Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

#bastatacere

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IMG_2694Il giorno in cui il medico disse: “Signora, e’ incinta di un mese”, l’avresti abbracciato fortissimo tanta era la gioia. Ma hai capito che lui aspettava un’altra paziente e così ti sei rivestita in fretta senza troppe moine;
Il giorno in cui ti hanno messa distesa, con le gambe aperte e legate ai cosciali, un’infermiera divaricandoti bene e’ arrivata con l’indice fin dentro il collo dell’utero. Senza troppi convenevoli ha detto, rivolta ad un collega: “Vieni a sentire anche tu com’è quando un parto non scende”;
La manovra del dottore e’ stata altrettanto veloce, sebbene decisamente profonda. Ti ha allargato nuovamente le gambe. Poi ha affondato il dito con forza.  Prima di dimetterti ha disposto un ultimo esame. “Perché?”, hai chiesto. Ma i due parlottavano fitto tra di loro così nessuno ti ha prestato particolare attenzione;
Quel giorno in cui sei svenuta eri all’ottavo mese. Quando hai aperto gli occhi avevi la faccia interamente sporca di sangue. Al pronto soccorso hai aspettato per ore il tuo turno, c’era qualcun’altra combinata peggio di te;
Quel giorno in cui ti hanno ricoverata d’urgenza tra le lacrime hai chiesto di poter fare un saluto all’altro tuo figlio in attesa di fuori. Una donna – camice bianco portato aperto e pantofole ai piedi – senza nemmeno guardarti ti ha detto: signora, adesso sta esagerando;
Quel giorno in cui ti hanno fatto il tracciato eri distesa sul lettino in posizione fetale. Quando entra la prima infermiera è passata più di mezz’ora. È silente, non ricambia lo sguardo, tantomeno commenta la preoccupazione che ti corre lampante sul volto. Si limita ad applicare una sonda gelata sopra al ventre scoperto. Poi esce e resti nuovamente da sola;
Quel giorno in cui sei arrivata in travaglio, ti hanno detto: “Mettiti qui”. Ti hanno visitato. Anestetizzato. Nessuno ha chiesto come ti senti, tantomeno se hai mangiato qualcosa;
Sei rimasta da sola in una stanza vuota con due piccoli monitor. Non ti hanno dato nemmeno da bere. Ti hanno indotto il parto con ossitocina sintetica. Hai chiesto: perché? Ma nessuno ha risposto;
Quando hai cominciato a sentire dolore l’unico conforto e’ stato quello del tuo fidanzato che se ne sta bellamente a mangiare un panino. Hai detto: fa male. Ti prego chiama qualcuno.
Ma quel giorno e’ una domenica all’alba e il personale ridotto. Vorresti gridare ma il tuo fidanzato, sorridendo, ripete: ti prenderanno per pazza. Così soffochi l’urlo fino alla prossima spinta.
Al corso preparto nessuno ti ha spiegato il dolore. Da 1 a 10 stai soffrendo 100. Ma magari il massimo e’ 1000.
Eppure, tra una spinta e l’altra, prendi fiato e sorridi. Ancora non arriva nessuno. Però – caspita – se è un giorno importante. Allora sorridi, sorridi, piangi e ancora sorridi. Hai le gambe aperte e legate ai cosciali. È domenica all’alba e stai partorendo. Ancora non è arrivato nessuno.
Fiorella Corrado

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