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Gianni Rodari

Bene con energia ma non con la scuola: gli italiani e il 2014

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Il 2014 è stato per gli italiani un anno complesso, dal punto di vista economico senz’altro ma anche da quello politico e sociale. Se gli indicatori della crisi registrano un’uscita tecnica dalla recessione, il persistere delle condizioni di disagio reale si riscontra anche nelle abitudini degli italiani. L’Istat in questi ultimi giorni ha stilato un annuario cheè una fonte preziosa per capire che anno stiamo archiviando e che tipo stagione si avvia.

Bravi con i rifiuti 

Iniziamo da una buona notizia: il rapporto con il ciclo dei rifiuti, uno dei problemi che negli anni ha contribuito (anche dal punto di vista giudiziario) in negativo all’immagine dell’Italia. L’Istat ha rilevato un aumento della quota di raccolta differenziata (anche se geograficamente il Paese su questo è tutt’altro che omogeneo). Nel 2013 – i dati si riferiscono sempre all’anno precedente, ma registrano una tendenza – la quantità di rifiuti urbani raccolti è stata pari a 29,6 milioni di tonnellate (490 chilogrammi per abitante), l’1,3% in meno dell’anno precedente. La raccolta differenziata ha raggiunto il 42,3%, dal 40% del 2012. Come è distribuita questa buona crescita? Qui il Paese è diviso ancora tra Nord e Sud: i valori più alti sono stati nelle provincia autonoma di Trento (68,9%) e in Veneto (64,6%); quelli più bassi in Sicilia (13,4%) e Calabria (14,7%).

Ideensammlung - Erneuerbare EnergienAumenta il consumo e la produzione di energia rinnovabile

Se la differenziata aumenta, dall’altro lato si sono ridotti i consumi energetici: un dato da leggere in controluce. Nel 2013 infatti, il consumo interno lordo di energia si è ridotto del 3% soprattutto a causa della crisi economica, passando da 176,3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio a 171. In calo anche le importazioni di energia elettrica del -8,2%. Soddisfazione invece dall’aumento della quota di energia prodotta dalle rinnovabili. Secondo l’Istat negli ultimi cinque anni si è ridotto il ricorso alle fonti tradizionali per la produzione di energia elettrica – dal 77,4% del 2009 al 66,6% del 2013. Al tempo stesso è cresciuta la presenza delle rinnovabili, che nel 2013 si sono attestate al 38,6% della produzione lorda totale. Il contributo maggiore proviene dall’idroelettrico (18,9%), seguito da fotovoltaico (7,4%) ed eolico (5,1%).

Il rapporto con la città? Traffico, parcheggio e inquinamento sono purtroppo i problemi ancora avvertiti dalle famiglie. Nel 2014 sono stati il traffico (36,9%), la difficoltà di parcheggio (35,2%), l’inquinamento dell’aria (34,4%), la difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici (30,7%), il rumore (30,6%) a rendere più complicata la vita degli italiani. In ultima posizione troviamo l’irregolarità nell’erogazione dell’acqua, un problema per l’8,6% delle famiglie ma le differenze sul territorio sono forti: le percentuali più alte si registrano in Calabria (32,1%) e Sicilia (24,1%).

 Maglia nera sulla scuola

Fin qui il Paese registrato dall’Istat. La domanda ulteriore, però, è: che tipo di italiani stiamo preparando? Qui scatta l’allarme: l’Italia non investe nell’istruzione. Nella scuola il nostro Paese si contraddistingue perché è l’unico dell’Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente, contro un aumento in media del 62% degli altri. All’Università, poi, si registra una perenne situazione di stand by, con sempre meno iscritti, troppi studenti fuori corso e un numero altissimo di cultori, assegnisti, dottori di ricerca, ricercatori (figura ad esaurimento) e quasi-docenti in perenne attesa di fare il “salto” negli organici accademici.

scuola ed. finanziariaDopo la forte crescita negli anni di avvio della riforma dei cicli, il passaggio dalla scuola superiore all’università è andato sempre più riducendosi: ormai si iscrive ad un corso di laurea solo un “maturato” su due mentre pochi anni fa erano il 17% in più. Tutto questo lo ha denunciato in sindacato Anief, che ha sottolineato come in questi giorni il Miur, “invece di affrontare la situazione, sbloccando anche il nodo degli organici, ha pensato bene di pubblicare il decreto che ripartisce circa il 20% del Fondo di finanziamento ordinario alle università statali e il decreto sul ‘costo standard’ di formazione per studente in base al merito. Penalizzando gli atenei e gli iscritti nei contesti accademici più svantaggiati, ad iniziare da quelli del Sud”.

Secondo Marcello Pacifico (Anief-Confedir), se si fa un confronto con l’Europa siamo quasi la maglia nera per spesa pubblica destinata all’istruzione. Nell’ultimo periodo le tasse richieste dalle Università agli studenti fuori corso sono aumentate dal 25% al 100%, a fronte del fatto che soltanto il 15% degli italiani tra i 25-64 anni ha un livello di istruzione universitario rispetto a una media Ocse del 32%. Con la percentuale di studenti quindicenni che spera di conseguire la laurea scesa dal 51,1% del 2003 al 40,9% del 2009. Quello introdotto dal Governo con decreto, sempre secondo l’Anief, è un sistema inedito, che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più a criteri storici, ma alla qualità e alla tipologia dei servizi offerti agli studenti. Il Ministero assicura che il provvedimento tiene conto degli atenei situati in contesti economicamente più deboli, con clausole di salvaguardia che stabiliscono un tetto massimo di riduzione dei fondi pari al 3,5%, contro il 5% del 2013, tuttavia per il sindacato sarà inevitabile che ad essere penalizzati da questa nuova distribuzione di circa il 20% delle risorse saranno gli atenei (e gli studenti) collocati nei contesti più svantaggiati, ad iniziare da quelli del Sud. Con un ulteriore inevitabile aumento degli abbandoni.

Danilo Patti

L'Autore

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