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Luciano Canfora a FQ: no ai quiz universitari, burla della scuola italiana

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E’ caos quiz universitari. Dopo l’errore dei giorni scorsi, sui test d’accesso alla Scuola di Specializzazione di Medicina, dove i quesiti dell’Area medica sono stati confusi con quelli dei Servizi clinici, torna a porsi l’interrogativo se sia giusto o meno sottoporre la cultura a delle domande a risposta multipla. Una situazione, quella italiana, che rimane sempre più isolata sul fronte universitario. Basta infatti spostarsi al di fuori dei nostri confini per rendersi conto come molti paesi stranieri preferiscano altre modalità per selezionare coloro che dovranno affacciarsi al mondo accademico. FUTURO QUOTIDIANO ha approfondito l’argomento con Luciano Canfora, storico e filologo tra i più attenti alla cultura classica, secondo il quale l’esempio dei test d’accesso alle università rappresenta una burla del sistema scolastico del nostro Paese.

Professore, quiz universitari si o no? Lo si può definire un modo opportuno per valutare la preparazione di una persona?

test-universitàIo dico no ai quiz. Sono contrario a questa modalità di selezione e valutazione della cultura delle persone. Vengono sicuramente fatti per molteplici ragioni ma la più grande è la decadenza dell’esame di stato italiano, che ormai è diventato una burla. Il problema di questi test è che non fanno riferimento a delle singole materie, quelle attinenti alla facoltà che si vuole intraprendere, ma a una cultura generale che ormai non esiste più.

E di chi è la colpa, secondo lei, per il non funzionamento della struttura scolastica italiana?

Della scuola stessa. Di un sistema che non funziona più e che avrebbe bisogno di una seria e tempestiva riforma. I ministri dovrebbero affrontare la questione partendo dalla radice, è cioè dalla scuola. Non è un problema legato solo all’università.

Possiamo dire allora ‘no alla cultura dei quiz’?

I test d’accesso all’università vanno eliminati. E’ una forma aberrante di concepire la cultura e che inoltre lascia spesso spazio a favoritismi dato che non tutti riescono a superare l’esame per accedere alle facoltà prescelte. Siamo ormai in una via senza uscita.

Come dovrebbe essere valutata la formazione dei giovani che vogliono affacciarsi nel mondo accademico?

filologo canforaSe si vuole ripristinare un costume serio occorre partire dalla riforma delle scuole medie e superiori, anticamera fondamentale per l’istruzione universitaria. Per selezionare le future matricole, invece dei quiz, si potrebbero proporre tematiche, inerenti alla facoltà scelta, da sviluppare sotto forma di componimento scritto o saggio. Anche la media scolastica del liceo potrebbe rappresentare un buon metodo di valutazione ma in Italia l’esame di maturità è una presa in giro. Bisognerebbe tornare indietro, a quella riforma Gentile che aveva inventato un esame di stato serio. Ora non è più così.

Spostandoci al di fuori dei confini italiani, come funziona l’accesso alle università straniere?

In Francia c’è un’esame finale del percorso liceale molto serio che si chiama ‘Baccalaureato’. Del sistema inglese e americano poi dovremmo prendere alcuni spunti. Invece che nei test d’ingresso, la preparazione degli studenti viene lì valutata durante gli anni universitari. Se non viene superato un esame si è infatti fuori dall’università. Uno sbarramento legato quindi alla vera bravura e preparazione. Ci sono inoltre meno esame di quelli, ormai troppo numerosi, che devono affrontare i nostri studenti. I campi del sapere sono infatti circoscritti. È anche vero però che la maggior parte di quelle che vengono chiamate Public School sono in realtà istituti a pagamento. Questo crea spesso una cultura d’élite e non paritaria.

Per concludere, come si può far ripartire l’università italiana?

Iniziando dal passo precedente, la scuola. Riformando questa già si raggiungerebbe una grande rivoluzione. Se la scuola è malata lo è infatti tutta la società.

Sara Pizzei

 

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