Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

Hiv: come difendersi?

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hivQuante volte ci è capitato che ci assalisse un dubbio rispetto a qualche probabile errore di (non tanto lontana) gioventù? Potrebbe essere stata l’amico/a della comitiva conosciuta in vacanza, in fondo, non avevamo molte conoscenze al riguardo ed in alcuni momenti il preservativo non è sempre disponibile… Ecco che il dubbio di poter essere assaliti dal virus dell’Hiv inizia ad insinuarsi, complici la stanchezza e le scarse energie degli ultimi mesi. Non siamo gli unici. L’Hiv rappresenta molto probabilmente la più grave epidemia che l’uomo abbia mai conosciuto, una delle poche che continua a uccidere, spesso silenziosamente. A trent’anni dai primi casi di infezione da Hiv descritti nel mondo, l’Aids è ancora una tra le più diffuse malattie sessualmente trasmissibili. Secondo l’Unaids, al 2013 sono state circa 78 milioni le persone contagiate e 39 milioni i morti per infezioni collegate all’Hiv; nel mondo più di 35 milioni di persone convivono con il virus, a volte senza esserne a conoscenza. Dati allarmanti che indicano come l’epidemia sia tutt’altro che vinta e che la diagnosi precoce e la prevenzione, spesso sono ancora poco prese in considerazione. Si stima, infatti, che molte delle persone che si sottopongo agli esami per l’Hiv spesso non ritornano in ospedale per ritirare l’esito. Una fuga dalla verità che può costare cara perché in questi casi il tempo può essere in importante alleato. Perché mentre da un lato ci sono quelli che non vanno a ritirare gli esami clinici, dall’altro ci sono quelle persone che non vedono l’ora di conoscerne l’esito. Proprio per questo tipo di persone la ricerca, ha mosso negli anni, passi da gigante: è infatti disponibile un test per l’autodiagnosi dell’Hiv. Si tratta di un nuovo strumento che permette di ottenere una diagnosi precisa in meno di trenta minuti.

Il test, anche in Francia è ormai liberamente venduto in farmacia. Un vero e proprio salto di qualità rispetto al tradizionale test che lasciava le persone in un limbo per circa sette giorni.
Il test fai-da-te per la sieropositività non è certo una novità assoluta, è commercializzato dal 2012 negli Stati Uniti e da maggio 2015 nel Regno Unito. Esso permette, da una goccia di sangue raccolto sulla punta delle dita, di determinare in circa 15-30 minuti, la presenza o meno del virus, con un’accuratezza del 99,8%. L’aspetto più rilevante sollevato dai media è che questo test probabilmente porterà più precocemente alla diagnosi molti di coloro che non vogliono recarsi dal medico per affrontare apertamente il problema. L’introduzione di questi test è stata fortemente sostenuta dalle associazioni di sensibilizzazione su Hiv e Aids: permette una diagnosi precoce, un intervento tempestivo riducendo il numero di persone che sono sieropositive senza saperlo. La possibilità di individuare questi soggetti è importante sia per evitare il contagio nuovi partner, sia per avviarli a un percorso di cura idoneo. Sono ancora molte le persone che non sono consapevoli di aver avuto comportamenti a rischio, o lo sanno ma non consultano un medico, vuoi per paura o per vergogna. Ma, come in ogni cosa, non è tutto oro quello che luccica. Come ogni novità anche questa solleva degli interrogativi. Innanzitutto: come reagisce una persona, magari sola in casa, quando scopre di essere malata? Qual è l’impatto psicologico?

La positività deve inoltre essere accertata da un test tradizionale, ma chi lo farà? Altro problema riguarda i falsi negativi: fra i maggiori limiti c’è il problema che il test può dare un risultato negativo se l’infezione è avvenuta a meno di tre mesi di distanza, rispetto alle sei settimane delle analisi tradizionali fatte in laboratorio. Sembrerebbero non esserci risposte esaustive in merito. Anzi, addirittura, si considera che negli Usa finora non abbia provocato nessun tipo di conseguenza negativa, come suicidi o depressione post diagnosi, nonostante l’impatto emotivo che potrebbe avere una diagnosi positiva del virus. Le perplessità sono tante. Insomma, l’autodiagnosi potrebbe andar bene, ma il riferimento principale resta sempre il medico, così come una strategia efficace è data sicuramente dall’informazione e dalla prevenzione. Un dato su cui potremmo riflettere è che il test classico per l’Hiv, che si può richiedere presso tutti gli istituti sanitari, sempre in completo anonimato, sia gratuito mentre l’auto-test, disponibile in farmacia senza prescrizione, non venga rimborsato dal sistema assicurativo sanitario. Forse è più facile “scoprirlo” in solitudine piuttosto che “sentirsi alla gogna” in un ospedale pubblico. A questo punto c’è da chiedersi se siamo o no nel 2015; come si dice, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma se al posto del giudizio ci fosse maggior comprensione, magari ad oggi saremmo tutti più consapevoli delle ipotetiche malattie a trasmissione sessuale.

Valentina De Maio

L'Autore

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