La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Fabiano Forti Bernini: “Per le borse ci sono nuove speranze”

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Fra i maggiori private banker romani, Fabiano Forti Bernini è la punta di diamante di Banca Patrimoni Gruppo Banca Sella nella Capitale. E’ nato respirando la polvere del floor borsistico: suo padre, Filippo, sin dagli anni ’50 era un agente di cambio al top, prima a Roma, poi a Milano, presiedendo anche l’Ordine professionale; i due figli maschi, Alessandro e Fabiano, hanno proseguito sulle sue orme.

bancapatrimoni

Dopo l’avvento della nuova normativa sulle S.i.m. (Società di Intermediazione Mobiliari), che, per la liberalizzazione, costituirono l’entrata delle banche nel settore, fagocitando e assorbendo il ruolo degli agenti di cambio, la famiglia fondò, fifty fifty con la Banca di Roma, la Roma S.i.m. Spa; un’esperienza che durò alcuni anni, finché la famiglia Forti Bernini si staccò, costituendo la Fortinvestimenti Spa, di cui Fabiano è stato amministratore delegato, dopo aver avuto significative esperienze anche in due importanti banche d’affari londinesi.
Da alcuni anni, sulla piazza romana, Fabiano e Alessandro – mentre Papà Filippo rimane sullo sfondo, ma è sempre di supporto, giacché un uomo della finanza non va mai in pensione – lavorano con Banca Sella Private, a cui hanno apportato il patrimonio della loro grande esperienza e professionalità. Fabiano, dal canto suo, è molto noto come collezionista d’arte antica: che la discendenza di sangue da Gian Lorenzo Bernini si sia manifestata così nel suo quotidiano? E’ dunque il testimonial ideale per raccontarci che aria tiri nelle Borse e nelle economie in generale.

I fenomeni della vittoria di Syriza alle elezioni greche o dell’emergere di Podemos in Spagna, come si riflettono sulle Borse?

Non funziona come in politica. Che prevalga la destra o la sinistra è ininfluente. Sono ben altri i fattori a contare in un mercato così globalizzato e con un’Europa tanto sofferente.Nel 2014, le Borse europee sono state quasi comatose; in risalita son stati solo gli USA, che son cresciuti, come ha certificato Standard & Poor’s, del 13%%; l’Europa, mediamente, lo ha fatto dell’1,8%, con l’Italia ferma allo 0,9%; la Francia sull’orlo del segno meno e la Germania a tirare, col 3%.Il 2015, malgrado sia cominciato solo da un mesetto, mostra un’Europa certamente in ripresa, con le 3 principali Borse continentali a + 8%, mentre la Spagna si è fermata al + 2%. Gli Usa, superstar del 2014, ora, invece, accusano una battuta d’arresto.

fabiano forti bernini

Come mai?

Dopo 7 anni di crisi assoluta, fenomeno inedito nella storia del mondo, in cui hanno prevalso le scelte improntate all’austerità, accantonando la crescita, soprattutto Paesi come Francia e Italia si gioveranno di una serie di fattori ad oggi assai positivi, come un Superdollaro che, rispetto ad un euro che ha perso circa il 18% del suo valore in poco tempo (da 1,38 all’1,14 di oggi), favorisce l’export; c’è poi il crollo del costo del petrolio, sceso persino sotto i 50 dollari al barile (oggi è a 52).
Inoltre, si è diffusa la consapevolezza di puntare su scelte favorenti la crescita: ne sono testimonianza il Piano Juncker, da 315 mld di euro, con la volontà di creare un fondo Efsi per gl’investimenti strategici, nonché un programma di selezione degli investimenti nel campo di infrastrutture, energia e ricerca e sviluppo.
Torreggia su tutto il ‘Quantitative easing’ di Mario Draghi, vero volano di crescita.

In che senso?

E’ una misura di politica monetaria non convenzionale, adottata dalla Bce, per la prima volta in Europa, mentre è stata già utilizzata con successo negli Stati Uniti.
Prevede l’acquisto di titoli, prevalentemente di Stato, al ritmo di 60 mld di euro al mese fino al 2016, stampando moneta, con lo scopo di mantenere bassi i tassi d’interesse, immettendo sul mercato liquidità.

Gli Usa hanno fruito di una misura di questo genere: con quali risultati?

Con un rafforzamento della vivacità economica che sicuramente si rifletterà sull’attuale quasi fermo borsistico, un fenomeno antitetico rispetto agli anni passati.
Il quadro, però, è estremamente volatile. Tutto è affidato ad un’economia che sta procedendo spedita, incrementando l’occupazione e fidando sulla locomotiva dei grandi colossi imprenditoriali i quali, in questo momento, stanno macinando utili.

E le Borse europee?

Hanno certamente molto spazio di crescita. La loro estrema sensibilità fa sì che siano in grado di intercettare tutti i segnali utili a predire la crescita economica, anche con un anticipo di mesi.
Ciò soprattutto se avranno gli esiti auspicati i provvedimenti di cui ho parlato prima. Tutto questo, naturalmente, fermo restando l’incertezza sempre in agguato sui mercati finanziari, nonché gli strascichi della lunga crisi economica, non ancora completamente assorbitasi.

Tsipras, trottolino nelle capitali europee: quali i contraccolpi borsistici?

La piccola Grecia ha una posizione marginale, borsisticamente parlando. L’effetto Tsipras è durato pochissimo e tutto sta rientrando nella normalità: ciò riflette la volontà greca, ma anche di alcuni partner europei di trovare una soluzione condivisa.Anzi, la Grecia potrebbe assurgere al ruolo di laboratorio di soluzioni ‘creative’ per l’Europa. Vista l’insostenibilità del loro debito, alcune soluzioni sono state indicate dal ministro dell’Economia greco Yanis Varoufakis: una rinegoziazione delle scadenze del debito, spalmandole in un lasso di tempo maggiore, unitamente all’abbassamento dei tassi d’interesse; inoltre, un doppio swap – ovvero uno scambio di flussi di denaro fra due controparti – il primo con obbligazioni legate alla crescita nazionale a fronte di quelle detenute dai creditori europei; per le obbligazioni perpetue, senza scadenza né previsione di rimborso, anche se l’emittente può richiamarle in qualsiasi momento, a tasso d’interesse molto alto e una volatilità parificabile a quella di un titolo azionario dovrebbero essere agganciate a bond presso il portafoglio della BCE. Dicevo, un laboratorio: da guardare con attenzione, visto che la Grecia non è l’unico Paese dell’Ue in difficoltà. A sorpresa, però, mentre pensavamo che ci potessero essere margini di trattativa, è arrivata la recentissima decisione di tagliare fondi e liquidità alle banche greche, a partire dall’11 febbraio. La Bce e la Germania mostrano i muscoli in questa fase della trattativa, ma nei prossimi giorni potrebbero esserci ulteriori incontri. Fino al raggiungimento dell’accordo, comunque, la Grecia avrebbe bisogno di un prestito-ponte di 1,9 mld di Euro. Pensiamo a Putin e al suo desiderio di vendetta contro gli embarghi europei e statunitensi…

E l’Italia?

Per quel che riguarda l’Italia, speriamo che l’attuale Governo, consapevole delle nostre difficoltà e scadenze, continui ad adottare misure per ammortizzare il peso tributario su imprese e lavoratori e riduca vieppiù il cuneo e il carico fiscale. Ricordo, ad esempio, che le tasse sulla casa e sulle imprese sono passate dai 9 mld di euro che erano col Governo Monti agli attuali 34 mld. Per molti, tutto questo non è sostenibile.

Sono in vista soluzioni?

Ritengo di grande interesse la messa a punto, in atto in questi giorni da parte del Ministero del Tesoro e della Banca d’Italia, dell’ipotesi di creare una Bad Bank per alleggerire dal peso delle soffocanti sofferenze gli Istituti di credito italiani, giunte a dicembre 2014 alla stratosferica quota di 180 mld di euro. Ciò attraverso una Società di Gestione (Sga), la stessa utilizzata per il Banco di Napoli nel ’97 ed ora di proprietà di Banca Intesa, che verrebbe acquisita dal Tesoro al prezzo di 600mila euro.
Successivamente, con la partecipazione di Banche, Privati e Cassa Depositi e Prestiti, verrebbe ricapitalizzata fino a raggiungere i 3 mld di euro, per acquisire i crediti in sofferenza, anche attraverso l’emissione di debito garantito dallo Stato, da immettere sul mercato. Tutto questo, naturalmente, dovrà ottenere l’imprimatur dell’Europa.

Annamaria Barbato Ricci

 

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