La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Mission in Egitto per Renzi l’ Africano

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Dopo il tour nei paesi dell’Africa sub sahariana, Matteo Renzi sabato va in Egitto. Una visita lampo, decisa in tempi brevi, che conferma l’aspirazione del governo italiano a tornare sulla scena internazionale dopo anni passati all’ombra e al rimorchio dei grandi del mondo, e l’ambizione a recuperare l’antico ruolo, che sembrava perduto per sempre, di player diplomatico in un’area come quella Medio Orientale particolarmente strategica per l’Italia. A invitare Renzi a Il Cairo è stato personalmente il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. I due leader si sono sentiti per telefono lo scorso 23 luglio e hanno parlato a lungo e tanto della grave crisi riesplosa nella regione. Tema questo che, più dei rapporti bilaterali e della cooperazione, sarà al centro dei colloqui tra i due leader. L’Egitto, che si è fatto promotore di varie iniziative per il cessate il fuoco a Gaza, è particolarmente interessato a ottenere l’appoggio dell’Italia, anche nel suo ruolo di presidenza del semestre europeo, nella mediazione con le due parti in conflitto per arrivare al più presto possibile a una risoluzione di pace. Le trattative, a quanto si apprende, fervono sotto traccia. E l’esito sarà decisivo per i futuri equilibri e le future alleanze nell’area. L’Egitto di al- Sisi sta ricostruendo la sua immagine di paese laico e filo occidentale. Immagine che sembrava essersi irrimediabilmente offuscata dopo la vittoria dei Fratelli musulmani e l’ascesa al potere di Mohammed Morsi, destituito il 30 giugno di un anno fa. Ma sta tentando anche di recuperare tutti gli antichi rapporti, quelli, per intenderci, risalenti all’era Mubarak: con gli Stati Uniti, con  l’Arabia Saudita, con l’Europa e naturalmente con Israele. Ad accelerare questo processo proprio la crisi di Gaza. E comunque non senza fatica per la leadership cairota.

 

Stati Uniti. L’Egitto non ha ancora superato l’esame

Al Sisi non è riuscito ancora fino in fondo a riconquistarsi la fiducia degli Stati Uniti. L’Egitto non ha superato l’esame. Il segretario di Stato americano, John Kerry, che si è recato a Il Cairo nei giorni scorsi insieme al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, si aspettava dal presidente cairota una performance più brillante. Il ‘no’ fermo opposto da Hamas alla proposta egiziana invece è stata una doccia fredda.

Israele. Difficile riconquistare la perduta armonia

Difficile anche ritrovare l’armonia con Israele. Paradossalmente, osservano alcuni analisti arabi,  lo stato ebraico si sentiva più garantito quando in Egitto Morsi era al governo. I Fratelli musulmani, fanno notare, rappresentavano infatti una sorta di modello e di catalizzatore per  Hamas. Non solo. Tel Aviv aveva cominciato a sperare anche in un esodo in Sinai. Al contrario, la guerra dichiarata da al- Sisi agli islamisti e il suo sostegno a un governo di unità nazionale palestinese, non sembrano giovare a Israele, fortemente convinto che proprio questa nuova strategia politica egiziana abbia decisamente contribuito a peggiorare la situazione a Gaza e a potenziarne il ruolo di crocevia di terrorismo e terra di traffici di ogni genere.

Arabia Saudita

L’Egitto di al-Sisi ha definitivamente sancito l’impossibilità di relazioni con il Qatar, accusato di essere supporter e finanziatore dei Fratelli Musulmani. E ha invece scelto come partner di riferimento l’Arabia Saudita, che in questi mesi sta garantendo al Cairo un’assistenza enorme, che si traduce in un aiuto finanziario da 15 billion di dollari. Un’alleanza quella con Ryad che però è guardata con sospetto dagli Stati Uniti, le cui relazioni con la potente monarchia saudita si sono raffreddate, causa Iran e non solo, da tempo. Il fallimento del tentativo diplomatico de Il Cairo ha avuto effetti anche su questo fronte. L’Egitto, che avrebbe potuto favorire il riavvicinamento dei due vecchi e storici partner, si è rivelato debole e Kerry si è rivolto altrove. E cioè alla Turchia, la cui deriva autoritaria comunque non è gradita alla Casa Bianca, ma soprattutto al Qatar. Uno smacco insopportabile per Ryad, che, pur di non perdere quota sulla scena mediorientale, saltando ogni passaggio diplomatico, si è affrettato a convocare l’emiro di Doha, Tamin bin Hamad al-Thani per discutere le richieste di Hamas.

Italia, trampolino di lancio per l’Egitto

In questo scenario, l’Italia che ha mantenuto un profilo finora diplomaticamente neutro nelle sue relazioni con l’Egitto, che resta un partner commerciale eccellente e che per giunta in questo momento è presidente di turno della Ue, rappresenta senz’altro per la nuova leadership de Il Cairo una chance per tornare sulla scena mediorientale con autorevolezza. Un asso nella manica per recuperare l’immagine perduta di nazione araba moderna in grado di proporsi come punto di riferimento nella regione. L’Italia non perda questa occasione.

Velia Iacovino

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