Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Cosa faccio oggi? Ozio!

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A Parigi si dice “faire la grasse matineée”. Mio padre, da bambina, lo definiva amabilmente il “nicchennacche”. Di cosa parlo? Ma è ovvio, dell’ozio spinto, del fantastico “dolce far niente”! Quelle giornate di sana nullafacenza che servono a ritemprare lo spirito e il fisico e che, di questi tempi, sono merce decisamente molto, ma molto, rara.

L’abbrutimento domenicale

Chi di voi non si è mai abbrutito (di solito con pigiamone e vestaglione indossati per tutta la giornata, capi di abbigliamento atti ad esaltare il proprio sex appeal) per esempio tutta una domenica, mangiando come capita e guardando vecchi film, la tv o conversando di facezie al telefono? Ma non è affare da poco, l’ozio in realtà è una “pratica” vera e propria, trattata dai nostri antenati con grande serietà e eletta alla fantasia, alla creazione.
L’otium. Il termine ozio deriva dal latino otium e indica un’occupazione principalmente votata alla ricerca intellettuale, attività generalmente riservata alle classi dominanti. E’ contrapposto a negotium, termine che indica l’occuparsi – più per necessità che per scelta – dei propri affari. In principio furono i Greci ad esaltarlo, collegandolo soprattutto alle classi aristocratiche e dominanti. Erano esclusi da questo privilegio, innanzitutto gli stranieri o i membri delle classi subalterne. Le persone dedite ai lavori manuali, come gli artigiani, erano disprezzate, in quanto scarsamente protese all’ozio, che era alimentato dalla partecipazione alle attività teatrali, sportive o politiche. Nell’antica Roma assume una coloritura anche negativa. Per Catone il vecchio, infatti, “l’ozio è il padre dei vizi”. Con il cristianesimo questo costume subisce un arretramento che diviene particolarmente evidente con la riforma protestante, quando si afferma l’idea della sacralità del lavoro. Ancora una volta dell’ozio si appropriarono le classi dominanti. Furono proprio questi oziosi, che si contrapponevano ad una moltitudine di salariati senza tempo a disposizione, a creare nuovi orizzonti per la scienza, per la letteratura e per la cultura in generale.

Ozio-ad-oltranza

Ciccio di Nonna Papera

Ma certamente più vicino al nostro concetto di “nicchennacche” è lo stile di vita del caro Ciccio, il pronipote di Nonna Papera. Nasce come Ciccio dell’Oca (nome inglese Gus Goose) ed è un personaggio dei cartoni animati e fumetti Disney. Già alla sua prima apparizione si presenta come un personaggio grasso, un po’ tonto e perennemente affamato: infatti svuota immancabilmente il frigorifero del povero Paperino. Vive nella fattoria di Nonna Papera e vi lavora come assistente, anche se, vista la sua enorme pigrizia, passa la maggior parte del tempo a dormire e poltrire.
L’ozio e la fantasia Virginia Woolf scrisse che “Nell’ozio, nei sogni, la verità sommersa viene qualche volta a galla”. Ecco quello che in realtà credo: viviamo in una società enormemente stressante e disumanizzante. La quotidianità ci logora. Ritrovare degli spazi dediti al “nulla” (che poi è il “tutto”, meditazione, ossia elevazione) dovrebbe essere un nostro obiettivo primario. Per ritrovarsi e alimentare i propri sogni. Alla faccia di chi non sa mai lasciarsi davvero andare. Ma ora basta scrivere, la cosa mi ha enormemente stancata!

Carla Cace

 

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