Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Quei sampietrini sgangherati che fanno da ninna nanna a mio figlio

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DSCF1075C’è una cosa che da mamma salvo più di tutte di Roma: i suoi sampietrini. Anche se irregolari, dissestati, traballanti o divelti, rumorosissimi al transito, imprevedibili e sgangherati come le boccacce di un bambino sdentato, se percorsi su e giù con un passeggino sono la giusta dose di smottamento per la ninna nanna perfetta. Meglio delle onde del mare o del dondolio delle braccia di mamma. Così di sera, soprattutto col caldo, si scende spesso di casa a fare due passi, tra via del Corso e piazza di Spagna. D’estate le città sono sempre più belle, meno macchine in giro, silenzio, più spazio un po’ ovunque. Il  troppo caos alla lunga diventa disordine ma non e’ che il traffico, i turisti mezzi nudi con gli infradito, i venditori di aste per i selfie, di rose e di ombrelli, i centurioni o i pseudo fachiri vestiti di arancio mi diano puntualmente fastidio. Ognuno si barcamena alla meglio, e amen. Semmai è più irritante il finto raid contro i suk di borsette false e cinture che tappezzano i marciapiedi del famoso Tridente. Fontana di Trevi, Pantheon, Piazza del Popolo passando per via di Ripetta e Terrazza del Pincio. Più o meno il percorso che faccio tutti i giorni a piedi col bimbo. La volante passa a sirene spiegate, quelli scappano a tutta velocità con gli zaini stracolmi a tracolla e una volta uno di questi ambulanti e’ mancato poco che mi prendesse in pieno, io avevo mio figlio nel grembo, e  Dio solo sa il volo che abbiamo scampato. I riflessi pronti mi hanno salvata, ho vissuto a Napoli e certo non sono una che cammina col naso per aria. Bisogna avere gli occhi allenati per vivere in certe città.

Ci si allena a scansare gli scippi così come a ridimensionare il dolore. Non è indifferenza, forse rassegnazione. I mutilati che strisciano per terra sopra skateboard arrugginiti. I bambini col moccio e in mano un pezzo di pane sporco, seduti in terra in braccio alle madri. Fontana di Trevi, Pantheon, Piazza Navona, Colosseo. Loro sono sempre lì, tutti i giorni. Mio figlio guarda, sorride, mi invita a guardare. Ancora non sa che non è un gioco. E’ in quella fase dove tutto è bello, anche il brutto. A due anni non c’è confine tra il bene e il male, a quella età sono esseri puri, è una cosa stupenda, ma fa tanta paura. Una madre prova a tracciare i confini, gli insegni a poco a poco la vita in uno svezzamento perenne che pur volendo non si può delegare. La parola che più di tutte aiuta e’ <<cacca>>. Cominci dalle piccole cose, quelle a portata di mano. Un pezzo di carne sul pavimento di casa e’ <<cacca>>. Le suole sono sporche, quindi <<cacca>>. Le mani unte, il secchio dell’umido, i residui di grasso, la frutta non lavata. Che cosa e’ amore? <<Cacca>>. Okay. Si mette in bocca?. <<No>>. E perché? <<Perché blaaa>>. Sorridi, lo abbracci. Amore di mamma.

Alle otto di sera c’è ancora luce, un’altra cosa bella di questa parte dell’anno. Le tinteggiature dei palazzi romani, le coloriture degli intonaci, le facciate rossastre e i travertini, tutto abbaglia con la parcostessa forza delle mie prime volte qui al centro del mondo. <<Mamma, giù>>, ripete come un disco rotto mio figlio. Le sue lezioni di vita preferisce sperimentarle per strada, e così deve essere. Lui si diverte, io faccio fatica. Le automobili sono parcheggiate sulle strisce pedonali e i marciapiedi non hanno gli scivoli, così che fare su e giù col passeggino diventa ogni volta un rally ad ostacoli. Io tengo d’occhio mio figlio, mio figlio guarda il resto del mondo. La segnaletica arrugginita. Le aiuole invase dalle erbacce secche. Lui si gira di scatto, gli si illuminano gli occhi. <<Mamma, cacca!>>. I marciapiedi intrisi di orina, i cestini lerci e intasati. <<Cacca!>>. I mozziconi per terra, le cicche sui muri. La pavimentazione sconnessa. Le colonnine Bike sharing inutilizzate in mezzo a piazza di Spagna. Monnezza e cartacce. <<Cacca>>. Una anziana signora che si sveste per fare pipì tra due macchine, lo stesso barbone che da sempre dorme in via Babbuino con la sua coperta sporchissima. Mio figlio si gira, mi guarda. Ancora, cacca. Sarà che a forza di distinguere il mondo tra bello e cacca ora gli è pure venuta la fissa delle pulizie, così appena può mi ruba scopa e paletta e spazza tutto lo sporco. Chi ci è passato prima di me m’ha detto che questa passione non dura per sempre e quando sarebbe il momento di dare una mano sul serio il bambino perde di colpo ogni voglia. L’altra sera però si è impuntato: è voluto uscire con la scopetta piccola che gli ha comperato la nonna. A me è venuto da ridere, ma ha così tanto insistito e quando insiste così non ci sono rimedi di sorta, oltre che rassegnarsi. Solo che alle 21 passate era già scuro, e le luci di piazza di Spagna stranamente soffuse. Forse troppo per essere al centro del mondo. <<Mamma, buio!>>, mi ha detto. Appunto, ho risposto. Eravamo nuovamente sulla strada di casa. Con quella sensazione addosso di quando non ti senti sicura, quella stessa di quando ero bambina io a Napoli e si andava in giro senza oggetti preziosi. Nel frattempo i tempi sono cambiati, i ladri di Roma non sono più soltanto di biciclette, ma vanno a ruba anche di passeggini usati e qualche volta purtroppo piuttosto costosi.

 

Fiorella Corrado

L'Autore

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