«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

DA I QUADERNI DELL’ORA – LA NOTTE DELL’IDROSCALO

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L’auto di Pasolini? ritrovata sulla tiburtina
Tra le tante parti ancora non emerse sulla morte di Pasolini, una ri-guarda la sua auto. Una diversa dinamica che riguarda le ore imme-diatamente successive alla mattanza, che potrebbe riscrivere com-pletamente l’indagine su quel massacro e che si lega a una dichiarazione rilasciata da Sergio Citti nel 2005 a Guido Calvi secondo cui l’auto di Pasolini sarebbe stata ritrovata abbandonata sulla Tiburtina2
. Una verità consacrata in un verbale “fantasma” del quale si sarebbe persa ogni traccia. È solo un verbale ma cambierebbe tutto. A raccontarci una verità diversa è un nuovo testimone della vicen-

da cresciuto nel quartiere del Tiburtino assieme a quel gruppo di giovani chiamati più volte in causa nei dintorni del delitto: “Pino se lo so’ bevuto alla fontanella de piazza Gasparri… lo sapevano tutti

nel quartiere, come tutti sapevano che quella notte con lui ci stavano i Borsellino e Johnny.”
Piero (nome di fantasia) non faceva parte del giro, di quelle bande sfilacciate di criminali che a Roma operavano ognuna per conto pro prio senza intrusioni e senza collegamenti. Piero ha vissuto ai margi ni di quel mondo osservandolo per difendersi. Quella che racconta, è una storia che non è mai stata così segreta come si è portati a immaginare, è piuttosto una storia conosciuta da un intero quartiere, di cui molti hanno saputo e nessuno ha parlato. Lui quei ragazzi li conosceva bene, fu lui stesso, racconta, ad aprire la porta del bagno in cui il padre dei due Borsellino, si impiccò alcuni mesi prima di quel 2 novembre del ’75. Arriccia il naso mentre lo racconta, quasi come a non voler vedere quell’immagine, poi va avanti. E torna alla notte tra l’1 e il 2 novembre.
All’Idroscalo, Pelosi arriva in macchina con Pasolini mentre Mastini si trova nell’altra Alfa 2000, quella blu probabilmente guidata da Antonio Pinna, descritto nell’ambiente come un esponente della malavita romana e confidente di Pasolini, e i due Borsellino arrivano invece col Gilera. Già nei mesi immediatamente successivi al delitto, la giornalista Oriana Fallaci insieme al suo collaboratore Mauro Volterra, nella contro-inchiesta de “L’Europeo”3 di due motociclisti su un Gilera. Nei verbali emerge che l’indiscrezione sia arrivata dalla giornalista americana, allora a Roma, Kay Withers, attraverso il collega Robin Lustig4 della Reuter di Roma. Lustig (ora alla Bbc) ci conferma via e-mail di aver riportato ciò che sapeva sul caso Pasolini unicamente da quanto riferitogli dalle forze dell’ordine, e certo il tempo passato – dice – non lo aiuta nel ricor-

do. Sarebbe legittimo dunque almeno pensare che gli inquirenti fossero fin dall’inizio sulle tracce di una motocicletta?
“Dì, ma qui non si vedono più quelli che hanno la motocicletta? Chi ce l’ha la motocicletta? ‘Vuoi dire la Gilera 124? Quella ce l’ha il Roscio’.” 5
Torniamo a Piero, che conferma che quella Gilera è del ‘‘Roscio’’. Il soprannome di un altro borgataro cui Piero dà un nome e un cognome: Mimmo D’Innocenzo. Mimmo, rivela, aveva impicci con la droga e frequentava la stessa bisca di Pelosi e gli altri.
“Gli presero la moto per qualche motivo, forse c’aveva un debito, non lo so bene e non so nemmeno da dove l’avesse presa, ma era la sua quella moto, gliela fecero ritrovare poi davanti a un fioraro sulla Tiburtina. Poi qualche anno dopo lo ‘suicidarono’, lo trovarono morto per overdose in una macchina sul Lungo Tevere”.
Non ricorda bene il mese o l’anno Piero, ha paura di accavallare le date, di dare informazioni sbagliate ma alcuni fatti li ricorda perfettamente e ricorda perfettamente che Mimmo non voleva più quella moto, perché era stata “impicciata” in qualcosa in cui non voleva entrare. Mimmo morì nel 1979, qualche anno più tardi forse perché, come Piero ipotizza avendolo conosciuto bene, sull’uso fatto della moto voleva saperne di più.
“Io li conoscevo perché abitavamo tutti lì, andavamo a impennare coi motorini insieme, facevamo qualche furtarello, ma non eravamo amici. Loro erano iscritti al partito monarchico, stavano in fissa col fascismo, io invece ero sempre stato di sinistra, ci siamo pure menati qualche volta con quelli di destra”.
Piero continua il racconto, mentre arrotola una sigaretta di tabacco senza filtro e ammette di averli anche invidiati un po’ quei ragazzi. Alla memoria gli tornano immagini come fotografie. “A volte li guardavo andare avanti e indietro con le vespe dai vetri della mia bottega e li invidiavo, perché io stavo là a lavorare e loro scoattavano tutto il giorno, ma sono stato fortunato. Poi io c’avevo mia mamma che mi stava sempre dietro, non mi sono mai drogato. Le canne sì, quelle me le facevo ma non mi sono mai drogato… Mimmo invece sì”.
Piero torna spesso a Mimmo nel suo racconto, il ricordo dell’amico è ancora vivo ed è con buona probabilità il motivo per cui ha deciso di parlare.

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