«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

Voglio fare la ballerina! Anzi, la giornalista di settore

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Sin da piccola pensavo che quello del giornalista fosse il lavoro più bello del mondo. Pensavo sarei diventata un’esperta di moda. Immaginavo avrei vissuto tra pizzi e broccati, che avrei seguito campagne e che a ogni lancio di collezione di un brand importante io ci sarei stata. Una presunzione antica: mia madre era un’abbonata di Vogue. Io lo chiamavo teleselezione, perché arrivava insieme ai cataloghi e alle riviste riservate agli abbonati della Sip, e aspettavo con ansia le pagine lisce e lucide per strapparle e conservarle gelosamente.

Il fascino della moda

sfilate di modaA me interessavano gli abiti: cosa indossare, quando, come abbinare le scarpe e la borsetta, ma dicevo a tutti che mi servivano per diventare una grande ballerina. È chiaro che avevo le idee un po’ distorte, sarà stato quello il motivo per cui non lo sono mai diventata. O forse – e temo sia più plausibile questa seconda ipotesi – perché mi hanno iscritto a 11 anni in una squadra di hockey su prato.

Nonostante il fango, gli scarpini chiodati e i guantoni, però, continuavo a trafugare le riviste di mia madre. La quale ormai non mi guardava più con compiacimento, ma con sospetto, che si tramutò in terrore quando dichiarai: «Voglio scrivere e diventare una giornalista». «Lo capisci che io non vivrò per sempre?», rispose secco mio padre.

Il mestiere del giornalista

Il lavoro del giornalista non è facile. Se scegli un settore – per indole o per esigenze di redazione – ogni giorno impari, scopri e realizzi cose che non conoscevi e che pretendono da te un’attenzione speciale, un’informazione più dettagliata, una conoscenza inequivocabile che dovrai poi scrivere e trasmettere agli altri. Apprendere una notizia e scriverla, poi, non è un’operazione immediata. Qualunque essa sia. Ma se non sei un economista o un politologo, rischi di essere considerato un giornalista di serie B. Della Moda, poi, esattamente per quella che è e per ciò che rappresenta in una società, ne parlano in pochi. Per di più spesso accade che i più competenti del settore sono costretti a parlare del vip seduto in platea, piuttosto che della nuova collezione uscita in passerella. E io stessa mi sono accorta di come si possa sconfinare facilmente nelle mille e una contaminazioni che il fashion-system offre (l’arte, la musica o le performance).

Cosa ci frena? Forse abbiamo paura che il lettore si annoi, e allora non importa più che la giacca abbia il taglio maschile o la vita sia tornata alta. O forse la marginale importanza che i più danno alla Moda sminuendola a salotti e bicchieri di bollicine. Ma cosa accadrebbe se un inviato del tg della sera chiedesse all’on. Ypsilon di raccontare al pubblico se indossa i boxer o gli slip? Già immagino i commenti: «Eh, ma quello è un lavoro serio». Ma se non ci fosse un sistema che lavora perché i tagli dell’intimo sostengano, proteggano e vestano comodamente, l’on. Ypsilon cosa indosserebbe? Le mutande di lana?

Il settore della moda

tavolo-lavoroIl rispetto, i protocolli e la gerarchie esistono tanto nella Politica quanto nella Moda, anzi, forse di più: un capo ufficio stile è l’equivalente di un generale indiscusso. Lo stilista, un comandante di divisione senza macchia e senza paura. La stampa, Dio. Perché la moda non è solo “ago e filo”, ma una rigogliosa flora in cui solo la stampa di settore sa muoversi, perché la conosce, individua, analizza e scruta traendone umori, percezioni, intuizioni e rumors di tutto rispetto, proprio come fanno i blasonati colleghi alla buvette della Camera dei Deputati, e che al contrario nessun altro collega, se non un addetto ai lavori, potrebbe fare.

Dunque chi ha ragione? Nessuno e tutti. Del resto io non ho fatto la ballerina, mio padre non è vissuto per sempre, e quello del giornalista resta il lavoro più bello del mondo.

Samantha Catini

L'Autore

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