La gente ha sempre dichiarato di voler creare un futuro migliore.
Non è vero. Il futuro è un vuoto che non interessa nessuno.
L'unico motivo per cui la gente vuole essere padrona del futuro
è per cambiare il passato.

Milan Kundera

Riabilitiamo San Valentino, parola di mamma

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Camminiamo in equilibrio precario, tipo sopra una corda, come due inesperti funamboli. La fune è tesissima, ad un paio di metri dal suolo. A volte i passi sono più complicati, servono pericolosi volteggi, azzardi, ampi respiri e silenzi nelle traversate più lunghe. Dipende dal giorno. Così sospesi nell’aria il tempo passa parecchio più in fretta, o forse è la paura del vuoto che assorbe parecchie energie. Un salto, una piroette. Terrore e stupore. Il nostro primo San Valentino da mamma e papà.

La festa ‘meritata’, anche per i genitori

14 febbraioIl cavo è teso da due mini tralicci, a svariati metri d’altezza. Ci veniamo incontro a fatica, da un lato e dall’altro, un pezzo ciascuno quasi fino alla meta. “Riabilitiamo la festa?”. Okay, amore. Ce lo meritiamo, incluso il regalo. Abbiamo lasciato il bambino dai nonni. Il televisore è spento e il profumo caldo del pane riempie la casa. Osservo in silenzio. La cura con cui lui ha disposto la tavola è davvero esemplare: piatti, sottobicchieri, uguale distanza tra le posate d’argento. Le forchette a sinistra, quella normale e quella da pesce; alla destra i coltelli, la lama rivolta all’interno. Io non l’avrei fatto bene al tal punto. Lo guardo, un po’ divertita. Mi osserva anche lui mentre mi versa del vino.

San Valentinoper lui e per lei

Ci scrutiamo in profondità, ognuno ad attendere la mossa dell’altro: è tutto un ammicco. Io ad esempio adesso direi che la tovaglia che ha scelto è quella di seta, la più difficile da stirare, figurarsi se poi si macchia di vino. Ma resto zitta, oggi è San Valentino. E’ lui che invece inizia a parlare: “amore, rilassati”. Poi si è tolto il maglione ed è rimasto in camicia. Si è arrotolato le maniche. In casa è caldissimo, le finestre serrate. Resto ancora in silenzio. Ma come si fa? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca, il caldo mi agita. Sto per dire la mia quando lui aggiunge senza mezze misure: la temperatura è perfetta. Ci serviamo ancora da bere e sfioriamo i bicchieri in un intensissimo brindisi. Guardo l’orario: sono quasi le nove. Lui adesso vorrebbe come sottofondo almeno l’inno di inizio partita. Io invece lo fermo subito per fuorigioco. Lui riguarda l’orario. Ti dispiace se accendo? Metto un po’ il muso, mimando un capriccio: “E’ San Valentino! Se proprio dobbiamo allora preferisco Sanremo”. Stiamo lì lì per cadere. La fune è nuovamente tesissima. L’uno di fronte all’altra guardiamo dall’alto per un secondo l’abisso.

Il terzo incomodo

San-Valentino-cena-intimaCi abbracciamo per tempo, senza inciampare. A me adesso andrebbe una passeggiata per Roma, lui di sicuro preferisce la macchina. Soprattutto quando è così freddo. “Quello che vuoi tu amore”: lo diciamo all’unisono. Ridiamo. Saremmo rimasti così chissà quanto ancora – gli occhi negli occhi- e la sensazione bellissima della terra di sotto. Poi qualcuno dalla casa di fianco ha urlato – o forse dal palazzo di fronte – un grido profondo, di gioia, un boato liberatorio, l’esultanza più lunga di un telecronista. Allora lui mi ha guardato. “Un attimo solo, m’ha detto. Accendo un attimo solo”. E’ San Valentino, ho risposto. Però mi faceva felice vederlo felice, così ho detto: “okay”.

La video chiamata

Lui mi ha fatto una carezza sul viso e poi si è precipitato ad accendere. Il telecomando non era al posto di sempre, così la ricerca è stata un pochino più lunga. Intanto, di fuori gridavano ancora. Abbiamo messo sottosopra la casa, senza trovarlo. Abbiamo aperto uno ad uno i cassetti, le ante, alzato i tappeti. Mi ha dato della disordinata, era serio. Poi ha rincarato la dose: l’hai fatto apposta. A quel punto non ho resistito e ho affondato anch’io un colpo durissimo. “Tanto perdete”, gli ho detto. Ci siamo infilati a capofitto in un groviglio asfissiante privo di sbocco. Nell’arco di dieci minuti abbiamo tirato fuori le cose più atroci che si possono immaginare, roba nuova e già trita più storie antiche e sepolte. Eravamo l’uno di fronte l’altra, in equilibrio precario -fremendo ancora per tutto – quando è arrivato il ‘bip’ di una video chiamata: c’era nostro figlio dall’altra parte del filo. Ci mettiamo anche noi davanti allo schermo, un po’ sorridiamo.

Oramai conosce più di cinquanta parole e scandisce bene ‘mamma’ e ‘papà’. Chiama prima l’uno e poi l’altra, lo ripete ancora una volta: mamma e papà. Lo guardiamo mentre parla con l’orecchio poggiato ad un telefono che però ha tutta l’aria di essere un telecomando. Ci guardiamo esausti e ci prende a ridere forte. Alla fine scappa pure un abbraccio.

Fiorella Corrado

L'Autore

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