Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Presidente Mattarella, ora dalle parole ai fatti

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Caro Presidente Mattarella,

c’ero anch’io, nel Salone delle Feste della ‘Casa degli Italiani’, come, a partire dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro, voi Capi dello Stato avete ribattezzato il Quirinale, reggia fastosa, prima di Papi e Re, poi simbolo della sovranità, quella che l’articolo 1 della Costituzione dice che appartiene al popolo. Dunque, davvero “Casa degli Italiani”, con la I maiuscola, come dovrebbe scriversi il nome di un popolo che è fiero di esser tale: coeso, orgoglioso delle proprie radici e del proprio futuro. Un popolo composto da uomini e, in maggior numero, da donne.

Ho ascoltato con tanta attenzione il suo discorso e l’ho riletto sul sito della Presidenza della Repubblica, ricordando che ha una figlia molto amata, stimatissima avvocata – un titolo che, al femminile, ha anche radici religiose: “Maria, avvocata nostra” – ed è uomo profondamente sensibile, come posso attestare di persona, essendo stato per due anni mio Direttore a ‘Il Popolo’. Il lead di questa rubrica: “Il futuro è donna” s’intreccia perfettamente con quanto da lei affermato, Signor Presidente, allorché dice che “In questa situazione, ancora una volta, il ruolo della donna risulta, insieme, coraggioso e determinante.” Nello specifico, lei si riferiva allo sforzo che comporta alle donne (ma il vulnus è per l’intera umanità) di tentare di ammortizzare le ferite provocate dal dissennato abuso dell’eco-sistema, a causa dei deliri d’onnipotenza del genere umano.

L’emarginazione femminile volontà di decisori di sesso maschile

8 MARZO: MATTARELLA, SENZA DONNE ITALIA PIÙ POVERA E INGIUSTAConsiderata l’emarginazione femminile nei processi decisionali, però, la responsabilità pare concentrarsi su decisori di sesso maschile. L’urlo del Pianeta, calpestato da una umanità che ai primordi aveva una società con strutture matrilineari e matriarcali e religioni ispirate a una Dea Madre è proprio perché al timone del mondo sono poche le donne e troppi gli uomini timorosi della diversità e della cooperazione che, invece, (li) lo farebbe migliore (i). Mi rendo conto che il filo conduttore del suo discorso doveva in qualche modo intrecciarsi ai temi dell’Expo 2015, laddove c’è tanta testimonianza femminile: il nutrimento, la coltivazione della terra, sin dai tempi preistorici son stati affidati alle donne e la trasformazione della società ancestrale da predatoria a rurale ha avuto per protagoniste proprio le donne. Ma, mi permetta di rafforzare il suo messaggio, forse influenzato dall’essere d’occasione e supervisionato da un uomo, raccontandole che, appunto da madri trattate noi donne e non da compagne di viaggio pari nella vita: perché affidate a loro i cocci rotti, della Natura e della società, inneggiando lusinghieramente ai loro talenti. Ma dopo; a cose fatte; a ferite inferte; sull’orlo dell’irrimediabilità. Il suo discorso, Signor Presidente, era esteticamente bello e con le citazioni ‘giuste’; forse anche sentito. Ma volava troppo alto: era come quando, se ti capita una disgrazia, l’amico autorevole è lì, a farti pat pat sulla spalla ed a darti parole d’incoraggiamento, ma la patata bollente è la tua; persino quella che ti ha dato la subalternità sociale di nascere donna e di trovarti a dover competere non solo con gli uomini raffinati e scafati dall’eterno possesso del potere e delle decisioni (e dall’accesso a ciò che governa il mondo, il denaro), ma anche con quella di altre donne che sono ancora più competitive e fanno tabula rasa intorno a sé, per evitare possibili comparazioni a proprio svantaggio.

Invece, con la sua moral suasion, Signor Presidente, c’era ben altro da dire: ad esempio, chiedere al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non mi pare di aver visto in quel Salone così ben popolato, – erano, però, presenti le sue ministre angelicate -, come mai abbia assunto la delega delle Pari Opportunità, di fatto svuotandola di significato, anche se la sua consigliera in materia, la deputata mantovana, Giovanna Martelli, fa la Madonna Pellegrina per testimoniare interesse per l’argomento. D’altronde, in trent’anni di lavoro nel settore, ho incontrato più pari opportuniste che apostole delle pari opportunità; più predicatrici di eguaglianza e, nel contempo, seminatrici di discordie che donne che si battevano per tutte le donne, senza se e senza ma.

Quali sono le vere donne da premiare?

Ho ammirato la sua scelta di conferire un’onorificenza all’Ordine della Repubblica a donne speciali, come Daniela Ducato, Nadia Pinardi e Claudia Sorlini, tutt’e tre rappresentanti delle eccellenze al femminile. Mi sarebbe, però, piaciuto che, una volta tanto, accanto a queste signore, fosse premiata simbolicamente e in rappresentanza di molte altre, anche la netturbina che ogni mattina, con la pioggia, il vento o il solleone, trovo sotto casa mia a spazzare i resti del passaggio di un’umanità tracotante, incapace anche di fare due passi per cestinare le cartacce o raccogliere le deiezioni dei propri cani; oppure le tante donne con le mani spaccate di fatica che, se prendo il bus alle 6.30 del mattino per andare alla stazione, si recano al lavoro, dopo aver già avviato casa e dato conforto ai propri familiari.

I simboli sono importanti, Signor Presidente, Lei lo sa: sarebbe stato un bel messaggio concretizzarli nella ‘Casa degli Italiani – e delle Italiane, aggiungerei io -‘. E non solo l’8 marzo perché così vuole una tradizione un po’ bugiarda: non ci fu nessun incendio a New York l’8 marzo 1908 alla fabbrica Cottons con 149 vittime femminili; ce ne fu uno nel 1913, il 25 marzo, dove morirono 123 donne e 23 uomini, per la maggior parte d’origini italiane… cosa che sfugge ai più. Perché non deve esserci Giornata Internazionale della Donna, come se le donne fossero una specie in via di estinzione, bensì fatti concludenti e concreti per un’effettiva parità. Per ottenerla, i bei discorsi servono – forse – ma non bastano.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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