Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Guerra per la casa popolare. L’Italia in emergenza abitativa

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– Il dramma della ricerca della casa popolare abbraccia l’Italia da Nord a Sud. I fatti di cronaca a Milano e a Roma hanno solo riacceso i riflettori sulla piaga dell’emergenza abitativa.

Una guerra tra poveri: tensioni tra abusivi e inquilini a Milano; sparatorie a Roma per un presunto subaffitto di una casa popolare; e per non farsi mancare nulla, anche un provvedimento del governo sulla vendita degli alloggi che sta creando polemiche e repentine marce indietro. Quello delle case popolari riemerge nelle cronache di questi giorni per quello che è: un problema nazionale. Nelle grandi città assume spesso i contorni del dramma sociale, e quindi le pagine dei giornali si riempiono di storie delle nuove banlieu italiane. Ma in tutto lo stivale i casi che riguardano il diritto alla casa popolare continuano a rendere plastica l’entità dell’emergenza abitativa.

– A Milano è “guerra” per la casa popolare

Solo qualche giorno fa a Milano è avvenuto un caso paradigmatico: l’assalto a una sede del Pd che ospitava una riunione del sindacato Sunia (satellite della Cgil) e alcuni inquilini da parte degli antagonisti che gestiscono le occupazioni abusive. Un agguato in piena regola (al grido di “Noi difendiamo chi occupa per necessità”) che fotografa una situazione di illegalità – questo delle case Aiter – rispetto alla quale il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha promesso il pugno forte. Ma ancora ieri nel capoluogo lombardo sono avvenuti scontri per lo sgombero di due centri sociali a cui partecipavano anche abusivi legati alle occupazioni.

Milano è anche il luogo dove esiste un vero e proprio racket dell’abusivismo: un mercato nel mercato che sfrutta la disperazione di chi, magari da anni, è in graduatoria per una casa popolare; un racket che, dall’altro lato, crea panico nei quartieri delle periferie. Molteplici, infatti, i casi di inquilini che hanno trovato occupata la propria casa popolare; così come, dopo magari la scomparsa di un anziano, famiglie che non possono riscattare l’appartamento perché nel frattempo qualcuno è entrato. In questi giorni intere aree della città sono state raccontate sui media: le “porte sfondate” vengono combattute – quando le forze dell’ordine non ci sono – addirittura con l’autovigilanza degli abitanti. Anche per questo la Prefettura di Milano ha avviato gli sgomberi degli abusivi nelle case Aler ma, come abbiamo visto, il problema per centinaia di famiglie persiste.

– Roma: da Tor Sapienza al business sulla casa popolare

Tor Bella Monaca -  alle spalle una casa popolare

Tor Bella Monaca, alle spalle una casa popolare

Se il caso di Tor Sapienza ha acceso i riflettori sulle problematiche di sicurezza nei quartieri romani, da tempo nella Capitale la situazione non è dissimile da ciò che accade a Milano. Nella Capitale la gestione delle case popolari abusive ha addirittura un tariffario: 30 ai 50mila euro sul mercato nero. La denuncia arriva dall’Unione inquilini: “Qui il mercato nero degli alloggi pubblici è gestito dalla criminalità locale e dai clan rom, specialmente nella fase di compravendita”. Davanti a questo un “discount” di alloggi che potenzialmente potrebbe essere utilizzato dalle migliaia di famiglie che aspettano l’alloggio popolare. Chi non può aspettare alla fine occupa, o si “affida” alle associazioni o alla malavita stessa. Proprio riguardo a questo la scorsa primavera un’operazione di magistratura ha fatto luce sulle modalità con le quali alcuni comitati che si occupano dell’emergenza abitativa gestiscono il “mercato”: per gli aderenti sono scattate accuse pesanti, come l’associazione a delinquere. In soldoni: oltre al “dovuto” da versare per i comitati, era necessario partecipare alle manifestazioni e lavorare per le attività dei comitati.

Accanto a questo la Capitale in questi giorni ha fornito anche episodi cruenti come quello di Tor Bella Monaca, dove i legittimi proprietari di una casa popolari sono rimasti feriti dopo una lite con colui il quale dovrebbe essere- secondo le indagini – un acquirente della casa. Un caso che, al di là dei risvolti giudiziari – ha fatto puntare i riflettori su un altro aspetto legato alle case popolari: il subaffitto degli alloggi (spesso ad extracomunitari) o la compravendita.

– Caos per il “Piano casa”

Sulla delicata questione dell’emergenza abitativa il governo da tempo cerca di trovare misure. Quella prevista dal cosiddetto Piano Casa ha gettato più che altro benzina sul fuoco. Il motivo? La presunta messa in vendita “a costo di mercato” di quella che nasce come casa popolare. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha smentito subito questa notizia anche a fronte della protesta che si è scatenata a Roma e in altre città. “Non esiste alcun ‘decreto attuativo emanato il 27 agosto dal ministero delle Infrastrutture” si legge nella nota che definisce il decreto “in elaborazione”. Al contrario, in accordo con il ministero dell’Economia e con la Conferenza unificata, il governo sta lavorando a un decreto attuativo che favorisca da parte degli enti proprietari e in accordo con le Regioni “la possibilità di una messa in vendita degli alloggi di edilizia popolare la cui manutenzione sia economicamente onerosa”. Quello che si intende fare è questo: “Oltre che tentare di sanare la disastrosa situazione economica degli enti che gestiscono case popolari, il decreto permetterà agli inquilini di poter acquistare l’alloggio in cui vivono con diritto di prelazione e a condizioni vantaggiose”. Mentre per ciò che riguarda gli inquilini: “Nessun alloggio potrà essere venduto se all’inquilino che rinuncia alla prelazione non verrà offerta dall’ente proprietario una riallocazione in abitazione equivalente”.

La posizione del governo non ha convinto il sindacato degli inquilini, che ribatte evidenziando la privatizzazione di fatto degli enti: “Il governo non smentisce che, a proposito della dismissione delle case popolari, si vuole introdurre il meccanismo della vendita all’asta pubblica, un meccanismo di per sé che produce l’effetto che il patrimonio possa andare nelle mani di terzi acquirenti. Cosa è questa se non una privatizzazione, con in più, il rischio di operazioni poco trasparenti vista la penetrazione di poteri criminali nel settore?” .

Danilo Patti

L'Autore

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