Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Non più megalopoli, le città saranno smart

0

La metropoli del futuro riparte dall’uomo

Le città sono ammassi complessi. E tanto più sono cosmopolite, tanto più sono complesse, perché hanno fiumi diversi di Dna che scorrono nelle loro vene. Allora il tema non è più tanto la città in sé, ma l’anima che la vive. E questa essenza multiforme serve comprenderla e rifletterci per capire fino in fondo le connessioni nevralgiche che la caratterizzano e che la possono rendere capace di rispondere a tutte quelle esigenze che saranno sempre più di chi la attraversa, prima ancora di chi la abita. La prossima Expo 2015 di Milano aprirà scenari anche su questo. Nel suo titolo, “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”, ci sono tutti i rimandi necessari per capire quanto questo dialogo tra città, popolazione mondiale e pianeta terra sia non solo necessario, ma anche estremamente urgente. Perché la contemporaneità dei nostri ammassi urbani è prima di tutto specchio del nostro modo di vivere globale e di tutte le emergenze che lo caratterizzano.

Globalizzate sì, ma sostenibili

Alle città del XXI secolo serve soprattutto trovare dei messaggi da Entree Picconiugare al futuro, capaci di dare concretezza all’ esigenza di una convivenza multidimensionale che caratterizza sempre più qualsiasi spazio in cui ci troviamo a dover svolgere le nostre attività quotidiane. Ad esse serve respirare le essenze di una globalizzazione che più che uniformare dovrebbe calibrare e lasciare ad ogni territorio uno specifico che lo caratterizzi. A questi agglomerati urbani gli architetti e gli urbanisti possono prestare la parola solo attraverso una accurata selezione di soluzioni di forme. Servono insomma dei buoni scenari a cui rifarsi per tracciare il solco necessario per declinare due concetti sempre più essenziali per le città di oggi, cioè ‘innovazione’ e ‘sostenibilità’.

Arriva il cemento mangia-smog

Scenari che possono diventare presto realtà, soprattutto se vengono prima ricercate e poi utilizzate le soluzioni tecniche adeguate, in grado di lasciar parlare alle nostre città la loro lingua corrente. Servono dei materiali che possano essere plasmati, che possano prendere le forme di quella idea di estetica che accompagna il nostro gusto contemporaneo. E potremmo cominciare dal cemento biodinamico con cui sarà realizzato il Padiglione Italia della prossima Expo milanese. Il cuore pulsante della prossima Esposizione Universale è frutto di un progetto dello studio architettonico Nemesi & Partners, di cui è stato presentato un concept alla mostra allestita in aprile alla Statale di Milano dal titolo Feeding new ideas for the city L’opera si chiama Entree Pic e promette, una volta realizzata, di essere una struttura complessa che nel suo aspetto esteriore ed in quello degli interni richiamerà le forme di una foresta ramificata. Un manufatto in cemento non solo bello, per la sua candida brillantezza, ma anche utile. Il materiale con cui verrò realizzato ha infatti proprietà fotocatalitiche, ottenute grazie al principio attivo TX Active brevettato dalla Italcementi di Bergamo. A contatto con la luce del sole, il principio attivo presente nel materiale consente di “catturare” alcune sostanze inquinanti presenti nell’aria, trasformandole in sali inerti e contribuendo così a liberare l’atmosfera dallo smog.

Le scale di Escher come mezzo di incontro 

scale infinite. futuro quotidianoMolta attenzione, insomma, occorre porla alla scelta del materiale con cui realizzare certe strutture. Perché  ci sono alcuni luoghi dell’immaginario, come la scala di Escher rivista dalla Studio dRmm, che possono creare una simbologia speciale capace di restare in dialogo non solo con la dimensione orizzontale dell’urbe, ma anche con quella verticale delle aspirazioni di una collettività che mira a diventare qualcosa di più importante della semplice sede di una mera convivenza formale tra cittadini. Ciò avviene specialmente quando certe architetture possono essere realizzate in legno, un materiale ‘caldo’ per antonomasia. Ne derivano la Scale infinite, un esercizio tridimensionale di costruzione, appunto, in legno modulare. Il progetto propone, inoltre, un particolare gioco di prospettive: sei rampe di scale intrecciate, realizzate in legno di tulipier lamellare a strati incrociati. Possono essere assemblate creativamente in forme di forte impatto da utilizzare anche a contrasto con location di carattere più classico dove a predominare possono esserci materiali come il marmo o il granito. Ne possono derivare inaspettate commistioni capaci di stupire e di allietare il passaggio di una strada, di una piazza o di una galleria, ma soprattutto di creare spazi di convivenza tra individui in dialogo.

Una nuvola, la nuova agorà

Le città però possono svilupparsi anche verticalmente, arrivando anche al cloud che è un luogo di connessione globale di culture e di esperienze. Immateriale, pur nella sua lirica materialità, esso rappresenta la perenne ubiquità di tutto quel bagaglio di conoscenza individuale che ha la U_Cloud speech. futuro quotidianopotenzialità di trasformarsi in patrimonio collettivo ed allo stesso tempo in opera d’arte e luogo dall’alto potenziale educativo, culturale ed economico, fino a diventare anche punto di diffusione della conoscenza. L’aumento esponenziale dell’uso del Cloud computing ha accresciuto la quantità di connessioni che invisibilmente attraversano le città. Da qui nasce la nuvola U-CLOUD di Speech Tchoban/Kuznetsov. La città connessa alle informazioni, ai ricordi ed alle esperienze diventa allora infinita, come infiniti possono essere gli schermi da montare su cui rappresentare un concetto, una stato d’animo o uno sfogo. L’opera è fatta di schermi a led che riproducono video ed immagini ed è appoggiata su una base di specchi e sembra perciò fluttuare nell’aria. Rappresenta quasi una nuova forma di cinema, in cui le immagini che scorrono possono perfettamente integrarsi con lo scenario delle facciate dei palazzi e della gente che vi vive dentro, quasi fosse una grande installazione di video arte. Il tutto restituendo alle città di domani quel senso di agorà che sembra essere stato perso purtroppo ormai da tempo.

Cattedrali naturali fatte di alberi artificiali 

Dal cloud è poi facile tornare al legno, perché dal web possono arrivare tutte le specifiche per lavorarlo ed una stampante 3D è già in grado di realizzare manufatti con questo materiale, prototipando parti di un insieme più grande e portando un pezzo di industria tra le mura di casa. Con il legno, con tutta la sua valenza simbolica di ritorno alla natura, Archea & Associati hanno realizzato l’opera Nutrire la Terra. Sono dieci grandi alberi disposti su due file, stilizzati e collocati a metà tra natura e artificio. L’albero in natura assorbe calore, anidride carbonica e acqua e cede prezioso ossigeno. L’uomo e la natura possono invece scambiarsi risorse di stile, quando a lavorare le risorse naturali sono le mani sapienti di un artigiano tradizionale o di un makers. Questi alberi su due file sono in bambù lamellare e legno, tutte sostanze che vengono dalla natura e che ad essa torneranno. I due filari di alberi hanno forme ed intrecci simili ad un navata gotica e vi si cammina in mezzo come fosse una cattedrale naturale.

Il seme della bellezza 

Da tutti questi incroci può nascere solo un seme gigantesco. E’ quello di beauty seed. futuro quotidianoPaola Navone. Il suo Beauty Seed rimanda alla bellezza come propensione mentale e come frutto di connessioni e fonte inesauribile di creatività. Perché il bello tutti ce lo abbiamo nel sangue. Peccato che le esperienze della vita possano poi allontanare o inquinare questo concetto così essenziale. Come avviene d’altronde in natura per mano dell’uomo, quando la usurpa invece di ammirarla nel rispetto del creato. Ma nonostante tutto resta questa presenza vitale e curiosa del Beauty Seed quasi fosse un nume tutelare per tutti coloro che saranno chiamati a progettare la città del futuro confidando nel potere davvero rigenerante della bellezza.

L'Autore

Lascia un commento