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L’economista: stress test? Questo e altro per evitare il contagio

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Stress test e bocciatura di due importanti banche italiane (sospese al ribasso ieri le “rimandate” Mps e Carige). Futuro Quotidiano ha chiesto a Eugenio Benetazzo, broker indipendente e saggista, di chiarire termini e passaggi di ciò che avvenuto con l’esame europeo alle banche. Su una cosa mette subito le carte in chiaro: “Non c’è opzione davanti all’eventualità di queste verifiche – spiega -. O si accetta un controllo sempre più stringente, oppure si accetta il rischio di andare avanti senza una severa attività di vigilanza, con il risultato che possa verificarsi un evento di portata macroeconomica come il contagio finanziario”.

Benetazzo, non si parla d’altro che di “stress test” alle banche. Che cos’è?

Sono delle simulazioni finanziarie che consentono di comprendere come il patrimonio di un istituto di credito sia in grado di supportare choc esogeni, imprevisti ed inattesi. Sostanzialmente servono a capire ex ante se una banca o un’istituzione finanziaria siano in grado di reggere a un evento choc improvviso.

Serve davvero?

L’intento è evitare che si ripropongano le spiacevoli conseguenze di sei anni fa, per cui un istituto di credito in default ha creato un effetto domino ovunque.

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Eugenio Benetazzo, economista

Che cosa può determinare l’esito di questo test?

Si tratta di una sorta di pagella finanziaria sulla solidità di una banca. A fronte di possibili rischi sistemici ed esogeni ciò ha impattato pesantemente sulle banche che non sono state promosse, in quanto quest’ultime dovranno provvedere a operazioni di finanziamento straordinario: questo significa cessioni di partecipazioni strategiche, conversione di prestiti o raccolta di nuovo capitale di rischio tra gli azionisti attuali o aumento di capitale con offerta al pubblico: in questo momento non sono notizie confortanti.

Ma il sistema italiano non era solido?

Anche l’establishment italiano soffre di “annuncite”. Sono stati fatti grandi proclami in questi anni: è doveroso sottolineare invece come la salute di numerosi istituti di credito è tutt’altro che confortante.

Qual è il ruolo di Bankitalia in tutto questo?

Dal 2014 diversi istituti di interesse nazionale sono passati sotto vigilanza della Bce: in sostanza le banche con dimensione nazionale non soggiacciono più ai controlli dell’istituto nazionale. Una conseguenza del piano dell’estate 2012 quando venne strutturato lo scudo anti-spread e poi venne stilata la road map per raggiungere nel giro di due anni l’unione bancaria: ovvero le grandi banche per dimensioni, per asset, per impieghi, debbono sottostare a requisiti di solidità patrimoniali superiori a quelli precedenti e devono garantire la stabilità del sistema bancario nell’area euro. Questo per evitare che le debolezze di un istituto di credito possano produrre effetti distorsivi.

È utile come misura?

È l’unica strada che si poteva intraprendere vista la dimensione mastodontica che hanno col tempo assunto alcune banche europee i cui patrimoni non hanno niente da invidiare al Pil dei paesi in cui hanno giurisdizione. Basti pensare che Finch, la banca olandese, detiene 2,3 volte il Pil dell’Olanda.

Come mai le banche di altri Paesi hanno ottenuto un’iniezione massiccia di liquidità?

Gli unici due paesi che hanno ripreso un percorso di risanamento del settore bancario, in misura non convenzionale, sono stati Spagna e Grecia. La prima forse con il peggior deterioramento del patrimonio degli operatori bancari, ha individuato con l’aiuto delle autorità sovranazionali la exit strategy che consentiva l’istituzione della cosiddetta bad bank. Ma ha potuto fare ciò negoziando con l’Ue un processo di risanamento interno anche relativo a riforme strutturali che poi il governo Rajoy ha applicato. Per poter replicare questo tipo di exit strategy lo Stato in questione deve richiedere formalmente supporto, aiuto al “fondo salvastati”, oggi chiamato Esm.

Quali i benifici di un controllo sovranazionale?

Nell’interesse dei piccoli risparmiatori e investitori è auspicabile che i mercati finanziari possano essere soggetti al più basso livello di volatilità. Nel momento in cui esiste una regia dall’alto, organizzazioni sovranazionali e la Bce che coordinano questi check up nei confronti delle grandi banche, grazie a questo possiamo confidare almeno in un controllo più severo e oggettivo nella speranza che non si ripropongano fenomeni di turbolenza finanziaria.

Analisti importanti sostengono che il sistema finanziario italiano terrà solo se l’economia tornerà a crescere.

Il panorama italiano, senza focus o esaltazione di eccellenze, è strettamente legato all’outlook che hanno due tipi di settori: settore immobiliare, con l’attuale fase di contrazione e il settore legato al debito pubblico, per cui le banche sono ampiamente esposte. Se il clima e le aspettative per questi due mercati nei prossimi tre annui peggioreranno è chiaro che ciò andrà a impattare pesantemente sulla redditività e la consistenza dei vari operatori bancari. Si aggiunga a ciò anche la fase di evoluzione e di innovazione tecnologica che caratterizza la fruizione di tutti i servizi bancari tradizionali a fronte del cambiamento della rivoluzione del web 3.0.

Antonio Rapisarda

Twitter @rapisardant

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