciso di aderire a questa iniziativa?

Credo che i fotografi abbiano una grande responsabilità: con le loro immagini possono smuovere le coscienze, emozionare e spingere il pubblico ad azioni concrete. La salvaguardia del Pianeta è per me una priorità assoluta e credo che ciascuno debba fare tutto il possibile per contribuire. Come fotografo, da molti anni mi occupo esclusivamente di animali ed ambienti ad alto rischio di estinzione, i miei articoli, le mie mostre ed i miei libri sono tutti volti a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alla meraviglia del pianeta che abitiamo ed alla necessità di proteggerlo. Wildscreen Exchange è un passo avanti in questa direzione: donando le mie foto per questa iniziativa spero di poter contribuire a campagne più efficaci a protezione dell’ambiente e spero di stimolare altri fotografi professionisti a prendere parte all’iniziativa.

La sua professione di fotografo l’ ha portata in molti luoghi della terra. Pensa sia importante documentare, oltre alle bellezze della natura, situazioni di degrado per sensibilizzare l’opinione pubblica?

Credo che sia importante comunicare innanzitutto la bellezza del Pianeta Terra, altrimenti le immagini di degrado non sono molto efficaci nello smuovere l’opinione pubblica. È necessario, a mio avviso, che l’osservatore si innamori della bellezza del Pianeta innanzi tutto. A quel punto è fondamentale comunicare il fatto che questo meraviglioso pianeta è in pericolo, ed in questo le immagini e le storie che testimoniano il degrado dell’ambiente sono fondamentali. Tuttavia non sono un fan delle campagne “terroristiche” dai toni da fine del mondo, nemmeno se si tratta di portare l’attenzione su temi così importanti. Ritengo più efficace un’immagine semplice ma emozionante ed una campagna che pacatamente evidenzi come stiamo perdendo tutta questa bellezza ed armonia.

Ora veniamo alle sue foto, che stanno raccogliendo consensi e generando premi a livello internazionale. Cosa intende trasmettere al pubblico nel momento in cui studi una scena e crei uno scatto?

Orang-Utan

Orang-Utan

Emozione. La fotografia per me è un dialogo tra fotografo ed osservatore. Come fotografo mi interessano le emozioni e sensazioni che si agitano dentro di me di fronte a determinati spettacoli naturali e sono queste emozioni che vorrei comunicare a chi guarda le mie immagini. Non credo molto in una fotografia “oggettiva” e distaccata, piuttosto desidero trasportare l’osservatore nella scena, fargli provare lo stesso stupore, fargli sentire i profumi, fargli immaginare gli odori. Non è facile farlo con un’immagine statica e bidimensionale, ma quando si riesce credo che il risultato possa essere molto efficace.

Qualche analogia con il grande Sebastião Salgado: anche lui ad un certo punto della sua vita, dopo aver fotografato orrori, morte, fame e guerre, ha rivolto il suo sguardo verso l’ambiente e si è dedicato alla fotografia naturalistica ed a riportare all’antico splendore la vasta area in cui era cresciuto, devastata dalla siccità. Può l’arte in genere, e la fotografia in particolare, sensibilizzare l’umanità su temi delicati e sociali?

Assolutamente sì. Ci sono decine di esempi illustri, principalmente nel campo della fotografia sociale. Lo stesso Salgado ha influito molto nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di vita dei minatori brasiliani, ad esempio. Le immagini di Lewis Hine hanno portato alle prime leggi contro il lavoro minorile, per non parlare dell’impatto sociale delle foto dei campi di concentramento di George Rodger o delle immagini di Eugene Smith che per la prima volta documentavano gli effetti disastrosi dell’inquinamento da mercurio. La fotografia naturalistica tuttavia è un passo indietro, a mio avviso, rispetto alla fotografia sociale. Per molto tempo si è ritenuto che la fotografia naturalistica non dovesse far altro che documentare il mondo naturale, a beneficio principalmente di studiosi e naturalisti. Io ritengo invece che sia possibile emozionare con le immagini di natura, far innamorare sempre più persone facendogli scoprire la bellezza del nostro pianeta, così spesso dimenticata, e spingerli ad indignarsi per il degrado in cui versa gran parte del pianeta.

In un mondo fatto di immagini, cosa significa ricevere importanti premi internazionali e come pensi di usare questi riconoscimenti?

Gelada Monkey

Gelada Monkey

I riconoscimenti ed i premi sono importanti ma sono un mezzo, non il fine. Nel tempo ho sviluppato un particolare rapporto con le mie immagini che mi porta a viverle con il massimo dell’amore e della passione fino al momento dello scatto, ma poi a distaccarmene e disinteressarmene quasi dopo la loro realizzazione. È come se non ne sentissi la proprietà, dopo che le ho realizzate. Le fotografie sono un po’ come dei figli, ma come i figli non sono cosa nostra, nonostante li abbiamo generati: dobbiamo lasciare che vadano in giro per il mondo senza volerli continuamente controllare e condizionare. Tornando ai premi, un padre può essere orgoglioso del successo di un figlio ma il successo è del figlio, non del padre. Per questo motivo non vivo i premi come un successo personale né tantomeno come un punto di arrivo. Se rappresentano un tributo, il tributo è più al Pianeta Terra che a me. Tuttavia senza i premi e i riconoscimenti nulla di quello che ho fatto finora sarebbe stato possibile. Non credo a chi dice di fotografare solo per sé stesso, nella stragrande maggioranza dei casi si fotografa per comunicare e si vuole raggiungere il maggior numero di persone possibile. I premi danno quella  visibilità e quel prestigio che possono essere spesi nei contatti con le riviste, con le istituzioni, con i musei, con le case editrici. Questo significa poter pubblicare di più e su riviste di maggior spessore, poter organizzare più mostre ed in luoghi più prestigiosi, poter pubblicare libri e vederli adeguatamente distribuiti. Il fine per me è comunicare al maggior numero di persone possibile la bellezza e l’armonia di questo pianeta. Per farlo ho bisogno di riconoscimenti, altrimenti nessuno mi starebbe a sentire. È così che funziona questo ambiente e per ottenere qualche risultato bisogna conoscere le regole del gioco.

Chi è Simone Sbaraglia/scheda

Simone Sbaraglia è un fotografo naturalista, inviato delle riviste Oasis e Natura, ed ha realizzato reportage negli angoli più sperduti del pianeta. Romano, con una formazione da matematico, dopo aver lasciato un prestigioso lavoro di ricerca negli USA, Simone rientra in Italia nel 2005 per dedicarsi alla fotografia. Da allora viaggia costantemente nei cinque continenti per documentare la bellezza, l’armonia e la fragilità del nostro pianeta, nella speranza che possa essere preservato per le generazioni future, ed ha realizzato reportage sulle specie ed ecosistemi a rischio in Nord e Sud America, Europa, Canada, Alaska, Africa ed Asia. Quando non è in viaggio ai confini della terra, Simone insegna fotografia, conduce workshops e viaggi fotografici e tiene seminari e proiezioni.  Le fotografie di Simone Sbaraglia hanno ricevuto i più importanti riconoscimenti internazionali e sono state esposte in Italia, Francia, USA e Canada. Tra i più recenti ed importanti premi internazionali che Simone ha ricevuto citiamo:

  • Premio BBC Wildlife Photographer of the Year 2014;
  • Primo premio assoluto Zoological Society of London 2014;
  • Primo premio di categoria 2012, 2013, 2014 Glanzlichter International Photo Contest;
  • Primo premio di categoria 2013, 2014 Nature’s Best Photography.

Non dobbiamo lasciare nulla di intentato se vogliamo salvare questo pianeta. Per dirla con le parole di Sir. David Attenborough: “molto semplicemente, la nostra sopravvivenza dipende da questo”.

Mara Noveni

L'Autore

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