Non preoccuparti di cosa sta per fare qualcun altro.
Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo.

Alan Kay

La felicità e’ correre dietro a cento bolle di schiuma e sapone

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felicitàTutte le volte che prendo un aereo mi tranquillizzo maggiormente guardando le hostess. Nei momenti di turbolenza ne punto una, poi subito un’altra, e non la perdo un attimo d’occhio. Faccio controlli incrociati. Se il viso e’ disteso, allora verifico anche quello della collega con la stessa premura. Mi concentro soprattuto sugli occhi. Di solito controllo le donne perché gli uomini (e in tal caso gli steward) fanno troppo i piacioni e quando li fissi per più di mezzo secondo pensano già che sei pazza di loro. Anche quelli più  brutti. Pertanto soprattuto in volo non sono dei tester affidabili.

Questa cosa degli occhi e’ un tratto mio distintivo. Alla discussione di laurea, faccia a faccia con la commissione d’esame, mi sentivo come un portiere ai rigori di una finale mondiale. Buffon di fronte a tutta Francia. Avevo lo sguardo alto, presente, fiero. Gli occhi di un falco. Pensai: magari, così, sarò io a spaventarli. Per lo stesso motivo non porto mai gli occhiali da sole nei momenti importanti, una volta riuscii ad essere così convincente da evitare una multa. Oppure come quando confidai a mio padre: ho una cosa da dirti. Lui mi guardo’ dritta negli occhi – pochi attimi- e disse: sono bellissimi. Più lucenti del solito. Ero incinta di un mese. Di tutti gli occhi di quei nove mesi stupendi mi sono rimasti impressi quelli dei medici. Tu li osservi per coglierne una sfumatura, un cenno del viso o qualsiasi altra cosa che parli. Segui lo sguardo, quell’increspatura del labbro un po’ diversa dal solito. L’attimo che passa tra l’azione e il pensiero. Il momento esatto che ha riposto la sonda. Provi a dire: allora dottore? Lui non sorride, ma neppure e’ ostile. Dice soltanto: allora è incinta. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Certi pediatri, poi. Entri nello studio e senti già il gelo. ‘Lo spogli e lo metta disteso’. Silenzio. ‘Lo può rivestire’. Ancora silenzio. Il viso sempre abbronzato sul camice bianco, gli occhi bassi sul foglio di carta. Che cosa scrive? E perché non mi guarda? Quanto meno un sorriso. Allora dottore?

Mio figlio avrà di certo preso da me, i suoi occhi parlano. Dal primo istante che ci siamo incontrati, la testa sua sul mio petto. Mi guardava, era ancora tutto pieno di tutto, aveva pure smesso di felicitàurlare. Sembrava dicesse: questo dono e’ un miracolo, ma ci siamo riusciti. Così mi ha fatto subito piangere. Da quel giorno guardo con i suoi occhi, che vanno molto oltre i miei. Ed ogni momento e’ una festa. La prima volta che si è alzato da solo sulle sue gambe. La prima volta che ha detto mamma. Quando è arrivato all’altezza dell’interruttore; ha accesso con un dito la luce ed ha esultato come fosse la scoperta del fuoco. Il mare e’ la più bella pozzanghera azzurra. Il sole una palla che scotta mentre la luna e’ una bimba vestita di bianco cui mandare baci di buonanotte. Ogni luce e’: <<mamma, luce! >> mentre il buio ha la faccia di un signore un po’ brutto. I bambini neri sono di cioccolata, nelle piazze corriamo dietro a mille bolle di schiuma e gli artisti di strada meritano tutti un applauso, e poi ancora un bravo. Quando si sveglia e non mi trova nel letto i suoi occhi cominciano a piangere e poi – quando improvvisamente mi vede – mi stringe fortissimo e solo allora mi ricordo di quanto può essere bello sentirsi scaldati e protetti. Arriverà anche per lui il tempo delle sfumature, dove le emozioni saranno dosate e tra il bianco e il nero ci saranno altri mille colori. Le vie di mezzo. I piccoli compromessi, l’accontentarsi perché – si sa – potrebbe pure capitarti di peggio. Quel tempo che fa la differenza tra un bambino ed un uomo più grande, tra un uomo e un altro uomo. Nel bene e nel male. Perché quanto cavolo può essere bello ridere solamente quando ti va e sputare di bocca o dire cacca tutte le volte che qualcosa non ti piace per niente.
Fiorella Corrado

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