"Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio".

Pietro Barilla

Elogio del trash: quando il grottesco è lo specchio della realtà

0

Qualche sera fa, ispirata dalle frequenti cene a casa di mia madre, ho scritto su Facebook un post ironico circa gli improbabili nomi di una telenovela di grande successo da lei seguita. Il testo era questo: “Ammetto con rammarico, io grande amante del trash, di non aver mai approfondito la galassia irresistibile (a detta di molte e molti) della telenovela sudamericana ‘Il Segreto’. Ma imbattendomici, mio malgrado, negli ultimi tempi, ho potuto innanzitutto godere dei nomi dei personaggi principali: Pepa, Rosario, Calvario, Olmo, Incarnita. Incarnitaaaaaaaaaaaaa ahahahahahah!”. E’ stato un “successo” immediato, “coronato” da innumerevoli condivisioni. Non me lo aspettavo e questo mi ha portato alla riflessione che segue.

il-segreto

L’illuminazione

Ho ragionato, innanzitutto, sul significato stesso della parola trash. Tradotto letteralmente, il vocabolo inglese significa spazzatura. Ma sottintende volgarità, eccessi, effetti facili, cattivo gusto o ancora degrado culturale. Insomma, immagini del sottobosco della società dello spettacolo. Ed è stato anche, negli anni ’80, un filone del rock estremo, le cui massime vette furono raggiunte dai Metallica.

L’“illuminazione”

Ma si può ridurre a questo? No, è anche altro. Diversamente dal kitsch, che è pratica della citazione disinibita, riutilizzo del già-fatto, trionfo dell’inautentico, qui si tratta del ‘senza-qualità’. Una forma di imitazione fallita, o l’espressione di un ritardo, basato sul principio dell’emulazione: una replica che degrada modelli preesistenti. Una categoria estetica e sociologica difficile da definire. Ma, proprio perché senza qualità e privo di qualunque velleità estetica, il trash piace, fa divertire e in un certo senso ritornare bambini (anche e soprattutto coloro i quali non lo ammetteranno mai). E questo conta più delle analisi di tanti tromboni. Parliamoci chiaro, abbiamo bisogno anche di disimpegno! E le radici di questa necessità affondano in tempi antichissimi.

Il grottesco

Grutesco, grotesco, grotesque, Grotesk. Il grottesco in pochi decenni si è adattato all’espressività di tutte le lingue europee. Nato come categoria estetica nel Rinascimento, tipologia della rappresentazione, anziché languire nei libri di storia dell’arte, si è diffuso e ricorre nel linguaggio pubblico, connotazione caratterizzante su moltissimi livelli della significatività sociale. Nell’accezione corrente, indica un qualcosa di stranamente bizzarro e inconsueto, così da risultare tra il ridicolo e il drammatico; o ancora una rappresentazione strana, deformata della realtà, di solito con intenzione satirica o parodistica.

La realtà

Oggi siamo talmente imbevuti di realtà grottesche o trash in tutti i campi (politica, arte, spettacolo ecc.), da non renderci conto che, quando l’operazione è palese, perlomeno risulta genuina e perciò apprezzata. Da un ‘caso marò’ per cui siamo ormai lo zimbello del mondo, alle femen in piazza S. Pietro contro il Papa che emulano atti sessuali con il crocefisso, a politici che usano soldi pubblici per acquisti decisamente privati o, ancora, a querelle infinite su come un ministro (donna) mangia il gelato e quali visioni questo semplice gesto possa evocare. Quindi ben vengano Incarnita, Pepa e Calvario a ricordarci che, nella loro Verità, giocano a carte scoperte!

Carla Cace

L'Autore

Lascia un commento