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Lee Tamahori

Benefit Corporation, Italia primo paese europeo a proporre una legge

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Negli Stati Uniti sono una realtà legale e incoraggiata, già da diversi anni. In Europa e in Italia ne esistono moltissime e aspettano solo di essere ora riconosciute formalmente: parliamo delle Benefit Corporation, le aziende “for benefit” che fanno profitto sì, ma sostenibile. Futuro Quotidiano ne aveva già parlato con Paolo Di Cesare, co-fondatore di Nativa, la prima azienda italiana certificata come B-Corporation. L’interdipendenza tra il concetto di “for profit” e quello di “no profit” è una terza via allo sviluppo delle imprese nel futuro prossimo, una strada verso il progresso tecnologico e il successo produttivo che tiene conto anche degli interessi di tutta la società di riferimento.  Oggi il nostro Paese potrebbe essere il primo in Europa a riconoscere la realtà delle aziende for benefit attraverso l’approvazione di una vera e propria legge ad hoc. Abbiamo sentito il Senatore Mauro Del Barba, autore di questa proposta di legge recentemente presentata anche ad Amsterdam, in occasione di un importante evento europeo dedicato proprio alle B-Corporation.

Senatore, perché fare oggi in Italia una legge per riconoscere le Benefit Corporation?

benefit corporation“Le Benefit Corporation rappresentano un formidabile strumento per instradare lo sviluppo economico lungo direttrici di sostenibilità economica ed ambientale. L’Italia, tra i Paesi avanzati, è uno di quelli che da sempre ha sviluppato in maniera originale il tema della sostenibilità sociale e ambientale. Questo disegno di legge si propone quindi di fornire al nostro Paese uno strumento innovativo, all’avanguardia, che cambi la natura stessa delle imprese e aiuti a modificare fin nel DNA il comportamento sociale che le stesse imprese tengono. L’obiettivo naturalmente è quello più generale di massimizzare gli impatti positivi nello svolgimento delle attività produttive, minimizzando fino a ridurre quelli negativi”.

Quali sono i principali contenuti di questo disegno di legge?

“Il disegno di legge definisce e promuove il concetto di società a duplice finalità ovvero una società che persegua, oltre al tradizionale obiettivo di produzione del profitto, anche un secondo obiettivo di beneficio comune di tipo ambientale o sociale. Abbiamo scelto un disegno di legge con un impatto molto leggero, che non preveda un ruolo invasivo da parte dello Stato e nemmeno oneri importanti da sopportare a carico degli amministratori delle aziende. Naturalmente la questione centrale e rilevante riguarda la responsabilità che viene messa in capo agli amministratori, che dovranno operare cercando di equilibrare il più possibile gli obiettivi del profitto con quelli del beneficio comune, cioè tenendo presente anche gli interessi delle terze parti e di chiunque abbia a che vedere con l’attività dell’azienda stessa. Unico carico amministrativo che la legge prevede è una relazione, che andrà allegata al bilancio annuale aziendale. Si farà riferimento a degli standard per poter giudicare e valutare gli impatti positivi ma questi standard saranno definiti, diciamo così, dal mercato e non sono inseriti nella legge. Qualora un’azienda sfruttasse il marchio Benefit Corporation semplicemente per avvantaggiarsi sul mercato, potrà infine essere perseguita dall’Autorità Garante del Mercato per quanto già previsto dalle leggi ordinarie”.

Quali tempi si prevedono per l’attuazione della legge?

“Il disegno di legge è stato da poco presentato in Senato e dunque al momento ancora non esiste una calendarizzazione ufficiale per l’esame in Aula. Se verrà accolto in maniera positiva nella società civile, nel dibattito pubblico così come in quello politico, io credo che entro la fine dell’anno la legge possa approdare nelle aule del Parlamento o direttamente o forse, più verosimilmente, come emendamento di altri provvedimenti sulle materie economiche, in particolare quelli che riguardano la competitività delle imprese”.

Il tessuto produttivo italiano è un terreno fertile per le Benefit Corporation?

“Un provvedimento come questo, volutamente costruito a maglie larghe, lascia molto spazio all’imprenditorialità e all’iniziativa delle singole aziende. Per questo motivo è ora estremamente bthechangebadgehi-resdifficile immaginare la modalità concreta con cui questa legge verrà accolta ma mi aspetto un terreno fertile. In particolare tutto il mondo della responsabilità sociale d’impresa credo che rivolgerà la propria attenzione a questa opportunità, come pure tutto il mondo delle strat up. In Italia non mancano le aziende che fanno innovazione, che propongono qualità sostenibile. Manca solo, e speriamo ancora per poco, dar loro la possibilità di riconoscere ufficialmente questo impegno”.

Giulia Di Stefano

L'Autore

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