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Gianni Rodari

Giuseppe/Geppino/Joe Marrazzo, giornalista rivoluzionario e anticonformista

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Trent’anni e sei ancora nella memoria della gente. Perché sei stato un ‘rivoluzionario’. Perché chiunque provochi un mutamento profondo nel proprio raggio d’azione, sociale, professionale, esistenziale lo è.
Così è stato per Giuseppe (o Geppino, o Joe… tre nomi, un unico temperamento d’innovatore) Marrazzo, giornalista.

Un linguaggio televisivo innovativo

“Semplicemente Joe – Nocera nel cuore” 23 marzo 2015

Un giornalista che, col fiuto di un segugio seguiva l’usta del malaffare, sia che si trattasse di una delle mafie che infestano il Sud, sia che il fulcro dell’inchiesta fosse lo sfruttamento minorile, il caporalato, i neonati venduti, gli scandali del post sisma dell’Irpinia, il traffico di cocaina. Poi, come il Molosso, il tenace cane che è il simbolo della squadra calcistica di Nocera Inferiore, la Nocerina dei fasti e nefasti della quale era un tifoso sfegatato, addentava il suo intervistato e non lo lasciava andare finché non aveva vuotato il sacco. Fu per questo che un malavitoso della camorra gli disse: “Dottò, vuje me facite dicere pure chelle c’a nun voglio dì…” (per gli ‘stranieri’: “Dottore, voi mi fare dire pure ciò che non voglio”). Nocera Inferiore gli ha dedicato una giornata ‘speciale’: non un ricordo, statico e di maniera; non una commemorazione in gramaglie. Un dialogo, con lui ancora presente, che si specchiava negli occhi e nelle parole dei figli Piero e Giampiero e della sua amata Cinzia. Con lui che, da uno special televisivo in cui erano montate alcune sue inchieste, ci dimostrava, coi fatti perché è (mai usare il passato con Giuseppe/Geppino/Joe) un rivoluzionario.

Geppino e l’albero della Libertà davanti casa

D’altronde, pare quasi una profezia, il grande giornalista era nato nel 1928 in via Francesco Federici, ovvero nel luogo dove proprio colui che dà il nome alla via aveva piantato, nel 1799, l’Albero della Libertà, simbolo dell’unica vera rivoluzione che si sia mai avuta in Italia, quella Partenopea. Due tappe hanno caratterizzato quest’incontro della città con uno dei suoi figli più illustri (non dimentichiamo, però, l’appena scomparso Mario Cuomo, gli scrittori Domenico Rea e Corrado Ruggiero, lo storico Raffaele Pucci, il generale dei Carabinieri Gennaro Niglio… ognuno a modo suo portatore di un brandello di rivoluzionarietà). Ma Giuseppe/Geppino/Joe è stato il più rivoluzionario di tutti, tanto da colpire anche la fantasia dei bambini della scuola elementare a lui dedicata, diretta dalla vicesindaco di Nocera Inferiore, Maria Laura Vigliar. I precoci ragazzi della quinta elementare hanno impegnato, sotto la guida esperta delle loro maestre, vari giorni di studio per conoscerlo a fondo e fare una sventagliata di domande intelligenti e ficcanti al figlio Giampiero. Volevano sapere di lui, di quel ragazzo venticinquenne, partito con una laurea in Giurisprudenza in tasca dalla ‘sua’ Nocera, luogo ancora capitale di un’agrindustria che di lì a quindici anni avrebbe cominciato ad avvitarsi su se stessa ed a perdere pezzi di benessere.

Un giornalista-giornalista

Era quella rivoluzionarietà che gli covava dentro che lo indusse a mollare un possibile futuro in un’azienda conserviera tirata su dai suoi familiari per cercare a Roma nuove vie? Il giornalismo può essere l’avamposto della rivoluzione, se ne cambi gli usurati paradigmi e fai le domande scomode, senza piegarti.  Cos’è stato per lui lo fa comprendere la battuta di un film dedicato ad un altro giornalista (giovanissimo, nella frontiera di Torre Annunziata, non gli hanno neanche dato il tempo di crescere), Giancarlo Siani, ‘Fortapasc’. Riporto, sperando di anon aver dimenticato nulla: Libero De Rienzo, attore bravissimo interpreta Giancarlo e passeggia con il suo capo, di mezza età. I due conversano e il cane del capo corre avanti e indietro. <Giancà, lui fa il cane e io ‘o padrone. E così anche con gli uomini. Ci sono i cani e i padroni. Tu che vuo’ fa’ ‘o cane o il padrone?>. Siani: <Io voglio fare il giornalista>. <E anche qui ci sono due categorie. I giornalisti-giornalisti e i giornalisti-impiegati. Io ho scelto di fare il giornalista-impiegato e sto bene. Ho la macchina, la casa, l’assistenza sanitaria e pure ‘o cane. Tu magari vuoi fare il giornalista-giornalista ma ricordati che le notizie, gli scoop so’ rutture ‘e cazzo pecché fanno male, fanno male assaje. Questo non è un paese per giornalisti-giornalisti>.

L’intuizione, valore aggiunto

Cinzia Marrazzo

Giuseppe/Geppino/Joe lo era, e non solo Torre Annunziata: ma la Campania, la Sicilia, l’Italia intera erano un pozzo di San Patrizio di scoop e il giornalista, talvolta, precorreva persino l’investigatore. Perché, come ha detto Isaia Sales, docente di Storia delle mafie all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – nel corso del convegno svoltosi nella ‘casa dei nocerini’, l’aula consiliare del Comune, e presieduto dal sindaco Manlio Torquato, attentissimo e assolutamente catturato da un evento che è stato indomabilmente coinvolgente, proprio come il suo ‘protagonista’ – Giuseppe/Geppino/Joe Marrazzo aveva metabolizzato i percorsi delle sinapsi malavitose come testimone nella natia Nocera; dunque, era in grado di essere un passo avanti nella comprensione della mentalità, di anticipare il modus operandi di chi aveva scelto di stare dalla parte sbagliata della siepe della giustizia. Il copyright della definizione di ‘rivoluzionario’ appartiene a Leonida Primicerio, Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia: una medaglia al valore, quasi, perché è il riconoscimento di un modo di essere del giornalista che ha innovato profondamente persino il modo di porre domande. Un coraggioso, un intrepido: emblematico sentirgli dire, nel corso del filmato proiettato, che era entrato a sorpresa, nell’ospedale di Taurianova, luogo-sentina di clientelismi ‘ndranghetisti, ‘con una tecnica da commando’. Forse mai più sentiremo dire una cosa simile riferito ad un giornalista televisivo, in particolare di casa Rai.

La ‘sua’ Nocera gli ha dedicato  un incontro ‘speciale’

Col Sindaco Manlio Torquato

Era assolutamente con noi Giuseppe/Geppino/Joe, nella trama e nell’ordito degli interventi di due colleghi che lo hanno conosciuto e hanno collaborato con lui, Vito Faenza e Roberto Marino: il primo ha ricordato la rosa rossa che arrivava al tavolo del ristorante, persino il più fuori mano a fine pasto, nel corso di una campagna elettorale a cui Marrazzo senior partecipò come candidato. Il secondo, il periodo eroico di Dossier Sud, quindicinale che fu concepito qualche ora prima che la terra impazzisse in Irpinia, col devastante sisma che causò una corrotta ricostruzione, fonte di infinite inchieste per il giornalista tv più intuitivo che l’Italia abbia mai conosciuto.
Per chi li osservava dall’esterno, Piero e Giampiero Marrazzo, ventuno anni d’età a dividerli, portavano impressi in faccia i tratti paterni; ed anche le loro personalità si completavano, nei loro interventi-testimonianza: più esuberante Piero; più posato Giampiero: entrambi pieni di idee propositive perché, nel nome del loro padre, Nocera Inferiore, ritrovasse un fil rouge culturale, di cui Giuseppe/Geppino/Joe è stato un esponente di punta, ma che ha radici antiche, risalendo pe’ li rami dei secoli (ed è spuntata anche la ‘provocazione’ della famosa rissa ‘sportiva’ fra Nocerini e Pompeiani). Radici anche sportive: un aneddoto che ha divertito assai l’uditorio narra che nel 1980, all’uscita della consegna del Premio dedicato ai giornalisti che avevano scritto efficacemente dei problemi dell’infanzia, al Palazzo di Vetro dell’Onu, Joe (in quel caso, solo Joe, si era a New York!) ha chiesto ai suoi accompagnatori: “Neh, che ha fatto la Nocerina?”. Se queste non sono radici lunghe, quali altre?

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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