Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Rossana Venneri, Finanza, femminile singolare (ma anche plurale)

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Che avesse sin da subito una marcia in più lo dimostra una foto che, su cortese concessione della ritratta, vi riportiamo: all’epoca, Rossana Venneri, oggi protagonista del mondo della finanza internazionale, è una frugoletta di tre anni e mezzo e, vestita con un vezzoso abitino bianco, partecipa alla festa in casa in occasione della Prima Comunione della sorella, maggiore di quattro anni. Veloce come un fulmine, s’impadronisce del velo della comunicanda – nell’immaginario bambino, quasi un simbolo di potere – e audacemente chiede al fotografo di fare a lei una foto, perché quella sorella star assoluta la trova persino irritante. Il risultato è questo ritratto tenero e malizioso, in cui la protagonista, come ciliegina sulla torta, si esibisce anche con la vestina alzata.

Rossana Venneri, una storia di finanza tutta al femminile

Rossana, leccese di nascita, è una delle professioniste della finanza, un campo fino a qualche anno fa quasi più maschilista del Monte Athos. Oggi la situazione è cambiata, ma nei primi anni ’80, quando Rossana mosse i suoi primi passi nel settore, era davvero una mosca bianca. Non fatevi fuorviare dalla sua apparenza free, dall’approccio semplice e amichevole, dai suoi vestiti easy, senza le sovrastrutture di un abbigliamento da sciura, che certamente non le appartiene, e che emergono tutti nell’immagine di Rossana oggi. E neppure dall’aspetto giovane (non giovanile, quello è un aggettivo da carampane), la pelle distesa, senza aiutini di botulino e chirurghi plastici, la predisposizione al sorriso: sono la conchiglia che racchiude un cuore – generosissimo –, ma anche una professionalità sopraffina. La sua storia è esemplare: la ricostruiamo con lei incontrandola a Roma, negli uffici di Arianna Sim SpA, la Società che ha fondato, mettendosi in proprio qualche anno fa, e della quale è anche amministratore delegato.

Il filo di Arianna

Rossana Venneri

Rossana Venneri

Una specificità intrigante sono le bellissime foto di donne di ogni età, ritratte in location romane assai suggestive, il cui filo d’Arianna – mi spiega la padrona di casa – sta nel fatto che si chiamano tutte… Arianna! Un’iniziativa ad hoc, studiata con un grande fotografo ed ispirata al genius loci dell’azienda. Che l’idea sia venuta originariamente da quella foto di bambina impudente col velo della sorella? Ci racconta i suoi primi passi nel settore bancario che, a quei tempi – inizi degli anni ’80 -, relegava le donne solo a ruoli di retroguardia: “Ho cominciato a lavorare nella mia città natale, Lecce, alla Banca del Salento – racconta – subito dopo aver conseguito a 19 anni il diploma all’Istituto tecnico commerciale con 60/60; all’epoca le banche facevano reclutamento fra i migliori diplomati e laureati ed avere un posto di lavoro non era così difficile come adesso. Il gruppo di diplomati e laureati di cui facevo parte e che frequentò il corso di preparazione pre-assunzione era assai coeso e si sviluppò subito un bello spirito di corpo. Quelli con cui avevo legato di più furono mandati tutti allo sportello, mentre a me toccò andare al Centro Elaborazione Dati, ubicato in un luogo peraltro lontano dalla sede centrale della Banca.

Il primo giorno mi resi conto che si trattava di un lavoro alienante, dinanzi ad un enorme macchinario che serviva per archiviare gli assegni e chiuderli negli scatoloni. L’unico contatto con l’esterno erano le finestre sul parco condominiale, dove giocavano i bambini che, ogni tanto, spiavano il macchinario in funzione. Alle 8:30 dovevo spingere un bottone e la macchina partiva; alle 17:30 dovevo pigiare il pulsante dello stop. Quando quel fatidico giorno tornai a casa per la pausa pranzo, trovai tutta la famiglia a tavola ad aspettarmi per festeggiare; mio padre stappò lo spumante: “Brindiamo”. Mi scappò da piangere e mi chiusi in bagno. Mi sentivo maciullata nel meccanismo alienante rappresentato da Chaplin in ‘Tempi moderni’. Fortunatamente, durò poco.”

Come facesti ad evadere da questa situazione così routinaria?

‘Fortunatamente’ il macchinario ogni tanto si guastava, rompendo la monotonia ed io dovevo improvvisarmi meccanico, perché ho sempre odiato fare la ‘debolepulzellachehabisognodiaiuto’. Fu così che, capitando il Direttore Generale ad ispezionare l’ufficio, mi trovò in salopette di jeans – non avevo un lavoro di front line col pubblico, quindi mi vestivo ‘comoda’ – alle prese col ‘Mostro’ che si era impallato. Mi chiese che stessi facendo e io glielo spiegai. Lui cadde dalle nuvole: ‘Ma non lo sa che il macchinario è in leasing?’. L’episodio servì a farmi trasferire al costituendo ‘Ufficio Titoli’ ed è lì che cominciò… la mia storia d’amore con la Finanza!

Mi pare che l’indipendenza ti scorra nel sangue. Cosa pensavi di fare, nella vita, a 16 anni?

Narrare cosa pensavo di fare a 16 anni mi sembra ozioso rispetto al raccontare cos’ho fatto davvero a 17. Effettivamente, ho sempre cercato di essere autonoma, tant’è che quell’estate, senza l’autorizzazione dei miei genitori, mi unii a mio fratello maggiore Sebastiano, ora dirigente di Legambiente, e ad altri quattro amici e, con tre Vespe, fra cui la mia adorata 125 Primavera (che ho ancora e che non cederei per tutto l’oro del mondo), partimmo verso i Lidi Ferraresi, per trovarci un lavoretto estivo. Tutti ci riuscirono, tranne me, perché erano maggiorenni e potevano essere assunti con tutti i crismi. Io dovetti rassegnarmi ad un lavoro, in nero, in un bar aperto solo di notte. In quel mese non vidi quasi mai Sebastiano e gli altri amici, ma avevamo stretto un patto fra noi: alla fine del mese di lavoro avremmo diviso in parti eguali i proventi di quell’avventura.

I proprietari del bar erano prodighi di lodi; approfittando della mia ingenuità adolescenziale, non si erano esposti a quantificare la mia retribuzione, ma ritenevo che la loro soddisfazione fosse il segnale che sarei stata pagata bene. “Non preoccuparti – mi dicevano – Non rimarrai delusa”. L’ultima notte, mentre gli altri amici mi aspettavano fuori dal bar, poiché ero l’ultima a finire l’orario di lavoro e, nell’attendermi, contavano i loro introiti, (tutti fra le 800 mila e i due milioni di lire), ricevetti la paga per il mese: 150 mila lire. Ero così sconvolta che non trovai neanche la forza di protestare e mi venne un coccolone a pensare come lo avrei detto ai miei, che al telefono continuavano a rimproverarmi per questa mia ‘bravata’. Quando raggiunsi gli altri, delusione doppia: la mia misera paga avrebbe abbassato la media dei guadagni, cosicché solo mio fratello fu disposto a mettere i soldi del mese in cassa comune con me. Fu una dura lezione.

Dopo la maturità, la banca. E l’Università?

In realtà, m’iscrissi ad Economia a Bari, dopo una lunga riflessione. Se avessi voluto seguire il cuore, mi sarei iscritta ad Agraria a Bologna: il Salento allora si presentava come una potenzialità agricola inespressa, la gente scappava dalle campagne; oggi i fatti mi hanno dato ragione. Ero in terrazza al mare a riflettere con i miei sul da farsi, quando arrivò mio padre e mi disse: “Ho un amico in Banca del Salento. Mi ha detto che stanno reclutando giovani laureati e diplomati col massimo dei voti; è un’occasione. Ora è possibile; se la cogli in ritardo non so se il treno si ripresenta. Pensaci.” Di tutta prima, con l’impetuosità dell’età, risposi: “Mai!”. Poi ci fu un ripensamento: volevo l’indipendenza e quella era una chiave. Accettai. Arrivai all’Ufficio Titoli che seguì l’evoluzione determinata dalle leggi susseguitesi: Tesoreria integrata, Gestione Patrimoniale, Sala cambi e, infine, Finanza.

Ovvero, quello che è ormai considerata una trappola diabolica…

Una certa finanza sicuramente lo è. Come in tutte le cose, c’è finanza e finanza. Gli strumenti che hai a disposizione possono essere armi letali, come in mano ai bambini, se utilizzati male. I derivati, che passano come tossici, non lo sono in assoluto: sono strumenti che, se impiegati per finalità di copertura di rischi, sono utilissimi. Se, invece, li si usa per operazioni speculative oppure sono messi a disposizione di operatori che li propongono per esigenze di tipo diverso o non conoscono gli stessi, non accorgendosi, nel contempo, che son proposti da persone non trasparenti, impegnate a fare utili in proprio, piuttosto che l’interesse del cliente, diventano devastanti. Ciò è accaduto per tutte le P.A. che vi hanno fatto ricorso. Strumenti così complessi abbisognano, nella loro valutazione, di competenze specialistiche, cosa che, in quel mondo, sono del tutto assenti.

In realtà, già nelle Banche medio/piccole è difficile trovare queste professionalità, come si può pensare che nei Comuni, o nelle ASL, o nelle piccole e micro imprese, siano ritrovabili competenze in grado di valutare la rischiosità di certe operazioni?

ariannasim_logoCi sono stati persino casi di derivati venduti a negozianti, oppure ‘appioppati’ a imprese piccolissime, fino a quel momento fiorenti, che sono state costrette a chiudere!

 

Quanto è difficile per una donna fare carriera nella finanza? Ti ha portato a fare delle rinuncie?

Ho lavorato con grande passione e la carriera rispecchia il riconoscimento di un’attività svolta in maniera seria e professionale. E’ indubbio, però, che in alcuni momenti della mia vita professionale mi son trovata sorpassata da persone meno meritevoli. Noi donne, però, siamo tenaci, e, pur impiegandoci più tempo, sappiamo arrivare all’obiettivo di far emergere le nostre capacità. Così è stato per me; così è accaduto per altre donne di grande valore che conosco.

Nei tuoi ricordi, quali sono stati i momenti più belli?

Tanti, anche all’estero. Oppure l’aver ricevuto la ‘Mela d’Oro’ del Premio Marisa Bellisario; o, ancora, la nomina a Cavaliere Ufficiale della Repubblica. Fanno tutti parte di un affresco che mi hanno portato ad una gratificante visibilità anche internazionale che ha caratterizzato la mia carriera.

Quale è stato, invece, il momento più buio?

Il ‘Complotto’, come lo definisco io, che nacque a Siena quando io ero direttore generale di Monte Paschi Finance e ho partecipato alla start up di questa banca d’investimenti, un’esperienza professionale gratificante. Fu ordito contro tutti quelli che provenivano dalla Banca del Salento e si concentrò in vicende, sfociate anche nelle aule giudiziarie, da cui è emerso che, in ultima analisi, la presunta truffa non esisteva. Sentirsi coinvolta e additata come manipolatrice di ‘prodotti spazzatura’ per una come me, cresciuta a pane e legalità, è indicibilmente doloroso. Ci son voluti anni a dimostrare che così non era, prima di tutto perché i prodotti in questione, comunque frutto di studi e di apporti professionali ai più alti livelli, grazie a un team all’avanguardia, non avevano alcun intento truffaldino, prova ne sia che sono in utile; altra lettura di questa vicenda è l’attuale condizione del Mps. Le strategie adottate durante il periodo della ‘caccia alle streghe’ ha condotto ad una distruzione di valore. Basti pensare che solo oggi Mps ha lanciato la Banca on line, quando l’innovazione della Banca sul web l’aveva acquisita con Banca 121, che la governance dell’epoca, per motivi che non sta a me giudicare, asfaltò senza rendersi conto di avere fra le mani la precorritrice del futuro degli istituti di credito.

E oggi?

Oggi faccio l’imprenditrice, in buona compagnia perché ho soci di assoluto valore con i quali, rivestendo la quota di maggioranza, abbiamo rilevato l’Arianna Sim, con una governance molto al femminile. Abbiamo, oltre a me quale amministratore delegato, una presidente, Giuseppina Fusco, ed una clientela di dipendenti ed ex dipendenti Eni, oltre ad Aziende e Istituzioni. Siamo molto motivati, dal luglio 2011, a portarla avanti, grazie all’esperienza pluriennale del nostro team di professionisti nel mondo dell’Investment Banking domestico e internazionale. In sintesi, ci poniamo l’obiettivo di creare valore sostenibile per i nostri clienti e generare opportunità di business, lavorando in partnership con loro per risolvere sfide finanziarie. Siamo molto fieri, tra l’altro, di ricercare costantemente opportunità di business creativo, sviluppando prodotti e soluzioni finanziarie personalizzate e su misura, nonché degli alti standard di affidabilità del nostro gruppo di lavoro, fornendo alla clientela il massimo livello di riservatezza ed indipendenza. Un obiettivo, quest’ultimo, che soddisfa proprio il mio imprinting di ‘pane e legalità’.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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