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Abraham Lincoln

“La cultura è libertà”. A colloquio con al Kawari, ministro di stato del Qatar

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Portare l’istruzione dove non c’è,  dare impulso alle arti, valorizzare e proteggere l’ambiente, guardare  ai nuovi media come a una “agorà” aperta a tutti dove poter dialogare e interagire, superare le diversità e conoscersi, aprire tante  Case  della Sapienza, come quella cui diede vita a Bagdad , nell’VIII secolo, nel momento di massimo fulgore della civiltà araba, il califfo al Mansur, e che fu un laboratorio internazionale di creatività e di sapere.

Cultura, pilastro della nuova strategia del Qatar

Non solo petrolio e non solo  gas, non solo mega-investimenti immobiliari  o nell’industria automobilistica, nella cantieristica navale o nell’aeronautica, oppure  nello sport, il Qatar, il piccolo e ricchissimo emirato della Penisola arabica (con un reddito pro-capite di oltre centomila dollari) vuole ora  investire sempre più nella cultura e nella ricerca scientifica. “Perché la cultura è crescita, sviluppo, miglioramento”, ha spiegato il ministro di stato e consigliere dell’Emiro, Hamad Al Kawari, in visita a Roma proprio per allacciare relazioni nuove, non meramente economiche finanziarie, con il nostro paese.  Ed è a questo scopo che è stato a Montecitorio, che ha incontrato  il viceministro dell’Istruzione, il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, la presidente del Maaxi, Giovanna Melandri, e si è recato per la seconda volta a Pompei, che definisce un luogo unico al mondo, “un fenomeno della natura singolare e particolare”, ripromettendosi presto di visitare anche Matera, la città dei sassi bianchi, quest’anno capitale della cultura europea.

“Dire Italia  già di per sé è dire cultura,  anche se l’Italia è meno attiva di altri paesi nel diffonderla”, ha sottolineato nel corso di un colloquio con i giornalisti Al Kawari, che è stato ambasciatore in Francia, negli Stati Uniti e all’Onu, ex ministro della cultura, ex vicepremier  e attualmente membro del Cda dell’Autorità per i Musei del Qatar e di Qatar Foundation, consigliere dell’Emiro, e candidato nel 2017 alla direzione generale dell’Unesco, incarico che gli fu strappato, all’ultimo round della partita, dalla francese Audrey Azoula per un solo voto e a causa soprattutto delle divisioni fra i Paesi arabi. “Ho proposto di aprire a Doha una scuola di lingua italiana”, ha riferito. “E spero che questo possa avvenire presto. Ci piacerebbe anche –ha aggiunto – organizzare un anno culturale Italia-Qatar. Dal 2011 nel nostro paese si tengono iniziative del genere. Lo abbiamo fatto con il Giappone, con la Francia e altri stati, ora è tempo di farlo con voi”, ha sottolineato, dicendosi convinto che lo scambio culturale rafforzi la conoscenza tra i popoli e porti collaborazione anche in altri settori, assicurando pace e armonia e diffondendo i semi della libertà.

Libertà di informazione e di opinione un diritto umano

Al Kawari  è tra gli intellettuali di maggior spicco in Medio Oriente, e il suo nome è legato a un evento che ha fatto storia nel mondo arabo: l’abolizione nel 1996 del ministero dell’Informazione, ancor oggi presente invece  in tutti gli stati della regione.  Era proprio lui a guidarlo in quel momento.  “E proprio io –ha raccontato- proposi all’allora emiro, Shaykh Hamad bin Khalifa al Thani, padre di quello attuale, di chiuderlo. Gli spiegai che in Occidente non esisteva e anzi veniva visto come una forte limitazione della libertà e così era. Il sovrano mi chiese di scrivergli un rapporto e quando lo lesse, si convinse che quel ministero andava assolutamente eliminato. Posso vantarmi di essere stato il primo ministro al mondo ad aver proposto l’abolizione del proprio ministero!”.

“Credo fortemente –ha rimarcato- nella libertà in tutte le sue declinazioni a comiunciare dalla libertà di informazione e di espressione. La considero un diritto umano che va garantito a tutti. E che il Qatar difende e tutela”. Non ci deve essere nessuna  restrizione alle opinioni, di nessun genere. “Chi esercita la censura non ha fiducia in se stesso e nelle proprie idee”, scrive Al Kawari in uno dei suoi libri,  tradotto anche in italiano,  che si intitola “Qualcosa di me. La mia visione del mondo”.  “Internet –ha detto – ha abbattuto i muri che separavano la gente dalle elites che controllavano l’informazione. I social media sono una cosa utilissima per diffondere il pensiero, strumenti che se usati bene possono contribuire al progresso del mondo”, sono la nuova agorà dell’antica Grecia, sono la majlis virtuale del mondo arabo, “quel luogo cioè dove si sta seduti a parlare insieme agli altri, uno spazio aperto che si trova in quasi tutte le case del Golfo”.

Il qatar ha garantito l’istruzione a 10 milioni di bambini delle aree in via di sviluppo

La rete ha il potere di mettere in connessione culture diverse, diversi modi di pensare. “Nulla è più bello di quando le culture, vivendo una accanto all’altra con le proprie particolarità, si mischiano tra loro in armoniosa interazione”. La cultura, nella visione di al Kawari, è un fattore di sviluppo al quale tutti debbono avere accesso. Il Qatar, che è un paese dove l’analfabetismo non esiste, che ha nove università, in testa in classifica tra i paesi arabi per sviluppo culturale e 14esimo nel mondo, crede fortemente nel ruolo fondamentale dell’istruzione ed è in prima linea nello sviluppo di progetti educativi. L’ultimo messo in campo è ‘Allim tiflan’ , che ha garantito la formazione ad  oltre 10 milioni di bambini sui 58 milioni, che nel  nostro pianeta non accesso alla scuola.

A Doha protagonista è l’arte

Museo di arte islamica, Doha

L’emirato  è anche uno dei più grandi investitori in arte al mondo e si è portato a casa artisti come Damien Hirst, Richard Serra e architetti come Jean Nouvel e Ieoh Ming Pei  per realizzare sculture, edifici e opere d’arte a Doha, dove a marzo, ha annunciato verrà inaugurato il Museo nazionale, progettato da Nouvel appunto. “Il più bello del mondo”, ha commentato al-Kawari. Un museo che va ad aggiungersi  a quelli già esistenti, tra i quali fiore all’occhiello è il Museo di arte islamica, che documenta quattordici secoli di tradizione di tutto il mondo musulmano, dal Marocco all’Estremo Oriente.

Cultura è libertà e solidarietà, 20 mln di dollari per rimpatriare dalla Libia i migranti e formarli

Cultura, dunque, uguale: benessere per tutti, libertà, solidarietà. E la solidarietà il Qatar sta cercando di declinarla anche nei confronti dei tanti disperati che dalle zone di guerra, di fame, di povertà dell’Africa raggiungono la  Libia per cercare poi l’approdo in Europa.  Doha ha annunciato investimenti da 20 milioni di dollari per favorire insieme all’Unione Africana i rimpatri dal paese maghrebino, un’ iniziativa senza precedenti, fondata su  programma che prevede di rintracciare coloro che dal Sahel arrivano in Libia, sottrarli ai trafficanti di esseri umani, e rimpatriarli, favorendome l’inserimento sociale, tramite l’istruzione e la formazione al lavoro.

L’embargo dei paesi del Golfo? Non è un problema, noi stiamo crescendo

Una strada quella imboccata dal Qatar che sta dando importanti risultati e sta contribuendo ad accendere sull’Emirato sempre  più in positivo i riflettori del mondo. Doha  ha saputo reagire bene al tentativo dei suoi ex alleati del Golfo, a cominciare dall’Arabia Saudita, di isolarla, accusando il paese di finanziare il terrorismo. “L’assurdo blocco cominciato nel giugno del 2017 –ha osservato al Kawari- non ci ha scalfito. Le crisi sono sempre positive. Se la sai usare in modo razionale, le trasformi in conquista. Noi non abbiamo nessun problema e con nessuno. Ci hanno imposto questo embargo, di cui  loro stessi  alla fine sono diventati prigionieri”. Una soluzione ? “Senza dialogo non ci può essere e loro non vogliono dialogare con noi”.

Donne alla stadio a Jedda? Da noi sono libere da sempre e soprattutto sono libere di esprimere le loro opinioni

Quanto alle riforme in atto in Arabia Saudita e alla storica apertura alle donne, per la prima volta ammesse allo stadio di Jedda e con il volto scoperto in occasione della Supercoppa  Juventus Milan che si è disputata il 16 gennaio, al Kawari ha sottolineato: “Da noi, in Qatar, la donna ha uguali diritti e non da oggi. Che significa poter andare allo stadio, se non si gode del primo di tutti i diritti umani che è quello di esprimere liberamente la propria opinione?” .

E il pensiero è andato a Kashoggi, anche se non se n’è parlato

Non si è toccato l’argomento, ma il pensiero è andato subito al giornalista Jamal Ahmad Kashoggi, che nel 2017 lasciò l’Arabia Saudita e si trasferì negli Stati Uniti per poter essere libero di esprimere  le sue idee e opinioni sull’operato del governo del suo paese senza essere soggetto a censura. Ma che lo scorso  2 ottobre ha pagato con la vita per questo. Recatosi, infatti, al consolato del suo paese a Istanbul per richiedere documenti che gli servivano per sposarsi, non ne è uscito mai più. Un episodio tragico e gravissimo che getta solo ombra sulla voglia di cambiamento di Riad. Non si esulti troppo, dunque,  sulle donne allo stadio. Non basta. La libertà è un traguardo lontano e difficile.

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