Qualche sera fa, ispirata dalle frequenti cene a casa di mia madre, ho scritto su Facebook un post ironico circa gli improbabili nomi di una telenovela di grande successo da lei seguita. Il testo era questo: “Ammetto con rammarico, io grande amante del trash, di non aver mai approfondito la galassia irresistibile (a detta di molte e molti) della telenovela sudamericana ‘Il Segreto’. Ma imbattendomici, mio malgrado, negli ultimi tempi, ho potuto innanzitutto godere dei nomi dei personaggi principali: Pepa, Rosario, Calvario, Olmo, Incarnita. Incarnitaaaaaaaaaaaaa ahahahahahah!”. E’ stato un “successo” immediato, “coronato” da innumerevoli condivisioni. Non me lo aspettavo e questo mi ha portato alla riflessione che segue.
L’illuminazione
Ho ragionato, innanzitutto, sul significato stesso della parola trash. Tradotto letteralmente, il vocabolo inglese significa spazzatura. Ma sottintende volgarità, eccessi, effetti facili, cattivo gusto o ancora degrado culturale. Insomma, immagini del sottobosco della società dello spettacolo. Ed è stato anche, negli anni ’80, un filone del rock estremo, le cui massime vette furono raggiunte dai Metallica.
L’“illuminazione”
Ma si può ridurre a questo? No, è anche altro. Diversamente dal kitsch, che è pratica della citazione disinibita, riutilizzo del già-fatto, trionfo dell’inautentico, qui si tratta del ‘senza-qualità’. Una forma di imitazione fallita, o l’espressione di un ritardo, basato sul principio dell’emulazione: una replica che degrada modelli preesistenti. Una categoria estetica e sociologica difficile da definire. Ma, proprio perché senza qualità e privo di qualunque velleità estetica, il trash piace, fa divertire e in un certo senso ritornare bambini (anche e soprattutto coloro i quali non lo ammetteranno mai). E questo conta più delle analisi di tanti tromboni. Parliamoci chiaro, abbiamo bisogno anche di disimpegno! E le radici di questa necessità affondano in tempi antichissimi.
Il grottesco
Grutesco, grotesco, grotesque, Grotesk. Il grottesco in pochi decenni si è adattato all’espressività di tutte le lingue europee. Nato come categoria estetica nel Rinascimento, tipologia della rappresentazione, anziché languire nei libri di storia dell’arte, si è diffuso e ricorre nel linguaggio pubblico, connotazione caratterizzante su moltissimi livelli della significatività sociale. Nell’accezione corrente, indica un qualcosa di stranamente bizzarro e inconsueto, così da risultare tra il ridicolo e il drammatico; o ancora una rappresentazione strana, deformata della realtà, di solito con intenzione satirica o parodistica.
La realtà
Oggi siamo talmente imbevuti di realtà grottesche o trash in tutti i campi (politica, arte, spettacolo ecc.), da non renderci conto che, quando l’operazione è palese, perlomeno risulta genuina e perciò apprezzata. Da un ‘caso marò’ per cui siamo ormai lo zimbello del mondo, alle femen in piazza S. Pietro contro il Papa che emulano atti sessuali con il crocefisso, a politici che usano soldi pubblici per acquisti decisamente privati o, ancora, a querelle infinite su come un ministro (donna) mangia il gelato e quali visioni questo semplice gesto possa evocare. Quindi ben vengano Incarnita, Pepa e Calvario a ricordarci che, nella loro Verità, giocano a carte scoperte!
Carla Cace