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Preti operai. La loro avventura spirituale e umana continua fuori delle fabbriche

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I preti operai non si sono estinti e la loro avventura spirituale continua. Usciti dalle fabbriche, oggi sono nelle trincee del mondo, ovunque ce ne sia bisogno, accanto ai più fragili.  Quei sacerdoti che a partire dal secondo dopo guerra, prima in Francia e poi nel resto d’Europa, iniziarono a lavorare accanto agli operai per trasmettere il messaggio pastorale anche alle classi proletarie sono stati una realtà che ha conosciuto la massima espansione negli anni ’70, nelle zone più industrializzate d’Italia. Una situazione ben diversa da quella attuale. Ne parla a FUTURO QUOTIDIANO, Marco Sambruna, autore del libro “I preti operai in Italia”, presentato a Roma presso l’Istituto di Alta Formazione del Ministero dell’Istruzione, (Isia); un saggio che ripercorre la storia di questo fenomeno  nato all’interno della Chiesa e contemporaneamente analizza il cambiamento antropologico che la società sta vivendo negli ultimi tempi, un cambiamento, dovuto, secondo l’autore del saggio, al ruolo distruttivo dei media e preannunciato già negli anni ’70 da questi sacerdoti.

Ma chi sono i preti operai?

Sono quei sacerdoti che a partire dalla fine degli anni ’60 hanno deciso di portare la loro testimonianza cristiana all’interno dei luoghi di lavoro, soprattutto nelle fabbriche. Una realtà non facile la loro vista la frequente opposizione che riscontravano da parte dei vescovi dei vari territori in cui questi si ritrovavano ad operare. Vescovi che guardavano con sospetto soprattutto all’orientamento politico che poteva muovere questi ‘operatori di Dio’. Un orientamento spiccatamente di sinistra, marxista, che proprio per questo non poteva andare d’accordo con i dettami della Chiesa. L’unico che invece si è schierato dalla parte di questi preti, guardando con favore alla loro missione, è stato Michele Pellegrino, il cardinale e arcivescovo cattolico la cui azione pastorale si distinse per l’attenzione ai problemi dei poveri e per il mondo del lavoro.

Marco Sambruna

Marco Sambruna

Come si è evoluto negli anni questo movimento e come è arrivato fino ai nostri giorni?

Diciamo che il movimento è nato alla fine degli anni ’60, ottenendo la sua massima espansione nella decade successiva. Sono stati infatti gli anni ’70 a consacrarne la missione, prima in Francia e poi nel resto d’Europa. In quel periodo c’erano circa 300 preti operai censiti. In Italia la loro attività si è sviluppata principalmente al nord; in Piemonte, Lombardia, Liguria; in quei territori dove erano e sono tutt’ora collocate le più grandi fabbriche italiane. Una piccola presenza era poi dislocata anche in alcune regioni del centro e del sud, come il Lazio o la Sicilia, ma i numeri principali si sono sempre concentrati al nord d’Italia. Una realtà bel lontana rispetto a quella attuale. Già dalla metà degli anni ’80 infatti è iniziato il loro declino. Ora se ne contano poche unità e anche queste scarse presenze hanno perso gran parte della loro incidenza.

Lei ha scritto un libro che si chiama appunto “I preti operai in Italia”; come mai ha scelto di trattare una tematica che a molti è rimasta sconosciuta?

i-preti-operaiFondamentalmente perché trovo la loro storia molto interessante. A differenza di altri movimenti del dissenso cattolico, che cercavano di conciliare la storia sacra con quella profana, che poi è il principio cardine di tale dissenso, i preti operai non volevano far confluire i due territori. Ma questa è anche la loro più grande contraddizione e una delle cause che poi ha portato alla crisi delle loro stesse fondamenta. Trovo comunque le scelte che fecero molto attuali e in qualche modo profetiche. Sono stati  precursori dei tempi. Tenevano infatti numerosi convegni con uno sguardo profetico verso quelle realtà che poi a distanza di anni si sono realmente avverate. Hanno intuito ad esempio che i mass media avrebbero provocato quel mutamento antropologico di cui parlava anche Pasolini. Il loro potere è stato infatti, e lo è tutt’ora, quello di cambiare l’uomo, di renderlo una figura nuova, che non ha nulla a che vedere con l’uomo evangelico di cui ha sempre parlato la religione.

Secondo lei questa decadenza a cosa può essere attribuita e c’entra anche il ruolo della Chiesa?

Diciamo che adesso la figura del prete operaio non è più necessaria. Credo che all’interno dei luoghi di lavoro sia preminente la presenza di altre figure, quelle di credenti laici che possano in queste realtà fare apostolato e diffondere la parola di Cristo. Sono oggi presenze più credibili agli occhi dei colleghi. Come dicevo prima la Chiesa, i vescovi, hanno sempre guardato con sospetto l’attività di questo movimento. Adesso invece le cose sono cambiate. Con l’avvento di Papa Francesco si è aperta una nuova fase per la Chiesa e c’è sicuramente una maggiore sensibilità da parte sua a raccogliere anche suggestioni da parte di movimenti religiosi della sinistra cattolica.

Sara Pizzei

L'Autore

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